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  • Mercoledì 5 novembre 2025

Da sconosciuto a sindaco di New York in un anno

Ci è riuscito Zohran Mamdani, grazie a scelte azzeccate e difficoltà trasformate in punti di forza: ma ora arriva il difficile

Zohran Mamdani dopo aver votato nel Queens, il 4 novembre 2025 (Shuran Huang/The New York Times/contrasto)
Zohran Mamdani dopo aver votato nel Queens, il 4 novembre 2025 (Shuran Huang/The New York Times/contrasto)
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L’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York è la storia di una vittoria improbabile e di un’ascesa politica rapidissima. Dal 2021 era deputato per lo stato di New York, ma fino all’inizio di quest’anno era sostanzialmente uno sconosciuto per la grandissima parte dell’elettorato. I primi sondaggi dopo l’annuncio della candidatura a sindaco lo davano all’1 per cento, alla pari – come ama ripetere – con la risposta generica «Qualcun altro». Alle primarie del Partito Democratico e poi alle elezioni ha vinto nonostante l’opposizione del potente mondo finanziario di New York, che in passato era spesso stato decisivo. Mamdani ha saputo vedere un’opportunità, e soprattutto ha lavorato per concretizzarla.

Alla sua affermazione hanno contribuito gli scandali che hanno colpito le ultime amministrazioni, il desiderio di rinnovamento degli elettori Democratici, il cambio di atteggiamento dell’opinione pubblica intorno a Israele, una campagna elettorale condotta in modo molto efficace soprattutto sui social e l’individuazione di un tema centrale forte, ossia il crescente costo della vita in città.

È stato anche favorito dai problemi legali del sindaco uscente, il Democratico Eric Adams, che a settembre del 2024 era stato incriminato per corruzione e frode e si era poi avvicinato all’amministrazione del presidente Donald Trump. Adams voleva ricandidarsi: normalmente non ci sono vere primarie contro un sindaco uscente che punta alla rielezione, ma già alla fine del 2024 in molti all’interno del Partito Democratico iniziarono a pensare di candidarsi e di poter vincere.

Mamdani saluta dopo un comizio (AP Photo/Heather Khalifa)

Mamdani si definisce socialista e fa parte dei Socialisti Democratici, come la deputata federale Alexandria Ocasio-Cortez, eletta anche lei a New York. È molto giovane (34 anni), immigrato figlio di indiani, nato in Uganda, musulmano, con posizioni apertamente filopalestinesi e sostenitore della necessità di alzare le tasse per i più ricchi.

Ci sono stati molti incontri prima che i Socialisti Democratici decidessero di sostenere la sua candidatura. Lo stesso Mamdani, con un certo ottimismo, diceva alla compagna Rama Duwaji (poi diventata moglie) che l’obiettivo non era necessariamente vincere, ma costruire una campagna che si facesse notare e che aumentasse in futuro le possibilità della sinistra di imporsi all’interno del Partito Democratico.

Mamdani però cominciò con almeno un paio di scelte azzeccate: la prima fu di puntare sul costo della vita e delle case a New York come tema centrale della sua campagna elettorale. Non era una scelta scontata: sondaggisti e analisti indicavano il tema della sicurezza come il più sentito dai cittadini, e su quello si erano concentrati molti dei candidati alle primarie Democratiche, compreso l’ex governatore dello stato Andrew Cuomo. Mamdani invece presentò subito i suoi progetti di bloccare il prezzo degli affitti e di rendere gli autobus, gli asili e le scuole dell’infanzia gratuiti per gli abitanti. Il suo messaggio era: «La vita in questa città non deve essere così dura». Per veicolarlo iniziò una campagna di video sui social che funzionò benissimo grazie a contenuti curati, diretti, chiari e quindi diversi.

– Leggi anche: La campagna elettorale di Zohran Mamdani in 10 video

Mamdani è figlio di un professore universitario musulmano e di una nota regista cinematografica induista, Mira Nair. Prima di entrare in politica si era dedicato alla musica hip hop e aveva lavorato come consulente per la prevenzione dei pignoramenti e come supervisore musicale di uno dei film della madre. Nel corso dei mesi, grazie anche ad alcune scelte di marketing efficaci – la grafica di manifesti e merchandising e la scelta di farsi chiamare per nome per mostrarsi alla mano, per esempio –, ha saputo motivare un elettorato eterogeneo, che andava dagli immigrati del sudest asiatico a nuovi residenti della classe media di Brooklyn.

Una borsa e un labubu per Mamdani (AP Photo/Seth Wenig)

Ha saputo raggiungere fasce della popolazione meno coinvolte nella politica grazie ai social e grazie alla creazione di una narrazione con messaggi di speranza, possibilità di cambiamento e progetti ambiziosi per il futuro (secondo i critici troppo ambiziosi e difficilmente realizzabili). Cuomo, il suo principale avversario, si era invece focalizzato sui grandi problemi della città, sottolineando soprattutto quello della sensazione di insicurezza. Il modello Mamdani si rivelò vincente alle primarie di luglio, vinte con un vantaggio di 12 punti dovuto anche alla mobilitazione degli elettori fra i 18 e i 29 anni, che votarono molto più che in passato.

Alle primarie Mamdani vinse nonostante l’opposizione di industriali, finanzieri e classi sociali più benestanti, preoccupate dalle sue idee socialiste e dagli slogan sulla necessità di aumentare le tasse sui ricchi. Amministratori delegati di grandi aziende e altri membri del mondo della finanza hanno copiosamente finanziato Cuomo, e hanno continuato a farlo anche quando lui ha perso le primarie e ha deciso di candidarsi comunque, come indipendente. Fra i suoi finanziatori c’era Michael Bloomberg, imprenditore ed ex sindaco di New York: i legami del Partito Democratico con il mondo della finanza e dell’imprenditoria a New York sono stabili e consolidati.

Un camion che trasmette spot elettorali, il 31 ottobre 2025 (AP Photo/Richard Drew)

Nei mesi che hanno preceduto le elezioni Mamdani ha quindi lavorato per unificare il Partito Democratico, che la sua candidatura aveva di fatto diviso: ha ottenuto l’appoggio della governatrice Kathy Hochul (Democratica moderata), ha cercato di rassicurare una parte del mondo imprenditoriale e ha sfruttato l’opposizione dell’altra parte come una risorsa, segnalando la propria distanza dall’ambiente newyorchese dei super ricchi, di cui ha fatto parte anche Trump, originario di New York. 

Alle elezioni Cuomo ha vinto nei quartieri più benestanti e in quelli dove sono presenti le più grandi comunità ebraiche. Mamdani ha sempre sostenuto la causa palestinese e ha più volte definito «genocidio» i crimini compiuti da Israele nella Striscia di Gaza. Queste posizioni, che alcuni mesi fa negli Stati Uniti erano ampiamente minoritarie, sono diventate sempre più condivise tra l’elettorato, almeno quello progressista di New York.

Uno dei primi comizi di Mamdani, nel maggio del 2025 a Brooklyn (Andrew Lichtenstein/Corbis via Getty Images)

Ora che ha vinto, inizia la parte difficile. Con la sua relativa inesperienza, molto criticata dagli avversari durante la campagna elettorale, dovrà governare una città da 8 milioni di abitanti, con un bilancio da oltre 110 miliardi di dollari e perennemente al centro dell’attenzione mediatica e del dibattito pubblico tanto americano quanto internazionale. Dovrà anche mantenere le ambiziose promesse fatte in campagna elettorale, relazionarsi con la parte del Partito Democratico più lontana dalle sue idee e fare i conti con Trump, che l’ha sempre criticato e ha già minacciato ritorsioni per la sua vittoria.

– Leggi anche: La principale critica fatta a Zohran Mamdani