Il governo è molto preoccupato che la Flotilla avanzi verso Gaza
Sa che deve tutelare le molte persone italiane a bordo, ma di mezzo ci sono anche i rapporti con Israele

Giovedì mattina il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato prima alla Camera e poi al Senato degli ultimi attacchi subiti nella notte tra il 23 e il 24 settembre dalla Global Sumud Flotilla, la grande iniziativa civile per portare cibo e altri beni essenziali nella Striscia di Gaza. Al momento dell’attacco le barche si trovavano a sud dell’isola di Creta, nel Mediterraneo.
Crosetto ha condannato l’accaduto, aggiungendo che «il clima è preoccupante»: ha detto tra le altre cose che il governo non potrà garantire la sicurezza degli attivisti nel momento in cui le barche dovessero lasciare le acque internazionali ed entrare in quelle controllate da Israele con il blocco navale imposto davanti alla Striscia di Gaza (che è l’obiettivo della Flotilla). Israele considera la forzatura del blocco navale un «atto ostile», e per questo Crosetto dice che il governo italiano non potrebbe prevenirne le conseguenze.
Il ministro ha poi ripetuto la proposta anticipata ieri ad alcuni giornalisti dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a New York per l’Assemblea generale dell’ONU. Il governo propone di far arrivare a Gaza il cibo e i beni essenziali trasportati dalla Flotilla, circa 40 tonnellate, facendoli passare da Cipro, dove c’è una sede (tecnicamente chiamata “vicariato”) del patriarcato di Gerusalemme. Nella mediazione sono coinvolti anche il patriarca di Gerusalemme, l’italiano Pierbattista Pizzaballa, e la Conferenza episcopale italiana, presieduta dal cardinale Matteo Zuppi. Nel primo pomeriggio di giovedì la Flotilla ha però fatto sapere che non accetta la proposta.
Durante l’informativa alla Camera Crosetto ha ripetuto che l’obiettivo è raggiungere «il massimo risultato» senza che nessuno si faccia male. Il governo vorrebbe insomma che la Flotilla si fermasse, principalmente per due ragioni: per garantire l’incolumità dei partecipanti alla spedizione, tra cui ci sono anche parlamentari ed europarlamentari italiani, e per non fomentare tensioni con Israele. Sono entrambe opzioni che metterebbero in difficoltà il governo, e che quindi il governo vuole evitare. La Flotilla è già stata colpita tre volte finora, e con crescente intensità.
Ieri Crosetto ha inoltre annunciato l’invio verso la Flotilla di una nave della Marina Militare che era in navigazione a nord di Creta, la fregata Fasan. Ha specificato che l’invio è stato deciso in accordo con lo stato maggiore della Difesa e con Meloni, e che la nave servirà solo per «un’eventuale attività di soccorso, assistenza e protezione», e non per scopi militari. Non interverrà quindi per prevenire eventuali attacchi alle barche della Flotilla, né soprattutto ha intenzione di rompere il blocco navale della Striscia o di scontrarsi in qualsiasi modo con Israele, che il governo italiano considera un paese amico. Sempre con questi criteri, il ministro ha annunciato oggi l’invio di un’altra nave militare nei paraggi della Flotilla, la Alpino, che sostituirà la Fasan. Anche la Spagna invierà una nave per dare assistenza alla Flotilla.

La nave militare spagnola Furor che la Spagna manderà per assistenza alle barche della Flotilla, attraccata a Cartagena il 25 settembre 2025 (EPA/MARCIAL GUILLEN via ANSA)
C’è però una questione non da poco che riguarda le navi militari italiane. Evidentemente sarebbe assurdo se Israele, che peraltro è stato informato in anticipo del loro invio verso la Flotilla, provasse a contrastarle in qualche modo, e non ci sono ragioni per ipotizzare che voglia farlo.
Tuttavia, se per esempio un drone colpisse anche solo per errore una nave militare italiana, allora quello sarebbe considerabile come «un attacco armato contro l’Italia, con tutte le conseguenze che ne derivano», spiega Andrea de Guttry, professore emerito di diritto internazionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Stando al diritto internazionale, in risposta a un’azione di questo genere l’Italia avrebbe facoltà di difendersi e quindi di abbattere quel drone. Teoricamente potrebbe anche rispondere a sua volta con un attacco verso il luogo preciso da cui è stato fatto decollare il drone, se questo fosse una base militare e se ci fosse la certezza della sua provenienza.
Sono ragionamenti che servono a dare la dimensione della gravità che avrebbe un colpo arrivato anche solo per errore a una nave militare italiana, ma naturalmente non c’è niente che lasci pensare che l’Italia reagirebbe in modo simile. È certo però che il governo non voglia trovarsi in quella situazione.
Il diritto internazionale vieta gli attacchi in acque internazionali a imbarcazioni civili come quelle della Flotilla, che oltretutto ora non stanno violando alcuna regola. In alto mare esiste la cosiddetta libertà di navigazione, tale per cui sostanzialmente tutti possono circolare rispettando le norme internazionali. Ogni Stato “di bandiera”, cioè quello in cui le imbarcazioni si sono registrate, è tenuto ad assicurarsi che le sue barche e navi le rispettino. «Solo in casi sospetti di tratta degli schiavi, pirateria e trasporto di sostanze stupefacenti un’imbarcazione può essere fermata da qualunque Stato per verificarlo», dice de Guttry.
Meloni non ha polemizzato apertamente con Crosetto per la decisione di mandare le navi militari, ma mercoledì dopo avere condannato gli attacchi se l’è presa con gli attivisti della Flotilla e i parlamentari a bordo delle barche. Ha detto che «tutto questo è gratuito, pericoloso e irresponsabile» e che «non si possono fare azioni che sembrano fatte apposta per mettere in difficoltà il governo italiano». Oggi la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha accusato Meloni di «megalomania», ricordando che con la Flotilla viaggiano persone provenienti da 44 paesi diversi, e l’ha esortata a convocare l’ambasciatore israeliano. Dopo l’ultimo attacco di mercoledì, le vicende della Flotilla hanno innescato molte polemiche tra i rappresentanti del governo e le opposizioni.
La Global Sumud Flotilla è un’iniziativa civile avviata per portare cibo e altri beni essenziali nella Striscia di Gaza, con l’obiettivo di rompere il blocco navale imposto da Israele. È composta da decine di barche partite nelle scorse settimane da vari paesi (Italia, Spagna, Grecia, Tunisia). Le barche partite dall’Italia e dalla Tunisia si trovano ora a sud di Creta, dove erano attese dalle sei salpate dalla Grecia.
In un comunicato diffuso mercoledì la Flotilla ha detto che doveva finire di valutare i danni alle barche dovuti agli attacchi degli ultimi giorni e che l’intenzione era ripartire a breve con tutte le barche insieme per Gaza. Giovedì invece ha detto di avere informazioni sufficienti per ritenere che Israele possa attaccare la flotta nelle prossime 48 ore con armi che potenzialmente potrebbero affondare le barche e uccidere le persone a bordo. Durante la conferenza stampa convocata alle 15 non sono state date tuttavia maggiori informazioni al riguardo, nonostante le numerose domande dei giornalisti: è stata nominata una lettera arrivata da un ministero del Lussemburgo, ma non è stato detto quale né cosa di preciso contenesse la lettera.
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