Chi ha scritto il piano per l’Ucraina?
Capirlo potrebbe cambiare i negoziati: l’amministrazione Trump l’ha presentato come proprio, ma in privato dice altro

All’incontro di domenica a Ginevra sul “piano Trump” sulla fine della guerra in Ucraina, sia i rappresentanti statunitensi sia quelli ucraini avevano detto che erano stati fatti progressi. Il piano è completamente sbilanciato dalla parte della Russia: lunedì il vice ministro degli Esteri ucraino ha detto al Financial Times che è stato modificato, riducendolo da 28 a 19 punti (ma non ha detto quali punti sono stati eliminati o modificati); nei prossimi giorni ci saranno altri incontri tra statunitensi e ucraini, e martedì si incontreranno anche i leader europei. Nel frattempo, uno degli elementi più rilevanti dei negoziati è diventato capire se la versione iniziale del “piano Trump” sia davvero un piano scritto dagli Stati Uniti.
La questione si è posta fin da quando il piano è stato anticipato la settimana scorsa da alcuni media, perché le sue condizioni sono così sbilanciate a favore della Russia da costituire di fatto una resa totale per l’Ucraina. Alcune di queste condizioni, peraltro, erano state rigettate come inaccettabili dallo stesso Rubio in precedenti tentativi di negoziato.
Sabato un gruppo bipartisan di senatori statunitensi che hanno partecipato a una riunione con Rubio hanno riferito che il segretario di Stato avrebbe detto loro che il piano «non è il piano dell’amministrazione» Trump, ma una «lista dei desideri dei russi», come ha detto il senatore indipendente Angus King. Secondo i senatori Rubio avrebbe detto loro che il piano è di fatto un insieme delle richieste della Russia, che gli Stati Uniti stanno usando come base per trattare con gli ucraini. Rubio ha smentito sui social media, e ha ribadito che il piano «è stato scritto dagli Stati Uniti» usando spunti sia da parte russa sia da parte ucraina.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, 17 ottobre 2025 (AP Photo/Alex Brandon)
La questione potrebbe sembrare banale, ma è rilevante: se davvero il piano è nato come una «lista dei desideri dei russi» che gli Stati Uniti stanno portando avanti come base di negoziato, significa che i margini per modificarlo potrebbero essere abbastanza ampi. Se invece il piano rappresenta davvero la posizione degli Stati Uniti e dell’amministrazione Trump, rigettarlo anche soltanto in parte sarebbe più difficile per l’Ucraina.
Domenica il primo ministro della Polonia Donald Tusk ha espresso proprio questo concetto, dicendo che «prima di iniziare a lavorare [sul piano], sarebbe bene sapere per certo chi l’ha scritto e dove è stato creato». Negoziare su una lista dei desideri di Putin è molto diverso da negoziare su una lista dei desideri di Trump.
Per ora tutte le ricostruzioni puntano alla prima ipotesi. Il piano sarebbe nato a fine ottobre da un incontro a Miami tra Steve Witkoff, il capo dei negoziatori di Trump; Jared Kushner, genero di Trump attivo nella diplomazia dell’amministrazione; e Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo e rappresentante del regime di Vladimir Putin. Witkoff già in passato è stato sensibile alle istanze della Russia, e il piano rispecchia in gran parte le posizioni del governo russo e di Dmitriev.
Secondo le ricostruzioni Rubio, sebbene sia il capo della diplomazia statunitense, sarebbe stato avvisato dell’esistenza del piano soltanto in seguito, quando ormai era stato scritto. Anche Trump ne avrebbe ricevuto notizia all’ultimo, ma ha deciso di appoggiarlo perché l’ha ritenuto una buona occasione per ottenere un accordo rapido mettendo alle strette gli ucraini.
Ora tendenzialmente i negoziati sul piano possono andare in due direzioni. L’amministrazione Trump potrebbe insistere che il piano non può essere modificato più di tanto, e che gli ucraini devono accettarlo così com’è: questo sarebbe un problema enorme non soltanto per l’Ucraina, ma anche per l’Europa. Altrimenti ucraini ed europei potrebbero riuscire a modificare il piano abbastanza da renderlo accettabile per l’Ucraina. A quel punto però potrebbe essere la Russia a non voler più andare avanti nei negoziati.



