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  • Mercoledì 5 novembre 2025

Cosa dicono i dati dei reati denunciati in Italia

Sono in aumento soprattutto nelle grandi città, dove è complicato capire come intervenire

Due carabinieri nel colonnato di piazza San Pietro
Due carabinieri nel colonnato di piazza San Pietro (Photo by Christopher Furlong/Getty Images)
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Sette grandi città italiane sono nei primi dieci posti della classifica della criminalità diffusa lunedì dal Sole 24 Ore, che ogni anno raccoglie e analizza i dati delle denunce fatte in Italia. La concentrazione dei reati nelle grandi città è in parte scontata, ma mostra anche le difficoltà delle amministrazioni comunali e in generale della politica nell’affrontare uno dei problemi più sentiti dalla popolazione. Fino alla pandemia molti sindaci contestavano le critiche basate sulla percezione di insicurezza mostrando l’andamento in calo delle denunce, ma negli ultimi tre anni qualcosa è cambiato: in Italia i reati sono tornati a crescere, specialmente nelle grandi città.

Nel 2024 sono stati denunciati in totale 2,38 milioni di reati, l’1,7% in più rispetto al 2023 e il 3,4% in più rispetto al 2019. Nell’analizzare l’aumento avvenuto negli ultimi tre anni bisogna però tenere conto che dieci anni prima, nel 2014, le denunce erano il 15% in più rispetto allo scorso anno. Rispetto a dieci anni fa sono in calo anche gli omicidi, mentre negli ultimi anni sono aumentate le violenze sessuali, sia perché più donne denunciano sia perché sono state introdotte leggi che tentano di contrastare la violenza maschile contro le donne, come il “codice rosso”.

Milano è al primo posto con 6.952 denunce ogni 100mila abitanti, Firenze è al secondo posto, Roma al terzo. Nei primi dieci posti ci sono anche Bologna, Torino, Venezia e Genova. Tra le città medio-piccole invece ci sono Rimini al quinto posto, Prato al settimo e Livorno al nono. A Milano, Roma e Firenze si concentra quasi un quarto di tutti i reati denunciati in Italia.

Il Sole 24 Ore rileva anche che il 47,9% dei reati è stato denunciato nelle 14 città metropolitane italiane, cioè le province più grandi, un’incidenza in aumento rispetto al decennio tra il 2009 e il 2019 quando erano in media al 44%.

I dati pubblicati dal Sole 24 Ore riguardano le denunce presentate a tutte le forze di polizia (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia penitenziaria, Direzione investigativa antimafia, Polizia municipale, Polizia provinciale, Guardia costiera e Corpo forestale). Vanno quindi interpretati con cautela, perché il numero delle denunce non equivale al numero effettivo dei reati commessi: in alcune regioni, province e città c’è una maggiore tendenza a denunciare reati, in altre meno. In molti casi poi alcuni reati non vengono denunciati per motivi come la vergogna, la paura di ritorsioni, per sfiducia nelle autorità o perché il danno subito è considerato modesto e si vogliono evitare noie burocratiche.

Ci sono ragioni per cui la classifica non deve sorprendere. Innanzitutto perché nelle 14 città metropolitane abita il 36% della popolazione italiana, ma soprattutto perché le città attraggono ogni giorno moltissime persone tra pendolari, turisti e studenti, che in alcuni casi raddoppiano o addirittura triplicano la popolazione. La classifica non può tenerne conto, ma è indubbio che la presenza di così tante persone non tracciate falsi in qualche modo i risultati.

Marco Dugato, ricercatore dell’osservatorio Transcrime dell’Università Cattolica di Milano, ha spiegato al Sole 24 Ore che nelle aree più densamente popolate ci sono anche maggiori “opportunità criminali”. Un esempio è la presenza di luoghi di aggregazione notturna come bar o discoteche, dove la convivenza tra molte persone può naturalmente generare maggiori conflitti. Non è un caso che negli ultimi posti della classifica ci siano province – Oristano, Potenza, Benevento, Enna, Sondrio – dove abitano poche persone, con poche opportunità e molto lontane dai grandi centri.

D’altra parte però questi dati riflettono preoccupazioni e fenomeni di cui si discute da tempo nelle grandi città. Uno dei problemi più dibattuti riguarda le zone periferiche abitate prevalentemente da persone straniere o anziane con pensioni molto basse, con pochi strumenti per gestire la convivenza reciproca. Sono aree con pochi servizi, spesso trascurate dalle amministrazioni, dove negli ultimi anni sono aumentate le disuguaglianze.

La pandemia ha amplificato i disagi e aumentato la povertà, e in molte città le amministrazioni si sono rivelate carenti o assenti nel fornire assistenza, affidata quasi totalmente alle associazioni del terzo settore. Molte persone non possono più permettersi un affitto e faticano a procurarsi il minimo indispensabile per mangiare. L’aumento delle difficoltà e del disagio fa aumentare anche il rischio di reati.

Negli ultimi anni poi il tema della percezione di insicurezza è stato in parte associato ai reati commessi da gruppi di giovani e giovanissimi, quelli che i giornali di solito chiamano “baby gang”, composti dai cosiddetti “maranza”, giovani stranieri o italiani di seconda generazione che spesso commettono furti e che si riconoscono anche dall’abbigliamento (tute in acetato, scarpe da ginnastica, borsello e smanicato).

I dati sembrano confermare questa preoccupazione legata all’aumento dei reati commessi da minori. Nel 2024 sono stati fermati o arrestati 38mila minori contro i 29mila del 2019. È il dato più alto degli ultimi dieci anni, in crescita del 16% rispetto al 2023. Ma anche in questo caso il dato va inquadrato meglio, perché l’aumento delle denunce può essere legato anche a un aumento dei controlli specifici su questa fascia d’età, sollecitati dal governo.

Dall’inizio dell’anno in molte città medie e grandi sono state create le cosiddette zone rosse, nelle quali sono previste maggiori misure di sicurezza. Con le zone rosse le forze dell’ordine sono incentivate a sfruttare di più le possibilità già previste dal cosiddetto “daspo urbano”, ovvero un ordine di allontanamento da quelle zone per un certo periodo di tempo verso alcune persone ritenute pericolose, ma sulla base di criteri un po’ vaghi. Essendo state introdotte per la maggior parte da meno di un anno, è complicato capire se siano davvero efficaci.

L’ex procuratore di Milano Francesco Greco, a cui il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha affidato il coordinamento della sicurezza urbana, ha detto che alle amministrazioni servirebbero strumenti più efficaci per prevenire e contrastare i reati. Greco fa riferimento in particolare a maggiori investimenti sulla videosorveglianza e sull’organizzazione del lavoro notturno delle forze dell’ordine. «Il comune affronta la situazione bendato perché non conosce i dati puntuali sui reati commessi per poter impostare azioni mirate di contrasto», ha detto. «Investiamo per diminuire il degrado nelle aree dismesse e aumentare il controllo del territorio, ma per il resto la responsabilità del sindaco è limitata».