I lavoratori dell’ex ILVA di Genova temono di perdere tutto
Il governo ha ipotizzato di spostare gran parte della produzione a Novi Ligure, sono ricominciate grosse proteste

Dieci giorni dopo l’occupazione della fabbrica, i lavoratori dell’ex ILVA di Genova hanno ricominciato a protestare per le strade di Cornigliano, il quartiere a ovest del centro storico che ospita lo stabilimento dell’azienda siderurgica. Il presidio è iniziato lunedì mattina, in risposta all’incontro che si è tenuto venerdì al ministero delle Imprese e del Made in Italy, ritenuto del tutto insoddisfacente da sindacati e lavoratori. La protesta prosegue anche oggi, martedì 2 dicembre.
Dopo l’assemblea fuori dalla fabbrica, i lavoratori hanno manifestato per le strade di Cornigliano. A loro si sono uniti anche gli operai di altre due aziende, Fincantieri e Ansaldo Energia. Insieme hanno bloccato temporaneamente l’ingresso dell’aeroporto Cristoforo Colombo di Genova e poi l’autostrada A10, dove sono stati chiusi alcuni tratti a Prà e Pegli, con l’allacciamento all’autostrada A7. I lavoratori si sono poi diretti sul nuovo ponte Morandi, che ora si chiama San Giorgio.

Il corteo dei lavoratori dell’ex ILVA sull’autostrada A10 a Genova, 2 dicembre 2025 (foto inviata al Post)
Durante l’incontro al ministero di venerdì, da cui in teoria si attendevano rassicurazioni dopo lo sciopero massiccio che aveva coinvolto anche gli stabilimenti di Taranto e Novi Ligure, si è parlato della possibilità di trasferire tutta la lavorazione della banda zincata a Novi Ligure, lasciando a Genova solo quella della banda stagnata, cioè la latta (quella usata per lo scatolame alimentare). «Il problema è che attualmente a Genova la lavorazione della banda zincata rappresenta i due terzi della produzione», spiega Nicola Appice, rappresentante sindacale per la Fim CISL. Toglierla significa sostanzialmente fermare l’attività, e quindi per i lavoratori perdere tutto prima ancora che l’ex ILVA venga venduta, come prevede il piano del governo.

I lavoratori dell’ex ILVA di Genova con uno striscione contro il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, 1 dicembre 2025 (ANSA/LUCA ZENNARO)
Lo stabilimento dell’ex ILVA di Genova è il secondo più importante in Italia dopo quello di Taranto, ed è il principale punto di collegamento con gli altri impianti dell’azienda in Piemonte, a cominciare da quello di Novi Ligure. Si estende su circa un milione di metri quadrati tra il mare e il resto del quartiere di Cornigliano. Qui avvengono lavorazioni dell’acciaio a freddo: l’ultimo altoforno alimentato a carbone (cioè uno dei grandi impianti usati nelle acciaierie per la produzione di ghisa) fu spento nel 2005. L’unico altoforno dell’ex ILVA ancora in funzione è a Taranto.
Genova riceve da Taranto l’acciaio da lavorare. Nelle scorse settimane il governo aveva prospettato l’ipotesi di istituire il cosiddetto “ciclo corto” a Taranto, che prevede in estrema sintesi di produrre e lavorare l’acciaio direttamente a Taranto senza passare da Genova e da Novi Ligure. È una delle ragioni per cui era cominciato lo sciopero di fine novembre. Appice spiega che all’incontro di venerdì il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha rimodulato la proposta del ciclo corto, dicendo che a Genova avrebbe potuto continuare ad arrivare l’acciaio. Solo che poi è stata fatta la proposta di togliere la lavorazione della banda zincata, per affidarla a Novi Ligure che altrimenti si dovrebbe fermare.
Appice dice però che si tratta di un «contentino» che non può funzionare. Al momento, spiega, nel sito di Cornigliano si producono circa 300mila tonnellate all’anno di semilavorati: 200mila di banda zincata e 100mila di banda stagnata. «La produzione è insomma ai minimi storici, considerando che lo stabilimento di Genova ha una capacità di lavorare 900mila tonnellate di banda zincata all’anno», dice.

La sindaca di Genova Silvia Salis al presidio degli operai dell’ex ILVA di Genova, 1 dicembre 2025 (ANSA/LUCA ZENNARO)
Lunedì mattina c’è stato un corteo dei lavoratori per le vie di Cornigliano, culminato davanti alla stazione dove sono state montate anche delle tende. Al presidio sono andati anche la sindaca di Genova Silvia Salis, di centrosinistra, e il presidente della Liguria Marco Bucci, di centrodestra, che da settimane stanno sostenendo le rivendicazioni dei lavoratori dell’ex ILVA. Salis ha di nuovo accusato il governo di non avere un piano sull’ex ILVA, mentre Bucci ha detto che chiederà di nazionalizzare l’azienda se entro la fine della procedura di gara, prevista per il 28 febbraio, non ci sarà nessun compratore.
Urso ha convocato diversi incontri al Mimit con regioni e comuni per parlare della situazione. Giovedì incontrerà i rappresentanti di Regione Piemonte e dei comuni di Novi Ligure e Racconigi (dove c’è un altro stabilimento dell’ex ILVA); venerdì prima quelli di Regione Liguria e comune di Genova e poi quelli di Regione Puglia e comune di Taranto.
Il governo vorrebbe vendere l’ex ILVA, che è in amministrazione straordinaria, ma è un’impresa molto difficile. Da un lato c’è la necessità di ridurre l’impatto ambientale dello stabilimento, e dall’altro quella appunto di tutelare i lavoratori. Si parla da tempo di “decarbonizzare” gli stabilimenti, cioè passare a sistemi di produzione dell’acciaio meno inquinanti di quelli che impiegano carbone: utilizzare altiforni elettrici significa però anche riorganizzare il lavoro e insegnare nuove mansioni a lavoratori e lavoratrici. È quindi possibile che l’ex ILVA venga fortemente ridimensionata dopo un’eventuale vendita, anche se per ora è difficile dire quanto con esattezza, e molto dipenderà da scelte aziendali e del governo.
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