Anche se tante cose, un senso non ce l’ha
Esce oggi in libreria “Sono solo parole”, il nuovo numero di COSE Spiegate bene sulle forme e sugli usi del linguaggio: comincia da un famoso verso di Vasco Rossi

Il sedicesimo numero della rivista trimestrale COSE Spiegate bene, che il Post pubblica con Iperborea, esce oggi in libreria; si intitola Sono solo parole e si occupa delle forme e degli usi del linguaggio, con storie e spiegazioni intorno a come parliamo e come scriviamo.
Questa è l’introduzione di Sono solo parole scritta dal peraltro direttore editoriale del Post Luca Sofri, intitolata “Tante cose”, e comincia da un verso di Vasco Rossi e da cosa ci insegna di come funzionano le parole e la scrittura.
Il nuovo numero di COSE Spiegate bene si può ordinare sul sito del Post (con spedizione gratuita) o in tutte le librerie online e digitali.
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C’è quella canzone di Vasco Rossi che si conclude con i versi «Voglio trovare un senso a tante cose, anche se tante cose un senso non ce l’ha». È una delle tante visibili dimostrazioni che la lingua può essere usata liberamente e senza controindicazioni rispetto agli obiettivi che si dà chi la usa, senza rigidità eccessive sulle regole. Vasco Rossi scelse di dire «un senso non ce l’ha» invece che «non ce l’hanno», e da subito tutti capimmo lo stesso serenamente cosa volesse dire e non ho mai visto nessuno che lo aggredisse su Twitter o su Facebook per la sua scelta, rinfacciandogli un errore. Perché non è un errore, è una «licenza poetica», dirà qualcuno. Ma a parte che «licenza poetica» è solo una formulazione nobilitante della scelta di usare la lingua come si vuole ogni volta che si abbiano delle ambizioni espressive «poetiche», uno «stile», quindi spessissimo (anche io nel testo che state leggendo): ma a parte questo, dicevo, nel caso della canzone in questione la licenza è piuttosto metrica, e non poetica: «un senso non ce l’hanno», semplicemente non ci stava.
Usiamo la lingua in base alle necessità: comunicative, didattiche, espressive, artistiche o persino fisiche, di spazio (criterio assai familiare non solo agli autori di canzoni ma soprattutto a giornalisti ed editori, le cui scelte linguistiche dipendono spessissimo dallo spazio a disposizione). E queste necessità spesso convivono tra loro e fanno compromessi: nel caso di «Un senso», la canzone di Vasco Rossi, quel sacrificio per ragioni metriche non ha limitato la comprensibilità del concetto espresso. Quindi bene così.
Da quando esiste il Post cerchiamo di usare la lingua con attenzione rispetto agli obiettivi principali di «spiegare bene», di proteggere l’accuratezza e di rendere la lettura confortevole: spiegare bene serve a poco se nessuno ti legge. Consapevoli che non esista una «lingua corretta», ma che la lingua conosca miliardi di interpretazioni corrispondenti ai miliardi di umani sulla Terra («idioletti», le chiamano i linguisti). Idem per un «italiano corretto», restringendo il bacino. L’obiettivo di chi prova a informare è individuare le parole, le espressioni, le organizzazioni di un testo, per trasmettere nel modo più fedele possibile quello che vuole trasmettere: che sia la scena di un fatto, un concetto o qualunque altra cosa. E farlo creando un rapporto di fiducia e di attenzione con chi legge (o ascolta), basato anche su parole e formule comprensibili e condivise. Se io ora vi dicessi che questo numero di COSE Spiegate bene «ospita una pingue cornucopia di esposizioni che auspichiamo concorrano a sedimentare nel vostro background culturale un rinnovato zelo nei confronti delle versatilità glottologiche e ad arricchire i vostri language skills», la mia formulazione potrebbe senz’altro essere definita corretta e fedele, ma creerebbe nella vostra opinione di me – e di quello che scrivo – una certa comprensibile diffidenza.
Questo numero di COSE Spiegate bene invece raccoglie alcune delle storie e dei pensieri in cui ci siamo imbattuti tra quelli che c’entrano da vicino e da lontano con il linguaggio e l’uso delle parole: e ne aggiunge altre, e spiega i cambiamenti e le possibilità dell’uso della lingua. Avevamo pensato di chiamarlo «Pensieri e parole», abusando ancora di canzoni, ma abbiamo fatto una scelta più di questo secolo e che ci sembra attenui la severità di quella abusata e prepotente vecchia citazione di Nanni Moretti: «le parole sono importanti», ok, ma soprattutto le proprie. Anche con la lingua, piuttosto che correggere gli altri è meglio cominciare da se stessi, e sto trattenendo una citazione di Michael Jackson.
Abbiamo cercato insomma di essere descrittivi e non prescrittivi, ovvero di raccontare gli usi delle parole e le loro ragioni senza voler imporre o ripetere presunte regole universali: le parole, ognuno ha le sue, e il modo per usarle male è soprattutto conoscerle poco e non saperne sfruttare il senso. Anche se tante cose un senso non ce l’ha.
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Le illustrazioni di questo numero sono di Gianluca Cannizzo, e contiene i contributi di Stefano Bartezzaghi, Marco Cassini, Chiara Galeazzi e Ilaria Padovan. Questo nuovo numero di COSE Spiegate bene può essere acquistato, oltre che nelle librerie, sul sito del Post (con spese di spedizione a carico del Post) e nelle librerie online di Amazon, Feltrinelli, IBS, Mondadori e Bookdealer.




