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  • Domenica 12 ottobre 2025

Chi ci sarà al grande incontro in Egitto per il futuro della Striscia di Gaza

Lunedì si parlerà tra le altre cose del piano di pace di Trump e del dispiegamento di un contingente internazionale

Da sinistra, il genero e negoziatore di Trump Jared Kushner, il capo dei negoziatori americano Steve Witkoff e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, 9 ottobre 2025
Da sinistra, il genero e negoziatore di Trump Jared Kushner, il capo dei negoziatori americano Steve Witkoff e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, 9 ottobre 2025 (Egyptian Presidency Media Office via AP)
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Lunedì mattina si terrà a Sharm el Sheik, la località balneare sul mar Rosso in Egitto, un grande incontro internazionale sul futuro di Gaza e sull’applicazione del piano di pace di Donald Trump per la pace nella Striscia. È la più importante riunione internazionale su Gaza da quando è cominciata la guerra, ed è un segnale della forte pressione diplomatica sulla questione.

Secondo il governo egiziano l’incontro sarà presieduto dal presidente del paese, Abdel Fattah al Sisi, e dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Numerosi leader occidentali e mediorientali hanno già annunciato che parteciperanno: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico Keir Starmer, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez. Saranno presenti anche i leader o i ministri degli Esteri di Qatar, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Pakistan e Indonesia, tra gli altri.

Secondo fonti di Axios, invece, non saranno presenti né Israele né i rappresentanti di Hamas, tra le altre cose perché lunedì mattina è previsto lo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi, secondo gli accordi sul cessate il fuoco.

L’argomento della riunione è anzitutto l’applicazione della “fase due” del piano di pace di Trump. È la più difficile: dopo la “fase uno”, che prevede un cessate il fuoco, lo scambio di ostaggi e prigionieri e il parziale ritiro dell’esercito israeliano, la “fase due” riguarda il futuro politico della Striscia. Prevede, tra le altre cose, il disarmo di Hamas; la creazione di un governo palestinese “tecnocratico” che governi Gaza e di un “consiglio di pace” internazionale che lo sovrintenda; e il dispiegamento di una “forza di stabilizzazione internazionale” per mantenere la sicurezza.

La composizione e la gestione di questa “forza di stabilizzazione” sono tra i temi più attuali e urgenti e molti paesi stanno già valutando le truppe da inviare. Gli Stati Uniti invieranno 200 soldati, alcuni dei quali sono già arrivati in Israele negli scorsi giorni. Anche l’Italia parteciperà alla missione di stabilizzazione, e in questi giorni i giornali italiani hanno raccolto alcune ipotesi che il governo sta valutando. Si parla di rafforzare il piccolo contingente di carabinieri che già presidiano il varco di Rafah dal lato egiziano, di squadre per sminare il territorio, oltre che di operazioni di aiuti umanitari e sanitarie.

Secondo il piano Trump, la “forza di stabilizzazione” dovrebbe rimanere sul campo «nel lungo termine», e non dovrebbe soltanto occuparsi di mantenere la sicurezza, ma anche di addestrare le forze di polizia del futuro governo palestinese della Striscia.

Una manifestazione per gli ostaggi israeliani a Tel Aviv, Israele, 11 ottobre 2025

Una manifestazione per gli ostaggi israeliani a Tel Aviv, Israele, 11 ottobre 2025 (AP Photo/Francisco Seco)

La questione più complicata rimane quella politica. L’accordo per il cessate il fuoco a Gaza è stato raggiunto di fatto rimandando tutti i possibili ostacoli, che però andranno affrontati a breve. Benché il piano Trump preveda la smilitarizzazione di Hamas e la sua rimozione dal governo della Striscia, il gruppo ha già fatto sapere che non intende cedere il controllo della Striscia. La tenuta di lungo periodo del piano di pace sarà da verificare nei negoziati delle prossime settimane.

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