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  • Giovedì 9 ottobre 2025

Lo sport di Arianna Fontana e Steven Bradbury

Inizia oggi la stagione dello short track: una disciplina vivace e imprevedibile, le cui gare olimpiche si faranno senz’altro notare

L'ISU World Tour di short track nel febbraio 2025 a Tilburg, Paesi Bassi (Douwe Bijlsma/BSR Agency/Getty Images)
L'ISU World Tour di short track nel febbraio 2025 a Tilburg, Paesi Bassi (Douwe Bijlsma/BSR Agency/Getty Images)
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Insieme con pattinaggio di figura e pattinaggio di velocità, lo short track è una delle tre discipline di pattinaggio delle Olimpiadi invernali. Nelle sue gare più atleti o atlete gareggiano insieme su una pista lunga 111 metri, molti dei quali in curva. Lo potreste conoscere per Arianna Fontana, l’atleta italiana ad aver vinto più medaglie alle Olimpiadi invernali; o anche per Steven Bradbury, che vinse un oro olimpico perché fu l’unico rimasto in piedi dopo che caddero tutti quelli davanti, molto davanti, a lui.

Come mostrano i casi opposti di Bradbury e Fontana, il pattinaggio short track è senz’altro uno sport imprevedibile, ma anche uno in cui, come nel caso di Fontana, si può vincere per anni. Questo weekend inizia il World Tour, il suo principale circuito di gare, ed è una buona occasione per ripassare uno sport oggettivamente non molto popolare – non in Italia, almeno – eppure molto essenziale e avvincente. Peraltro pure facile da capire: si pattina in senso antiorario su varie distanze, le gare più brevi durano meno di un minuto e, semplicemente, vince il primo che arriva (o l’unico che resta in piedi).

Lo short track richiede potenza, tecnica e resistenza, ma anche capacità strategica e tattica nel capire come e dove posizionarsi con il passare dei giri (il pattinaggio di velocità è molto diverso e un po’ meno d’impatto perché si svolge su piste quattro volte più lunghe, e quasi tutte le gare sono a cronometro, senza sfide spalla-a-spalla).

Atleti e atlete dello short track passano gran parte delle gare curvati verso l’interno, tanto da appoggiare sul ghiaccio una mano (protetta da un apposito guanto), e raggiungendo una velocità vicina ai 50 chilometri orari. Le gare individuali sono su tre distanze: 500, 1.000 e 1.500 metri; quelle a staffetta arrivano fino ai 5mila. Nelle gare prima delle finali si gareggia in cinque o in sette, e solo i primi due si qualificano alla fase successiva.

Il riflesso di un atleta sul ghiaccio, nel 2024 a Pechino, in Cina (AP Photo/Andy Wong)

Mentre sono già in corso le stagioni di hockey e curling, questo weekend inizia anche quella dello short track. Comincia a Montreal, in Canada, con la prima delle quattro tappe del World Tour, l’insieme di gare di livello mondiale che in altri sport è noto come Coppa del Mondo (per differenziarlo dal Mondiale, che invece è un singolo evento).

A Montreal ci saranno sia la prima che la seconda tappa (questo weekend e il successivo), mentre la terza e la quarta saranno a novembre a Danzica, in Polonia, e a Dordrecht, nei Paesi Bassi. Ci sono solo quattro tappe perché questa è una stagione olimpica; l’anno scorso non erano state comunque molte di più (sei).

Il World Tour – che finirà quindi tra meno di due mesi – assegna la Sfera di cristallo, che come in molte altre discipline invernali è il principale trofeo stagionale. Quest’anno sarà importante anche perché è grazie ai risultati nel World Tour che pattinatori e pattinatrici potranno guadagnarsi un posto alle Olimpiadi.

Per cercare di attirare un po’ l’attenzione – un tema comune a molti sport invernali – già l’anno scorso l’ISU, la federazione mondiale del pattinaggio, decise di cambiare i nomi alle nazionali. Si parla quindi di Dutch Lions per la squadra dei Paesi Bassi, di Korean White Tigers per la Corea del Sud e di Italian Gladiators per la squadra italiana.

Nella storia olimpica dello short track, iniziata nel 1992, nessun paese ha fatto meglio della Corea del Sud, che ha vinto più del doppio delle medaglie d’oro del secondo miglior paese, la Cina. Ma anche l’Italia non se l’è cavata male con 15 medaglie, molte delle quali vinte da Fontana.

Ci sono però segnali del fatto che le gerarchie stanno cambiando. Nella passata edizione del World Tour il miglior paese è stato, per distacco, il Canada, in particolare grazie alle vittorie di William Dandjinou, senz’altro l’atleta da iniziare a conoscere anche in vista delle Olimpiadi invernali.

William Dandjinou nel 2024 a Rotterdam, nei Paesi Bassi (Joris Verwijst/BSR Agency/Getty Images)

Dandjinou ha vinto la Sfera di cristallo generale (relativa a tutte le distanze) ed è stato l’unico, nella passata stagione, a vincere almeno una gara su ognuna delle tre distanze individuali (500, 1.000 e 1.500). Figlio di madre canadese e di padre ivoriano emigrato in Canada negli anni Novanta, Dandjinou ha 24 anni e ha iniziato a pattinare da bambino dopo aver visto in tv le Olimpiadi invernali di Torino 2006. Nel 2022 fu scelto come prima riserva della squadra canadese, ma non partecipò a nessuna gara; per le Olimpiadi di Milano-Cortina è tra i principali favoriti in tutte le gare.

Oltre a essere quello da conoscere, Dandjinou è anche facile da riconoscere: in uno sport in cui è ritenuto preferibile non essere troppo alti, è alto 1 metro e 90 centimetri.

A livello femminile è più difficile trovare un solo nome, e tra le atlete da tenere d’occhio c’è senz’altro anche Fontana, che ha 35 anni e potrebbe essere l’unica atleta a partecipare sia alle Olimpiadi invernali di Torino 2006 (allora aveva 16 anni) che a quelle di Milano-Cortina 2026.

Tra l’altro – ma questo era meglio scriverlo alla fine per non confondere le idee – Fontana potrebbe partecipare alle Olimpiadi del 2026 anche nel pattinaggio di velocità, oltre che nello short track. Oltre alla difficoltà di qualificarsi, nel caso dovrebbe però anche gestire la parte logistica. Per fortuna le gare dei due pattinaggi saranno entrambe a Milano, però in posti diversi: lo short track al Forum di Assago; il pattinaggio di velocità, quello su pista da 400 metri, a Rho Fiera. Il piano originale era di farli nel rinnovato stadio del ghiaccio di Baselga di Piné, in provincia di Trento, ma i ritardi nei lavori e l’aumento dei costi hanno fatto cambiare idea agli organizzatori (lo stadio del ghiaccio verrà comunque ristrutturato, ma non sarà usato per le Olimpiadi).

– Leggi anche: Steven Bradbury, l’ultimo rimasto in piedi