L’accordo bipartisan alla Camera su violenza sessuale e consenso
È stato approvato un emendamento che cambia il presupposto dei reati sessuali: non più la costrizione, ma l'assenza di consenso «libero e attuale»

Mercoledì, con un accordo bipartisan tra destra e centrosinistra, alla Camera dei deputati è stato approvato un emendamento alla proposta di legge sulla modifica del reato di violenza sessuale che introdurrebbe nel nostro codice penale il concetto di consenso: dice che chiunque compie o fa compiere atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» dell’altra persona può essere punito con la reclusione da sei a dodici anni. L’accordo è stato raggiunto grazie a un confronto tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del PD Elly Schlein, ed è per certi versi storico: perché inserisce il consenso nel codice penale italiano come fattore per distinguere quando un atto sessuale è violenza.
L’emendamento è stato approvato in commissione Giustizia alla Camera dei deputati e modifica l’articolo 609-bis del codice penale, quello sul reato di violenza sessuale. Oggi in Italia la condotta tipica di violenza sessuale si verifica quando una persona «con violenza o minaccia o mediante l’abuso di autorità» ne costringa un’altra «a compiere o a subire atti sessuali». L’attuale modello del codice penale italiano può essere definito un “modello vincolato”: il presupposto dei reati sessuali è la costrizione, cioè il contrasto tra la volontà di chi commette il reato e di chi lo subisce. Non attribuisce dunque in modo esplicito al consenso un ruolo centrale, ma si basa sul fatto che le aggressioni sessuali, per essere perseguite e punite, debbano avere certe caratteristiche: violenza, minaccia, costrizione.
Il problema principale di questo modello è che le aggressioni sessuali avvenute senza metodi violenti o minacciosi non vengono ritenute tali. È un’impostazione che non garantisce tutela adeguata a quelle situazioni in cui il silenzio o l’inerzia della persona offesa non sono espressione di un’adesione al rapporto sessuale, ma una conseguenza del comportamento violento stesso. Diversi studi internazionali, dalla seconda metà del Novecento, hanno infatti mostrato che una reazione diffusa tra le donne vittime di stupro è una forma di “congelamento” fisico e psicologico che rende impossibile opporre una resistenza all’aggressione. Spesso le vittime di aggressioni sessuali sono portate a non reagire anche per paura di subire ulteriori conseguenze o a considerare la propria non reazione una sorta di autodifesa, che le porta ad affrontare il trauma attraverso una dissociazione mentale rispetto a ciò che il loro corpo sta subendo.
Nel tempo e nella pratica la giurisprudenza italiana ha comunque superato il requisito della costrizione, avvicinandosi attraverso diverse sentenze a un modello consensualistico, a un modello cioè che dà maggiore importanza al consenso. E questo anche per accogliere, nei fatti, quanto stabilito dalla Convenzione di Istanbul, il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne e della violenza domestica. La Convenzione, ratificata dall’Italia nel 2013, definisce lo stupro come un «rapporto sessuale senza consenso». L’articolo 36 specifica che il consenso «deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto».
Più volte, negli ultimi anni, il gruppo di esperte del Consiglio d’Europa che si occupa di monitorare l’applicazione della Convenzione di Istanbul nei vari paesi (si chiama GREVIO), ha ripreso l’Italia esortando i governi «a considerare di modificare la propria legislazione» affinché il reato di violenza sessuale si basasse sulla nozione di consenso prestato liberamente, come richiesto dalla Convenzione.
L’emendamento appena approvato va in questa direzione. Integra con una definizione più esplicita di consenso la proposta di legge presentata l’anno scorso dalla ex presidente della Camera e deputata del PD Laura Boldrini, che puntava a modificare l’articolo 609-bis del codice penale introducendo l’assenza di consenso, inserendo poi la violenza e la minaccia come una delle modalità possibili (ma non l’unica) con cui poteva essere compiuta una violenza sessuale. La proposta di Boldrini si rifaceva a un modello consensuale limitato che dà importanza non tanto al consenso, ma al dissenso.
L’emendamento su cui si sono accordate destra e centrosinistra rende invece più esplicita la questione del consenso, specificando nel primo articolo che «chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali ad un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima» è punito con la pena già prevista dal reato (quella non è stata aumentata). «Attuale» significa che il consenso deve essere manifestato nel momento in cui il rapporto avviene. Oltre a questo, l’emendamento amplia il perimetro della violenza sessuale, perché punisce con la reclusione da 6 a 12 anni anche chi approfitta della vulnerabilità della vittima, come previsto dall’articolo 90-quater del codice di procedura penale.
Non è la prima volta che destra e centrosinistra trovano un punto d’incontro sul tema della violenza maschile contro le donne: è successo soprattutto con interventi di tipo penale (come per la proposta di introdurre il reato specifico di femminicidio), che hanno in qualche modo sintetizzato sia la volontà del centrosinistra di dare più rilevanza al tema della violenza maschile, sia la tendenza del governo di Meloni a rispondere a problemi o questioni con aumenti di pene.
L’emendamento appena approvato era stato presentato dalle deputate Michela Di Biase, del Partito Democratico, e Carolina Varchi, di Fratelli d’Italia. Varchi è la deputata che propose la discussa proposta di legge, poi approvata, per rendere la gestazione per altri (GPA) un «reato universale», cioè punibile anche se fatta all’estero (la GPA è la tecnica di fecondazione assistita che prevede che una persona porti avanti una gravidanza per conto di altre persone, ed era già vietata in Italia).
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