È un momento difficile per Zelensky
Mentre riceve pressioni dagli Stati Uniti perché accetti un piano inaccettabile, nel suo paese deve fare i conti con due grossi guai che lo hanno indebolito

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sta vivendo uno dei momenti più difficili da quando è stato eletto, nel 2019, e da quando la Russia ha invaso il paese, nel febbraio 2022. Ha meno di una settimana per fornire agli Stati Uniti una risposta su un piano per la fine della guerra che è di fatto inaccettabile per l’Ucraina, col rischio di perdere il sostegno di Donald Trump se lo rifiuta. È fortemente indebolito dal grosso scandalo di corruzione che ha coinvolto membri del suo governo e imprenditori a lui vicini. La situazione economica del paese è complicata: rischia di rimanere senza soldi fra pochi mesi e la soluzione individuata dall’Europa per risolvere la questione, l’uso dei beni russi congelati dopo l’invasione, appare impercorribile.
A questo si aggiungono gli sviluppi negativi della guerra, con l’avanzata russa sul fronte e i continui bombardamenti delle infrastrutture energetiche che lasciano le città ucraine al freddo e al buio.
Zelensky venerdì si è rivolto ai cittadini ucraini con un videomessaggio dai toni cupi, dicendo che l’Ucraina si trova a scegliere tra «perdere la dignità e rischiare di perdere un importante alleato». Ha lasciato intendere che se rifiuterà il piano l’amministrazione statunitense smetterà di condividere informazioni di intelligence e potrebbe bloccare le vendite di armi destinate al paese. Zelensky ha detto di aver cominciato a lavorare con gli Stati Uniti su alcune delle molte questioni del piano in 28 punti, elaborato dalla Russia e dall’inviato speciale statunitense Steve Witkoff.
Il piano asseconda molte delle richieste del presidente russo Vladimir Putin e include una serie di condizioni che da sempre l’Ucraina considera irricevibili. Tra queste c’è la cessione alla Russia dell’intero territorio del Donbas (le regioni di Donetsk e Luhansk, nell’est dell’Ucraina), della Crimea e degli altri territori ucraini occupati. Altri punti riguardano la riduzione dell’esercito ucraino, la rinuncia formale a entrare nella NATO e il divieto di mantenere truppe internazionali sul territorio ucraino: cose che riducono molto le garanzie contro un ulteriore attacco.
I margini di manovra che ha Zelensky nella trattativa sembrano limitati. Trump venerdì ha detto che «dovrà farsi piacere il piano» e sabato ha confermato che dovrà «accettarlo oppure lottare con tutte le sue forze». Trump ha però risposto no a chi gli chiedeva se la proposta fosse la sua «ultima offerta», aprendo a qualche modifica, e l’attuale formulazione sta ricevendo molte critiche anche all’interno del partito Repubblicano statunitense. Il presidente ucraino ha cercato l’appoggio dei principali leader europei e ha parlato con il primo ministro britannico Keir Starmer, col cancelliere tedesco Friedrich Merz e con il presidente francese Emmanuel Macron, ma è difficile pensare che i leader europei possano influenzare l’amministrazione statunitense.
Finora infatti non sono nemmeno stati coinvolti nella stesura del piano, che pure prevede l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e pagamenti per la ricostruzione da fondi europei. Domenica ci sarà un primo incontro fra Stati Uniti, Ucraina e rappresentanti europei a Ginevra, in Svizzera, non con i leader, ma con funzionari di alto livello responsabili della sicurezza nazionale: l’obiettivo è di modificare il testo della proposta, o almeno provarci.

Trump e Zelensky seguiti da Starmer, Macron, Merz, Giorgia Meloni, il presidente finlandese Alexander Stubb, il segretario generale della NATO Mark Rutte e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen alla Casa Bianca, ad agosto (AP Photo/Alex Brandon)
Le pressioni statunitensi su Zelensky si aggiungono a quelle interne, dove l’opposizione e alcuni deputati del suo partito gli chiedono cambiamenti più radicali per rispondere all’enorme scandalo di corruzione che riguarda le società energetiche, fra cui Energoatom, e che avrebbe portato alla sottrazione di 100 milioni di euro. Ci sono forti pressioni politiche e dell’opinione pubblica perché Zelensky licenzi il potente capo di gabinetto Andriy Yermak, suo collaboratore strettissimo: almeno per il momento Yermak non è stato coinvolto direttamente nello scandalo, ma in molti ritengono abbia accumulato troppi poteri e sia a capo di un presunto sistema di corruzione.

Andriy Yermak al fianco di Zelensky all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre (AP Photo/Angelina Katsanis)
In questi anni un gruppo ristretto di collaboratori di Zelensky ha accentrato molti poteri, a discapito del parlamento ma anche del governo. L’ex produttore televisivo Yermak conta più di un ministro, influenza l’approvazione delle leggi, presenzia agli incontri internazionali e gestisce molte delle decisioni esecutive. Zelensky non sembra intenzionato a rinunciarci, ma alcuni deputati hanno annunciato di voler lasciare il partito e la stessa maggioranza parlamentare è a rischio.
Gli scandali di corruzione poi possono influenzare le relazioni con l’Unione Europea, che sta lavorando da mesi al progetto di un grande prestito da 140 miliardi di euro che dovrebbe aiutare l’Ucraina a far fronte alle sue spese militari e civili, in un momento di particolare urgenza. La Commissione vorrebbe usare soldi che lo stato russo aveva depositato in Europa prima della guerra, e che sono stati congelati dopo l’invasione: il progetto però si è fermato di fronte alle resistenze non solo dell’Ungheria, che quasi sempre ha posizioni filorusse, ma anche del Belgio, dove ha sede la società finanziaria che ha in custodia i fondi, che teme ritorsioni legali.
Se gli aiuti e i fondi non si sbloccheranno l’Ucraina si troverà senza soldi non solo per finanziare l’esercito al fronte, già a corto di uomini, ma anche per pagare le spese correnti civili e gli stipendi dei dipendenti pubblici.



