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  • Venerdì 3 ottobre 2025

La birra più popolare in Giappone sta finendo

Da lunedì la Asahi ha interrotto la produzione a causa di un attacco informatico, e non si sa quando potrà ripartire

Un izakaya di Tokyo con una pubblicità della birra Asahi, sulla sinistra (Buddhika Weerasinghe/Getty Images)
Un izakaya di Tokyo con una pubblicità della birra Asahi, sulla sinistra (Buddhika Weerasinghe/Getty Images)
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Nel giro di pochi giorni in Giappone i negozi di alimentari, i supermercati e i tipici bar izakaya rimarranno senza scorte di Asahi Super Dry, la birra giapponese più popolare. La produzione nella maggior parte dei 30 stabilimenti giapponesi è infatti ferma da lunedì, quando l’azienda ha detto di aver subìto un attacco informatico che ha compromesso il sistema per gli ordini e le consegne, oltre alle operazioni di call center, incluso il servizio clienti.

L’azienda non ha reso noti molti dettagli, e ha detto di non sapere quando la produzione potrà riprendere. Nel frattempo ha avviato una piccola sperimentazione per processare ordini e consegne attraverso un sistema non digitalizzato, che rischia però di essere troppo lento per la quantità di richieste. Ha inoltre sospeso il lancio di nuovi prodotti.

Oltre alla birra, che è il suo prodotto più amato e conosciuto, Asahi produce altre bibite in bottiglia, il whisky Nikka e alcuni prodotti alimentari, che potrebbero cominciare a loro volta a sparire dagli scaffali dei negozi nei prossimi giorni. In Europa Asahi è proprietaria di Peroni Nastro Azzurro, la cui produzione però non è stata impattata dall’attacco informatico.

Nell’ultimo periodo sono aumentati gli attacchi informatici a grosse aziende in tutto il mondo. Soltanto la settimana scorsa è ripresa parzialmente la produzione nei siti britannici di Jaguar Land Rover, dopo un mese di interruzione che aveva messo in crisi l’azienda e tutto l’indotto, tanto che era intervenuto il governo con garanzie sui prestiti per quasi due miliardi di euro.

Solo in Giappone gli attacchi ransomware (cioè quelli realizzati con un software che permette di arrivare ai dati contenuti nei server e tenerli bloccati con l’obiettivo di chiedere un riscatto) sono stati 222 nel 2024, il 12 per cento in più dell’anno precedente. Secondo la polizia giapponese, in circa la metà dei casi c’è voluto almeno un mese per recuperare i dati persi negli attacchi. Non è stato ancora reso noto, comunque, se quello ad Asahi sia stato un attacco ransomware o di altro tipo.