Le elezioni in Calabria tolgono almeno due convinzioni al centrosinistra
Nel PD sembra un po' finita la spinta portata da Elly Schlein, mentre il M5S d'ora in poi avrà un argomento di propaganda in meno

Giovedì scorso, parlando con alcuni colleghi alla Camera, il deputato del Partito Democratico Nico Stumpo, dirigente storico del centrosinistra calabrese, dava per certa la sconfitta di Pasquale Tridico alle imminenti elezioni regionali. «Bisogna capire solo se si perde di parecchio, o di tanto», diceva ironicamente. Alla fine Tridico, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e candidato del centrosinistra, ha perso di tantissimo: è stato distaccato di quasi 18 punti percentuali da Roberto Occhiuto, presidente uscente di centrodestra riconfermato con un consenso che sta intorno al 58 per cento.
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La sconfitta era attesa, ma forse non in queste proporzioni, e toglie consistenza a due convinzioni dei principali partiti del centrosinistra che sembravano più o meno solide. Per il Partito Democratico le elezioni in Calabria sono un’ulteriore conferma che è ormai piuttosto flebile il cosiddetto “effetto Schlein”, cioè un effetto positivo sull’elettorato portato dal nuovo corso della segretaria Elly Schlein, in carica da più di due anni e mezzo. Se anche inizialmente c’è stata, quella spinta è venuta meno.
Il PD è tornato più o meno sulle percentuali di consenso che gli sono abituali: l’approccio più radicale e di sinistra di Schlein su alcuni temi forse ha fatto guadagnare qualche voto nell’elettorato più identitario, che dopo aver sostenuto il M5S o altri partiti di sinistra è tornato a votare per il PD; allo stesso tempo però ha allontanato in una misura grosso modo simile un po’ di elettorato più moderato. Il risultato è un saldo quasi nullo. Il PD in Calabria ha preso il 13,6, poco più delle scorse regionali del 2021, quando prese il 13,2 per cento.
Schlein è diventata segretaria nel febbraio del 2023, dopo la grande delusione per la sconfitta elettorale del PD guidato da Enrico Letta alle elezioni politiche del settembre precedente (quelle vinte dalla destra ora al governo). Ma già in quell’occasione il PD in Calabria aveva ottenuto il 14,4 per cento, un risultato del tutto simile a quello di queste regionali. Solo alle europee del 2024 c’era stata una lieve crescita (15,9 per cento).
Ovviamente alle regionali le cose sono un po’ condizionate da questioni locali: al risultato della lista del PD, stavolta, andrebbe sommato almeno in parte quello della lista Democratici Progressisti, che ha ottenuto il 4,6 per cento, ma che ha in realtà al suo interno parecchi esponenti dell’ala più moderata del partito, per così dire i meno schleiniani, oltre ad altri candidati del Partito Socialista o ex renziani. Sono comunque persone che nel 2021 si presentarono con altre liste.
Nel complesso, al di là di minime variazioni, e pure tenendo conto dei diversi sistemi di voto nelle diverse elezioni, si può dire che il PD in Calabria è sostanzialmente rimasto dove stava. Tra il 2021 e il 2024, in valore assoluto, i voti ottenuti dal PD nella regione sono sempre oscillati tra i 100 e 103mila: e anche stavolta sono stati poco più di 103mila. D’altra parte già alle politiche del 2018 il PD, ancora guidato da Matteo Renzi, aveva ottenuto in Calabria il 14,4 per cento. Questa sembra insomma la sua dimensione difficilmente modificabile, in quella regione.
L’indebolimento della spinta portata da Schlein comunque non è una questione solo calabrese. Nelle Marche, la settimana scorsa, il PD ha preso il 22,5 per cento dei voti, a cui bisognerebbe aggiungere una parte del 7 per cento ottenuto dalla lista personale del candidato del centrosinistra Matteo Ricci, in cui c’erano diversi esponenti del PD locale. In quel caso c’è stata una certa crescita rispetto al 20,3 per cento delle elezioni politiche del 2022, che era stato particolarmente negativo, ma il PD è in sostanza tornato anche lì ai suoi consensi abituali: alle regionali del 2020 aveva preso il 25,1 per cento e alle europee del 2024 il 25,5.
Sia alle regionali in Liguria sia in quelle in Umbria, tra l’ottobre e il novembre del 2024, le liste del PD avevano ottenuto consensi in netta crescita rispetto alle regionali precedenti, e migliori anche rispetto a quelli ottenuti dal partito di Schlein alle europee di pochi mesi prima. In queste prime elezioni regionali del 2025 (si voterà ancora in quattro regioni, da qui alla fine dell’autunno) l’effetto si è parecchio ridimensionato.
Anche il Movimento 5 Stelle, però, ha avuto una grossa delusione: sia in termini di consenso, sia perché il risultato calabrese toglie definitivamente un argomento di propaganda a cui finora i dirigenti del partito di Giuseppe Conte erano spesso ricorsi. La tesi era che il cosiddetto “campo largo”, cioè l’alleanza progressista che ha il suo nucleo fondamentale proprio nell’accordo tra PD e M5S, riuscisse a vincere le regionali solo quando sosteneva un candidato del M5S, o un civico comunque lontano dall’apparato storico del centrosinistra.
In Sardegna e in Umbria, cioè le uniche regioni che questa alleanza ha sottratto alla destra, le candidate erano state appunto l’ex sottosegretaria del M5S Alessandra Todde e l’ex sindaca di Assisi, legata al mondo cattolico e pacifista, Stefania Proietti. Al contrario il campo largo aveva perso in Liguria dov’era stato candidato Andrea Orlando, e nelle Marche con Matteo Ricci, entrambi del PD, solo per stare ai due casi più recenti. Tridico è ex presidente dell’INPS (l’istituto nazionale per la previdenza sociale) vicino a Conte, ha una certa notorietà per aver gestito l’introduzione del reddito di cittadinanza ed è europarlamentare del M5S dal 2024, quando ottenne quasi 120mila voti: era insomma un candidato forte, e la sua sconfitta toglie molti argomenti a questa tesi (pur molto politica e propagandistica).
Già nei giorni scorsi i parlamentari del M5S mettevano un po’ le mani avanti, quando gli si chiedeva di questa faccenda: dicevano che senza Tridico si sarebbe rischiata una sconfitta ancora peggiore, ma alla fine è stata molto netta, di quasi 20 punti; e dicevano anche che stare in alleanza col PD aveva impedito al M5S calabrese di insistere, e in caso speculare, sulla faccenda giudiziaria in cui è coinvolto Occhiuto, indagato per corruzione.
Non solo. Il M5S ha spesso lamentato la propria difficoltà a mobilitare il proprio elettorato per portarlo a votare un candidato che non fosse espressione del Movimento stesso. Questa volta, con un candidato molto caro alla base del M5S come Tridico, il partito di Conte ha ottenuto un risultato piuttosto misero, il 6,43 per cento, pressoché identico a quello ottenuto alle regionali del 2021 (6,48 per cento). All’epoca il M5S era in coalizione nel campo largo a sostegno di una candidata civica vicina al PD, Amalia Bruni.
Il terzo dato politico emerso da queste regionali è che in Calabria sono andati meglio i partiti più moderati delle coalizioni. Nel centrosinistra il PD ha preso più del doppio del M5S, nonostante il candidato presidente fosse proprio del Movimento, e Italia Viva di Matteo Renzi (più centrista) ha preso il 4,5 per cento, un punto in più di Alleanza Verdi e Sinistra (che è il partito più a sinistra della coalizione). Nella destra il primo partito è stato ampiamente Forza Italia, anche in questo caso il più moderato della coalizione, che ha preso intorno al 17,5 per cento: è un dato già di per sé notevole, e ancora di più se si considera che la lista di Occhiuto da sola ha preso il 13 per cento.
Fratelli d’Italia e Lega hanno preso rispettivamente appena sopra e appena sotto il 10 per cento: un buon risultato per la Lega e un po’ meno buono per FdI, che alle politiche del 2022 in Calabria aveva preso il 25 per cento (ma poco meno del 9 per cento alle regionali del 2021).



