Per rendere il cibo fotogenico per la pubblicità ci si inventa la qualunque
Vi siete mai chiesti come si fotografa un gelato senza farlo sciogliere? E i cereali nel latte senza farli ammosciare?

Online circolano da molti anni video che mostrano “trucchi” e stratagemmi con cui si cucina e prepara il cibo che compare nelle pubblicità. È quasi un genere sui social, e gli utenti sono sempre sorpresi perché alcune di queste tecniche mostrate sono alquanto bizzarre. Per esempio si usa la colla vinilica al posto del latte, e il gelato e il cioccolato liquido non sono affatto gelato e cioccolato liquido.
L’obiettivo delle pubblicità che mostrano il cibo è sempre renderlo più bello e appetitoso possibile: il fatto che sia commestibile non è importante, e spesso quello che vediamo non è nemmeno cibo. Ad occuparsi della sua preparazione è una figura specializzata, il food stylist, che lavora in una società di produzione o come libero professionista e che ha molta dimestichezza col cibo, sa maneggiare le sue consistenze e valorizzarne il suo aspetto.
È un lavoro molto diverso da quello di chi è a contatto col cibo nell’ambiente della ristorazione o della pasticceria, o dei food blogger, racconta Roberta Benedetti, che ha una lunga esperienza nell’ambiente dei set pubblicitari del cibo. «Ovviamente come base il saper cucinare bene serve, però non è proprio come cucinare, non è come avere una tavolata di persone invitate a cena e far loro da mangiare».
Per le pubblicità di cibo esistono principalmente due tipi di riprese. Ci sono quelle in cui il cibo, di qualunque tipo sia, è ritratto molto da vicino per mostrarne e valorizzare i dettagli, la superficie e la texture, e soprattutto per farci venire l’acquolina in bocca. Questa tecnica si chiama “table top” ed è quella più difficile da realizzare per tutta la troupe di produzione, compreso il food stylist: impostare le inquadrature è molto laborioso e molto lungo, perché bisogna essere precisi nel posizionare ogni dettaglio del prodotto, anche le briciole. In un giorno di lavoro si portano a termine pochissime inquadrature.
Proprio perché la lavorazione di queste scene è molto lunga, e l’aspetto del cibo col passare delle ore si deteriora, durante la preparazione del materiale per il set i food stylist utilizzano sostanze che garantiscono la stabilità e di mantenere un aspetto perfetto, necessario per le inquadrature ravvicinate. Per esempio uno dei materiali più complicati da gestire è il cioccolato liquido: è molto sensibile ai cambi di temperatura e sui set le luci sono molto potenti, quindi scaldano molto.
Al posto del cioccolato è molto frequente che i food stylist utilizzino la vernice colorata, o altri liquidi non commestibili il cui aspetto è quanto più simile a quella del cioccolato. Un altro cibo che viene sempre sostituito con un composto chimico “stabile” colorato è il gelato, che ovviamente non può resistere a temperatura ambiente per più di qualche minuto prima di sciogliersi.
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Anche lo yogurt e la crema vengono molto spesso sostituiti per lo stesso motivo: si usa la gelatina o altri preparati collosi e cremosi non commestibili, come il balsamo per capelli, specialmente quando si lavora su pubblicità di cereali e di altre cose croccanti e si vuole evitare che questi diventino subito mollicci. Per lo stesso motivo un altro ingrediente che raramente viene scelto per i set è la mozzarella, perché perde molta acqua e inzuppa il resto del piatto.
Non esiste un “manuale” delle tecniche da usare, né una scuola o un diploma che formi chi vuole occuparsi di cibo sui set: solitamente queste si apprendono stando vicino a un food stylist con esperienza, ma per ogni set è necessario sperimentare quale materiale funziona meglio, facendo tante prove e accordandosi col cliente sulle caratteristiche da modificare, anche nei dettagli più piccoli.
La stessa cosa vale per gli utensili che si utilizzano, che nella maggior parte dei casi sono diversi a seconda di come lavora il food stylist: oltre a quelli classici da cucina ci sono tutti quelli che servono a colorare il cibo, come i pennelli e lo sverniciatore, e quelli per muoverne piccoli pezzi, come le pinzette. Non esistono negozi specializzati per questo lavoro, e ogni food stylist si organizza come preferisce: «io mi rifornisco da un negozio di materiale per dentisti, per esempio. Trovo sempre quasi tutto quello che mi serve» dice Benedetti.
In generale la regola che seguono i food stylist con il cibo è usare un materiale che possa trasmettere al meglio l’idea che il regista – e quindi il cliente – vuole trasmettere: la cremosità, la croccantezza, una consistenza morbida, la superficie liscia, un colore brillante. Lo stesso vale per il livello di verosimiglianza o meno con il prodotto di cui si sta girando la pubblicità. Questo significa che quello che si vede nella pubblicità non è praticamente mai il prodotto pubblicizzato.
Uno dei modi in cui la produzione cerca di rendere un prodotto ancora più stuzzicante è mettere in movimento il cibo o gli ingredienti al suo interno: farli cadere, versarli, farli fluttuare, scomporli o ricomporli. Queste animazioni – l’esempio più classico è il dettaglio degli strati di un hamburger che si sovrappongono – sono molto complesse e vengono realizzate grazie a macchinari appositamente ideati per quel set dagli attrezzisti, dai tecnici degli effetti speciali e dai visual engineer, che si occupano proprio di progettare questi effetti e realizzarli tramite costruzioni artigianali, bracci meccanici e robot.
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Si usano spesso anche piccoli stecchini di legno o supporti in gommapiuma o spugna per rendere più voluminosi i panini e distanziare uno strato dall’altro, così da rendere ben chiari quali sono gli ingredienti al suo interno.
Nonostante l’estrema cura dei dettagli durante le riprese e sul set, il prodotto finale richiede quasi sempre interventi in postproduzione per correggere ogni minimo difetto o sbavatura. Negli ultimi anni poi l’intelligenza artificiale ha progressivamente influenzato le aspettative dei clienti nei confronti di chi si occupa del cibo nelle pubblicità, anche nel presentare le richieste: sempre più spesso vengono generate immagini con l’intelligenza artificiale, e queste diventano il modello – a volte parecchio irrealistico – a cui i food stylist devono attenersi per ricrearle artigianalmente nel modo più fedele possibile.
Esiste poi un altro tipo di riprese, che si chiama “live action”: sono quelle che prevedono sul set anche attori che simulano momenti di convivialità di un pasto e altre occasioni in cui si mangia. In questo caso, proprio perché gli attori e le attrici devono interagire col cibo e molto spesso mangiarlo, il cibo sul set è tutto vero.
In questa situazione il compito del food stylist è diverso, «molto più simile a far da mangiare» dice Benedetti. Deve occuparsi della preparazione dei piatti, curarne l’aspetto estetico, ma in più deve rifarli e impiattarli molte volte, cioè tutte le volte che gli attori sbagliano o per qualche motivo bisogna rifare la scena.
Negli studi di produzione che lavorano molto con pubblicità alimentari ci sono delle cucine attrezzate per i food stylist, che possono quindi cucinare sul posto il cibo e lavorare col materiale necessario per il set. Tuttavia dipende dal tipo di prodotto con cui lavoreranno e da quanto tempo serve per la sua preparazione: quelli dolciari e i lievitati molte volte sono solo assemblati sul set, ma il food stylist se ne occupa già nei giorni precedenti.
Alla conclusione della giornata di riprese gli avanzi di cibo che è stato maneggiato dagli attori ed è stato esposto per molte ore, toccato o comunque non più in condizioni igieniche ottimali vengono buttati. Quello che è rimasto incartato invece si cerca di dividerlo con la troupe, oppure di donarlo in beneficenza.
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