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  • Mercoledì 3 dicembre 2025

Il colpo di stato in Guinea-Bissau è stato orchestrato?

Lo sostiene l’opposizione, e ci sono varie circostanze inusuali

Bissau, la capitale della Gunea-Bissau (AP Photo/Bubacar Camara)
Bissau, la capitale della Gunea-Bissau (AP Photo/Bubacar Camara)
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Stanno continuando a circolare dubbi e ricostruzioni contrastanti sul colpo di stato avvenuto in Guinea-Bissau la scorsa settimana. Con il golpe è stato deposto il presidente uscente Umaro Sissoco Embaló, sostituito da un generale dell’esercito. Fin da subito però l’opposizione aveva accusato Embaló di aver orchestrato tutto per non perdere il potere. La situazione è ancora molto confusa, e non sappiamo effettivamente come siano andate le cose. Ci sono però varie circostanze inusuali.

Facciamo un passo indietro: il 26 novembre un gruppo di militari ha dichiarato di aver preso il controllo del paese e di aver deposto il presidente Embaló. Come spesso succede in questi casi, i golpisti hanno dato motivazioni vaghe. Hanno detto di averlo fatto in risposta a un piano per destabilizzare l’ordine costituzionale progettato da un gruppo che non hanno identificato ma che sostengono abbia legami con le organizzazioni del narcotraffico (la Guinea-Bissau è effettivamente un importante porto di passaggio tra l’America Latina e l’Europa). Il giorno dopo il generale Horta Nta Na Man ha prestato giuramento come presidente di un governo di transizione, che almeno in teoria dovrebbe durare un anno.

Le tempistiche non sono state casuali: il golpe è avvenuto tre giorni dopo il primo turno delle elezioni presidenziali, e poco prima che venissero diffusi i risultati.

Embaló, presidente dal 2019, era candidato e il suo sfidante principale era Fernando Dias da Costa, del Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea e di Capo Verde (PAIGC). Secondo i dati provvisori degli osservatori internazionali l’elezione era contesa, e i due avevano buone possibilità di finire al ballottaggio. Poco dopo l’annuncio dei militari, gli uffici della commissione elettorale sono stati assaltati da un gruppo di uomini incappucciati che hanno distrutto le schede elettorali, confiscato i computer e devastato i server.

– Leggi anche: Che posto è la Guinea-Bissau

Un seggio di Bissau durante le elezioni di domenica 23 novembre (AP Photo/Darcicio Barbosa)

Un’altra cosa sospetta è il trattamento relativamente accomodante riservato dai golpisti a Embaló. Dopo il golpe era stato lui stesso a chiamare i giornalisti di Jeune Afrique, un importante settimanale francese che si occupa di Africa, per dire alla redazione di essere stato destituito e arrestato. Durante la telefonata con il direttore editoriale François Soudan, Embaló ha sostenuto di non sapere esattamente chi ci fosse dietro il golpe. Ha aggiunto che la commissione elettorale avrebbe dichiarato a breve la sua vittoria e ha dato al settimanale anche un suo personale conteggio dei voti, che lo vedeva in testa con il 65 per cento.

Dopodiché, mentre in teoria era detenuto negli uffici presidenziali, Embaló ha dato interviste ad altri giornali e ha sentito al telefono i capi di stato di vari paesi africani. Poche ore dopo è volato in Senegal a bordo di un aereo di stato senegalese (si è poi spostato in Congo dopo che il presidente del Senegal aveva messo in dubbio l’autenticità della sua versione sul colpo di stato).

Un ultimo aspetto riguarda l’identità dei golpisti, che sono tutti uomini molto vicini al presidente. Ad annunciare il golpe era stato il generale Denis N’Canha, che nel 2022 era stato promosso da Embaló a capo della divisione incaricata di fare da tramite tra la presidenza e l’esercito, oltre che di proteggere il presidente.

Lo stesso generale Nta, che come abbiamo detto è stato dichiarato capo del governo di transizione, aveva il ruolo di consigliere per il presidente sulle questioni militari e di capo dell’esercito, ed era considerato uno stretto alleato di Embaló. Dopo il golpe è stato nominato anche un nuovo capo dell’esercito, Tomas Djassi, anche lui vicino al presidente destituito.

I primi ad accusare Embaló di aver orchestrato il golpe per sfuggire alla sconfitta elettorale erano stati i politici dell’opposizione, tra cui Dias da Costa e Domingos Simoes Pereira, che aveva provato a candidarsi alle presidenziali ma era stato escluso dalle liste elettorali (anche lui è del PAIGC, partito che ebbe un ruolo centrale nella guerra per l’indipendenza della Guinea-Bissau dal Portogallo). Anche l’organizzazione della società civile Frente Popular, vicina all’opposizione, ha parlato di «messa in scena criminale» da parte di Embaló. Dias da Costa era stato arrestato durante il golpe, ma aveva poi detto di essere riuscito a scappare e ora si trova in Nigeria; Pereira, a sua volta arrestato, è ancora detenuto.

Anche alcuni politici dell’Africa occidentale hanno descritto il golpe come orchestrato, senza però portare prove. Tra questi ci sono il primo ministro del Senegal, Ousmane Sonko, e l’ex presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, in carica tra il 2010 e il 2015. Parlando con i giornalisti Jonathan ha accusato Embaló di aver organizzato un «golpe cerimoniale» e ha aggiunto: «Un esercito non rovescia i governi e permette al presidente che è appena stato deposto di fare conferenze stampa».

In passato Embaló era già stato accusato di aver organizzato un finto colpo di stato per rafforzare il proprio potere in Guinea-Bissau, un paese dove negli ultimi cinquant’anni ci sono stati quattro colpi di stato e vari altri tentativi falliti.

Nel 2023, dopo una serie di scontri armati avvenuti nella capitale Bissau, Embaló sciolse il parlamento, all’epoca controllato dall’opposizione. Secondo il presidente, quegli scontri erano il risultato di un tentativo di colpo di stato nato da una divisione interna all’esercito. Da allora il paese è senza un parlamento funzionante, Embaló era riuscito a posticipare di un anno le elezioni presidenziali (che si sarebbero dovute tenere a novembre del 2024) e nel frattempo ha governato per decreto.