Morire dal ridere, letteralmente
Storie di come in rarissimi casi un'innocua risata può diventare l'ultima

In una delle ultime scene del film Mary Poppins, viene annunciato che il decrepito Bentley Dawes, il direttore della banca, è morto a causa delle troppe risate. La notizia non sembra turbare più di tanto i protagonisti del film, che si apprestano a salutare la tata pronta a riprendere il volo con il suo ombrello. Nel tempo però quella scena ha probabilmente contribuito a instillare nei molti bambini che l’hanno vista il dubbio: si può veramente morire dal ridere o è solo un modo di dire?
Il riso è una delle reazioni nervose più comuni e frequenti, ma è estremamente raro che una risata causi la morte di una persona. Il fenomeno è stato comunque indagato e nella letteratura scientifica si trovano riferimenti al fenomeno, per quanto i casi siano aneddotici e non sempre facilmente riconducibili a una risata letale. In generale, comunque, con queste morti c’entrano il modo in cui ridiamo e la presenza di altri problemi di salute.
Dal punto di vista neurologico e psicologico i benefici del riso sono evidenti da tempo. Ridere contribuisce a far ridurre gli ormoni associati allo stress, come il cortisolo, abbassa la pressione sanguigna e migliora l’ossigenazione del sangue, con effetti positivi sul sistema cardiocircolatorio. Favorisce inoltre la produzione di serotonina, una sostanza che ha un ruolo importante nella regolazione dell’umore. L’ilarità moderata di cui abbiamo esperienza nel quotidiano ha effetti positivi (per quanto difficili da misurare) sulla salute, ma se diventa eccessiva può avere un impatto negativo e in alcuni casi davvero mortale.
In rare circostanze si può avere una sincope indotta dal ridere, cioè una condizione in cui si sviene a causa di una risata intensa e prolungata che modifica la pressione all’interno del torace. Questa variazione stimola il nervo vago, che oltre ad avere un ruolo centrale nel trasmettere i segnali tra il cervello e molti organi interni è anche coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna. È proprio quest’ultima a ridursi e a dare una sensazione iniziale di lieve stordimento, che può poi progredire verso lo svenimento vero e proprio perché arriva meno sangue al cervello.
Di solito una sincope dura pochi secondi, ma in alcuni casi possono essere sufficienti per farsi male, per esempio se con lo svenimento si perde l’equilibrio e si sbatte la testa da qualche parte. È improbabile, ma non impossibile, che una risata inneschi una serie di eventi che porta infine alla morte.
Nel 1965 un giornale raccontò il caso di un falegname nelle Filippine che aveva iniziato a ridere senza sosta dopo avere raccontato una barzelletta ai propri amici. A forza di ridere era svenuto ed era stato poi trasportato di urgenza in ospedale, ma senza che i medici potessero fare nulla per rianimarlo. La storia fu poi ripresa da altri giornali, ma è difficile stabilire quanto fossero attendibili le testimonianze di chi aveva assistito alla scena.
Tra i primi casi certi di sincope indotta dal ridere in letteratura scientifica c’è invece quello del 1997 di una persona di 62 anni che svenne più volte mentre guardava un episodio di Seinfeld, una delle più famose e apprezzate sitcom statunitensi. La persona in questione era ipertesa e aveva alcuni problemi di cuore, ma riuscì a superare la crisi che fu poi definita “sincope da Seinfeld” (in un episodio della serie, Jerry Seinfeld fa effettivamente morire una persona con una battuta).
Un’altra serie comica, The Goodies, prodotta da BBC, fu a lungo considerata la causa primaria della morte di un uomo nella primavera del 1975. Aveva iniziato a ridere guardando un episodio della sitcom e, secondo le cronache, aveva continuato a farlo per quasi mezz’ora, fino a quando si era accasciato sul divano ed era morto di crisi cardiaca. I medici la classificarono come una probabile morte da risata, ma circa quarant’anni dopo si scoprì che una sua nipote soffriva di una condizione cardiaca congenita. Ulteriori analisi fecero quindi ipotizzare che l’uomo avesse lo stesso problema e un cuore di per sé già vulnerabile, che avrebbe ceduto in quell’occasione.
Una risata può scatenare o peggiorare i sintomi dell’asma nelle persone predisposte, perché ridere modifica bruscamente il ritmo e la frequenza con cui si respira, con cambiamenti che possono innescare un attacco di asma. Uno studio su un centinaio di pazienti asmatici ha segnalato che il 40 per cento circa di loro aveva avuto episodi di asma dopo essersi messo a ridere. Un attacco di asma non è di per sé letale, ma se si viene colti alla sprovvista e non si dispone subito di un inalatore si può rischiare la vita.
Ci possono poi essere condizioni neurologiche che inducono il riso, anche se non si è in presenza di qualcosa di comico o divertente. Le crisi gelastiche (dalla parola greca per il riso “gelastikos”) sono una forma particolare di epilessia, che induce le persone ad avere scoppi improvvisi e incontrollati di riso a causa di un’attività elettrica anomala in alcune aree del cervello come l’ipotalamo. Il riso può manifestarsi come sintomo di numerosi altri problemi neurologici dovuti a traumi subiti oppure a malattie degenerative come alcune forme di sclerosi multipla.
Probabilmente il morto dal ridere più famoso della storia fu Crisippo di Soli, il filosofo e matematico greco che visse nel terzo secolo avanti Cristo. Diogene Laerzio raccontò che Crisippo morì dal ridere dopo aver visto un asino che mangiava dei fichi a lui destinati e aver detto alla propria schiava di dare del vino all’animale per aiutarlo a deglutirli. La storia nel tempo si arricchì di altri dettagli fantasiosi, ma non ricevette mai conferma, anche perché nello stesso resoconto Diogene Laerzio segnalava che Crisippo fosse morto dopo aver bevuto troppo vino.
L’idea di morire dal ridere era comunque attestata già da tempo nell’antica Grecia. Qualche secolo prima di Crisippo, circolava la storia secondo cui il pittore Zèusi fosse morto dopo avere osservato un proprio dipinto. Un’anziana signora gli aveva chiesto di dipingerla come la dea Afrodite e, dopo avere visto il risultato, Zèusi era scoppiato a ridere senza riuscire a trattenersi e morendo dalle risate. Nel diciassettesimo secolo, il pittore olandese Aert de Gelder disegnò un proprio autoritratto immaginando di essere Zèusi intento a ritrarre «una brutta vecchia», che faceva da modella come Afrodite.

Autoritratto come Zèusi che ritrae una brutta vecchia di Aert de Gelder (Wikimedia)
Anche di Pietro Aretino, poeta e scrittore italiano del sedicesimo secolo, si disse che morì dal ridere, ma non ci sono molti elementi per confermare questa circostanza. Secondo altre fonti morì a causa di un’ischemia cerebrale, quindi a causa di uno scarso afflusso di sangue al cervello.
Non ci sono invece casi clinici riconducibili con certezza a morti per soffocamento per una risata incontrollabile e prolungata. Un caso di questo tipo sarebbe facilmente attribuibile alla risata, ma è probabilmente nell’immaginario di molti per via di alcune scene nei film e nelle serie televisive. Una delle più famose è nello sketch “La barzelletta più divertente del mondo” della serie televisiva britannica Monty Python’s Flying Circus della fine degli anni Sessanta. Racconta la storia di una barzelletta che fa morire dal ridere chiunque la legga o la senta raccontare.
Tra i protagonisti dello sketch c’era anche John Cleese, uno degli autori della serie e famoso attore comico, che una ventina di anni dopo scrisse la sceneggiatura del film Un pesce di nome Wanda, finendo suo malgrado a doversi confrontare con una presunta morte da risata nel mondo reale. Durante una delle prime proiezioni del film, un danese di 71 anni si sentì male a forza di ridere e morì in sala. In seguito fu stabilito che fosse morto a causa di una fibrillazione cardiaca, forse indotta dalle prolungate risate. Cleese, che nella finzione dello sketch dei Monty Python era morto dal ridere, pensò di sfruttare la storia dello spettatore danese per promuovere il suo film, ma alla fine rinunciò ritenendo che sarebbe stato di cattivo gusto.



