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  • Giovedì 23 ottobre 2025

In Serie A pochi gol, in Champions League tantissimi

Nell'ultima giornata delle due competizioni si sono visti due modi molto diversi di intendere il calcio

Il Paris Saint-Germain ha vinto 7-2 in casa del Bayer Leverkusen (Pau Barrena/Getty Images)
Il Paris Saint-Germain ha vinto 7-2 in casa del Bayer Leverkusen (Pau Barrena/Getty Images)
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Nella scorsa giornata di Serie A – giocata tra il 18 e il 20 ottobre – sono stati segnati 11 gol in 10 partite. Da quando il campionato maschile di calcio si gioca a 20 squadre, quindi dalla stagione 2004-2005, non erano mai stati così pochi. Nella recente giornata di Champions League ne sono stati fatti 71 in 18 partite, un record per la fase a gironi (che dall’anno scorso si chiama fase campionato e prevede due partite in più per turno).

In Serie A quattro partite su dieci sono finite 0-0; in Champions League ci sono stati un 7-2, un 6-2, un 6-1 e due 5-1. Sono casi eccezionali, soprattutto quello della Serie A, ma sono anche parte di una tendenza che dice un po’ di cose sul modo diverso in cui si gioca a calcio in Italia e in Europa, oltre che sul livello di competitività dei due tornei.

Nonostante il calcio italiano abbia da sempre la fama di essere molto attento all’organizzazione difensiva, nelle ultime stagioni sono stati segnati in media più gol rispetto a venti o trenta anni fa, al periodo cioè considerato “l’età dell’oro” della Serie A.

In questa stagione tuttavia la direzione sembra essere un’altra: la media di 2,2 gol a partita tenuta nelle prime sette giornate è una delle più basse di sempre, e tante squadre stanno giocando in modo fin troppo accorto. «Nelle prime sette giornate la Serie A ha smarrito 40 gol rispetto all’anno scorso. È un’enormità che balza all’occhio in un weekend esageratamente povero, ma è da agosto che si procede in questa nevrotica siccità», ha scritto Paolo Condò sul Corriere della Sera.

Ventotto dei settanta primi tempi giocati finora sono finiti 0-0. In modo quasi profetico, prima ancora dell’ultima giornata da record, sul sito di approfondimento sportivo Ultimo Uomo, Daniele Manusia aveva scritto: «Oggi in una certa idea di calcio, che in Italia sembra andare per la maggiore, la cosa più importante è non perdere, non correre rischi, e creare occasioni è secondario».

È un approccio che riguarda tante squadre. In questo momento è primo in classifica il Milan allenato da Massimiliano Allegri, la squadra che fa meno pressing di tutto il campionato e che punta molto sulla grande attenzione difensiva e sul talento individuale dei suoi giocatori migliori come Luka Modric, Christian Pulisic e Rafael Leao. Persino Gian Piero Gasperini, che per anni ha reso l’Atalanta una delle squadre più spettacolari e offensive del campionato, con la Roma (che allena da quest’anno) è partito da una difesa organizzata: in 7 partite ha fatto 15 punti con 7 gol segnati e 3 subiti.

Sono però soprattutto le squadre meno attrezzate, le cosiddette “piccole”, a sembrare anzitutto interessate a minimizzare i rischi e ad accontentarsi di un pareggio, cosa a cui in genere si assiste più che altro nelle ultime giornate, quando anche fare un punto (e non perdere contro una diretta rivale) può diventare decisivo per rimanere in Serie A. In genere, almeno nelle ultime stagioni, molte squadre partivano più arrembanti nelle prime giornate, per poi diventare più difensive nella parte finale del campionato.

«Un fattore di riflessione è che tre dei quattro 0-0 sono venuti fra squadre della seconda parte della classifica, in tre partite che possono essere considerate degli scontri diretti per la salvezza: Lecce-Sassuolo, Pisa-Verona e Genoa-Parma. Tre partite in cui le cronache riferiscono sia accaduto poco, se non pochissimo. Il sospetto è che i due feriti siano cominciati alla settima giornata», ha scritto il sito sportivo Lo Slalom. Un riferimento al modo di dire, non proprio elegante, secondo cui “due feriti sono meglio di un morto”.

Un contrasto tra Armand Laurienté e Danilo Veiga durante Lecce-Sassuolo 0-0 (Image Photo Agency/Getty Images)

In Champions League è tutta un’altra storia. Il ritmo e l’intensità delle partite sono ben maggiori. Le migliori squadre – Barcellona, Liverpool, Bayern Monaco, Paris Saint-Germain – giocano quasi sempre all’attacco, con tanti calciatori che partecipano alle azioni offensive e a cui viene data libertà di muoversi, dribblare, tirare in porta. Questo, e la maggior qualità tecnica dei giocatori, consente loro di segnare più gol, e allo stesso tempo di concedere qualche spazio in più in difesa alle squadre avversarie. Nelle 59 partite giocate la scorsa stagione (in Spagna e all’estero) il Barcellona ha segnato ben 174 gol e ne ha subiti 72, 7 dei quali nelle due semifinali di Champions League contro l’Inter, partite in cui si sono visti pregi e difetti di un approccio così spregiudicato.

Il nuovo formato della Champions League, inoltre, si presta a partite in cui l’attenzione difensiva non è sempre determinante per due motivi in particolare.

Il primo riguarda la struttura della competizione. Nella prima fase si giocano ora 8 partite invece che 6, e si qualificano alla fase successiva ben 24 squadre su 36 (le prime otto vanno direttamente agli ottavi di finale, quelle dalla nona alla ventiquattresima giocano un playoff). La singola partita ha un peso inferiore sul passaggio del turno, così come l’eventuale sconfitta in uno scontro con una diretta avversaria, e quindi si può giocare senza eccessiva attenzione a non perdere e a non subire gol.

Il secondo riguarda il numero di squadre presenti. L’allargamento del torneo ha abbassato un po’ il livello della fase iniziale, e ampliato il divario tra le squadre migliori e quelle meno forti, che fino a due anni fa avrebbero giocato in Europa League, la seconda competizione europea per importanza.

Non è sorprendente, insomma, che l’Union Saint-Gilloise subisca 4 gol dall’Inter, o che l’Olympiakos ne prenda 6 dal Barcellona. Nell’ultima giornata di Serie A invece ci sono state tante partite che anche sulla carta erano ben più equilibrate, con meno divari tra le due squadre. Le squadre forti non sono così forti, e le squadre piccole hanno la preparazione e gli strumenti tattici per rendere complicate quasi tutte le partite. Non è un caso che molti giocatori e allenatori stranieri che arrivano in Italia definiscano la Serie A un campionato molto difficile. A volte, proprio per questo, anche noioso.