Perché il treno costa spesso più dell’aereo

Per chi viaggia in Europa è un grosso disincentivo a scegliere l'opzione col minor impatto ambientale

(ANSA)
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Per viaggiare da Milano a Roma a fine ottobre si possono spendere circa 90 euro per un treno ad alta velocità o circa la metà per un biglietto aereo (escluse eventuali offerte del momento). Le proporzioni non cambiano molto nel caso di un viaggio da Milano a Parigi, e l’aereo diventa ancora più vantaggioso per tratte più lunghe, per esempio se si decide di spingersi fino a Londra. In molti casi su tratte di media lunghezza, in Europa come in altre parti del mondo, l’aereo è più conveniente del treno.

È una cosa che ha evidenti conseguenze sul modo in cui si spostano milioni di persone, e quindi sull’ambiente. Il treno infatti ha un impatto ambientale decisamente inferiore e a livello di comodità e velocità è spesso comparabile all’aereo. Volare infatti è ancora il modo più rapido per spostarsi, ma sulle corte e medie distanze i treni ad alta velocità ci vanno vicini. Considerando poi il tempo necessario per raggiungere l’aeroporto, superare i controlli di sicurezza, arrivare a destinazione e spostarsi fino alla meta finale, spesso un treno veloce è più rapido o comunque offre tempi di viaggio comparabili all’aereo.

I biglietti dei treni costano spesso di più sia per questioni economiche, legate soprattutto alla gestione dell’infrastruttura, sia per la minore presenza di agevolazioni fiscali rispetto al settore aereo.

Rispetto al trasporto su strada e a quello aereo, la ferrovia ha una maggiore quantità di costi fissi dovuti alla necessità di costruire e mantenere binari, stazioni, sistemi di elettrificazione e altre infrastrutture. Per il settore aereo i costi sono diversi: gli aeroporti sono certamente costosi e costituiscono un investimento fisso rilevante, ma sono concentrati in punti specifici e i costi non aumentano a seconda della lunghezza dei voli (al netto degli investimenti per avere piste adeguate, hangar e altri sistemi per gli aeroplani più grandi). Quando un aereo è in volo, sfrutta uno spazio liberamente accessibile che non deve essere mantenuto come i binari.

In linea di massima, la gestione della stessa tratta costa di più nel caso del treno rispetto all’aereo, soprattutto negli anni subito dopo la costruzione della ferrovia, quando si devono ammortizzare gli investimenti. I costi aumentano ulteriormente nel caso delle tratte ferroviarie ad alta velocità, che richiedono la costruzione di viadotti, ponti e infrastrutture dedicate per i quali sono poi anche più alti i costi di manutenzione. Questi costi fissi fanno sì che i prezzi non possano scendere più di tanto per i passeggeri, rispetto a quanto avviene nel settore aereo, dove la maggiore variabilità dei costi rende possibile una gestione più dinamica dei prezzi.

Come in molte aree del mondo, anche nell’Unione Europea un elemento cruciale del costo del trasporto ferroviario è legato alle tariffe di accesso al binario (TAC, da Track access charges), cioè alle commissioni che gli operatori ferroviari (quelli che hanno i treni) devono pagare ai gestori dell’infrastruttura (quelli che hanno i binari) per l’uso della rete e dei loro sistemi. I TAC in diversi paesi europei sono alti (si va da qualche euro fino a 16 euro per chilometro percorso da ogni treno) proprio perché i gestori dell’infrastruttura devono rientrare degli investimenti per costruire e mantenere le ferrovie. Più i TAC sono alti, più è probabile che la compagnia ferroviaria scarichi sui passeggeri buona parte del loro costo, con biglietti più cari.

Salvo qualche eccezione – per esempio durante la pandemia in Germania – i governi sono restii a intervenire sui TAC con sussidi o agevolazioni per le compagnie ferroviarie perché i gestori dei binari sono quasi sempre di loro proprietà. Ridurre i TAC farebbe aumentare i deficit di gestione delle infrastrutture, che dovrebbero poi essere coperti dai bilanci pubblici. Inoltre, c’è una certa circolarità nella gestione di queste cose perché spesso le società che pagano i pedaggi per i treni e quelle che li riscuotono gestendo le infrastrutture fanno capo alla stessa grande azienda pubblica.

In Italia la principale società che fa muovere i treni è Trenitalia e paga i TAC a Rete Ferroviaria Italiana (RFI). Entrambe le aziende fanno capo alla holding Ferrovie dello Stato Italiane, che è interamente controllata dallo Stato (ha moltissime altre società sotto di sé). Un Frecciarossa che viaggia tra Milano e Parigi paga quindi i TAC a RFI e alla sua equivalente francese, per la parte della tratta percorsa in Francia. Le società possono poi mettersi d’accordo per determinare le tariffe in base al traffico, ma sono tenute sotto controllo dalle autorità per la concorrenza che si assicurano che i TAC non diventino un ostacolo per altre società. Grazie a queste regole aziende come Italo (NTV) possono competere sull’alta velocità in Italia, per esempio.

In generale la concorrenza ha reso più vantaggiosi i prezzi sulla tratta ad alta velocità tra Milano e Roma, la più trafficata in Italia, proprio grazie alla liberalizzazione del mercato ferroviario. I prezzi si sono ridotti di quasi un quarto con una conseguente riduzione del ricavo medio per passeggero al chilometro, che è stato però compensato da un aumento della domanda e da un miglioramento dei servizi e della loro frequenza. L’alta velocità tra Milano e Roma è estremamente competitiva rispetto all’aereo per praticità e nel caso dei biglietti acquistati in offerta, tanto da essere scelta di preferenza dalla maggior parte dei passeggeri, ma è un’eccezione più che la regola nel contesto europeo.

L’aeroporto di Parigi Orly, in Francia (AP Photo/Jacques Brinon)

Le compagnie aeree si possono permettere prezzi più bassi soprattutto grazie a due grandi esenzioni fiscali nell’Unione Europea. Il cherosene per gli aerei è generalmente esente da accise, quindi la principale fonte energetica del settore ha costi relativamente bassi rispetto a quelli in altri ambiti dei trasporti, e i biglietti aerei sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto (IVA). Da tempo si discute di rivedere le esenzioni, soprattutto per quanto riguarda quelle sui carburanti, non solo per rendere più equilibrata la concorrenza tra settori diversi dei trasporti, ma anche per ridurre le emissioni di gas serra visto che i treni ne producono in proporzione molti meno rispetto agli aerei.

Le differenze legate ai costi strutturali e alle agevolazioni fiscali incidono anche sulle strategie commerciali come i prezzi in promozione. Di solito una certa quota di biglietti per ogni viaggio viene venduta a prezzi inferiori a quelli base, a seconda della domanda e del momento dell’acquisto, in modo da assicurarsi che l’aereo o il treno siano il più possibile pieni. Grazie alle esenzioni, in media le compagnie aeree possono permettersi di offrire una piccola quantità di biglietti a prezzi estremamente bassi, in modo da attirare clienti, sapendo di poter recuperare con i prezzi standard applicati poi alla maggior parte dei passeggeri. Per i costi fissi che abbiamo visto prima, le compagnie ferroviarie non possono ridurre il prezzo così tanto, e questo spiega perché spesso le loro offerte sono in proporzione meno vantaggiose.

In un recente rapporto l’organizzazione ambientalista Greenpeace ha segnalato che viaggiare in treno in Europa è spesso più costoso che volare, con solo il 39 per cento delle rotte transfrontaliere più economico in treno, contro il 70 per cento di quelle nazionali, comunque con grandi differenze a seconda dei paesi. In Italia l’88 per cento dei collegamenti con altri paesi costa di più in treno, al di là dei tempi in alcuni casi confrontabili per il viaggio. Rispetto a due anni fa il rapporto ha rilevato un lieve miglioramento, ma ha segnalato la necessità di introdurre nuove regole in ambito europeo per incentivare l’utilizzo del treno, soprattutto per ridurre le emissioni di gas serra.

Le compagnie aeree sono ovviamente molto contrarie all’idea di rivedere gli incentivi fiscali per i carburanti: sostengono che i maggiori costi si rifletterebbero sul prezzo dei biglietti, gravando quindi sui passeggeri. Secondo alcuni analisti però potrebbe essere un modo per rendere più equa la concorrenza con il treno, con vantaggi per il sistema dei trasporti.

In Francia da un paio di anni è in vigore una legge che vieta i voli sulle tratte nazionali per le quali esiste un’alternativa ferroviaria che impiega meno di due ore e mezza. I collegamenti ferroviari devono essere sufficientemente frequenti e devono prevedere treni mattutini e serali, in modo da permettere a chi viaggia di trascorrere almeno otto ore nel luogo di destinazione, nel caso di un viaggio in giornata. La legge ha determinato la chiusura di alcune rotte aeree tra Parigi e le città di Lione, Nantes e Bordeaux, che erano comunque già poco frequentate e quindi con un impatto limitato.