In Mali non si va più a scuola perché manca la benzina
Da due mesi una milizia jihadista in lotta con la giunta militare attacca sistematicamente le autocisterne, causando enormi problemi

La giunta militare che governa il Mali ha annunciato che le lezioni nelle scuole e nelle università sono sospese almeno fino al 9 novembre perché nel paese non c’è carburante a sufficienza per permettere a studenti e docenti di andare a lezione. La scarsità di carburante è causata dagli attacchi di un gruppo jihadista affiliato ad al Qaida, Jama’at Nusrat al Islam wal Muslimin (JNIM), che da inizio settembre colpisce regolarmente le autocisterne di carburante.
In un discorso televisivo il ministro dell’Istruzione Amadou Sy Savane ha detto che la giunta militare sta facendo «tutto il possibile» per fare in modo che le lezioni riprendano lunedì 10 novembre.
Il Mali è un paese instabile politicamente ormai da diversi anni. Diverse milizie armate di varia ispirazione si contendono il controllo del territorio e combattono contro l’esercito nazionale o tra di loro. Dal 2021 è governato in modo autoritario e repressivo da una giunta militare, subentrata alla precedente grazie a un colpo di stato. Dall’inizio del 2025 le milizie jihadiste hanno intensificato i propri attacchi contro la giunta, nel tentativo di espandere la propria area di influenza specialmente nelle regioni di Mopti e di Bamako, la capitale, entrambe nel sud del paese.
JNIM è una delle principali tra queste milizie: è il gruppo meglio armato nell’Africa sub-sahariana occidentale, ha almeno 6mila miliziani ed è attiva in vari paesi del Sahel, cioè la fascia semi-desertica di territorio a sud del deserto del Sahara. In Mali controlla già ampie porzioni di territorio, e proprio da lì attacca le autocisterne piene di carburante. Questi agguati hanno conseguenze gravissime perché il Mali non ha sbocchi sul mare e quindi riceve il carburante via terra, soprattutto dal Senegal e dalla Costa d’Avorio.
Gli attacchi di JNIM stanno causando un sostanzioso aumento dei prezzi, lunghissime file alle stazioni di servizio e problemi anche con la fornitura di elettricità. Oltre ai trasporti e alle scuole, si sono fermate anche varie attività produttive che dipendono dal carburante. Diversi imprenditori e società che si occupano del trasporto carburante hanno sospeso i viaggi per il rischio che i propri dipendenti vengano attaccati dai miliziani, oppure scelgono di arrivare solo fino al confine e poi cedere il carico a trasportatori singoli che si prendono il rischio di entrare nel paese. In alcuni casi i convogli vengono scortati dall’esercito.
JNIM ha detto che gli attacchi alle autocisterne sono una ritorsione verso la decisione della giunta di vietare nelle aree rurali la vendita di carburante al di fuori delle stazioni di servizio (la vendita sottobanco e il contrabbando di petrolio sono da sempre un settore economico molto redditizio per milizie militari autonome). Secondo fonti dell’intelligence sentite da Radio France Internationale la giunta militare sta portando avanti una trattativa riservata con i miliziani, che chiedono l’eliminazione del divieto e il rilascio di alcuni dei loro uomini.
La giunta però non ha confermato la trattativa e sostiene attraverso la stampa statale di avere la situazione sotto controllo. Il blocco del carburante in realtà sta mettendo in grande imbarazzo il governo, che prese il potere inizialmente con ampio sostegno popolare legato alla promessa di mettere fine agli attacchi e al governo delle milizie. Secondo Beverly Ochieng, analista del gruppo Control Risks sentita da Associated Press, JNIM sta usando questa tattica per mettere pressione sulla giunta, delegittimarla e privarla del sostegno popolare, per avere ancora più margine per ottenere potere.
Già da tempo comunque la giunta militare aveva perso parte del proprio consenso: soprattutto dopo avere rinviato a tempo indefinito l’organizzazione di nuove elezioni e in definitiva il passaggio di consegne a un’amministrazione civile. Alcuni mesi fa ci sono state ampie proteste antigovernative, represse sia nelle piazze che nelle istituzioni, alla fine delle quali tutti i partiti politici sono stati soppressi.
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