Il problema delle gite scolastiche non è solo la burocrazia
È cambiata la legge ma soprattutto mancano gli insegnanti, che hanno enormi responsabilità e non vengono retribuiti

Lo scorso maggio è scaduta la seconda deroga a una norma che rende molto complicato dal punto di vista burocratico organizzare le gite scolastiche. Dal 2023 infatti la legge obbliga le scuole a ricorrere a gare d’appalto pubbliche per gite la cui spesa è superiore a 140mila euro, con tutta l’intricata burocrazia che ne deriva, che nessuna scuola pubblica italiana ha né il personale né le competenze necessarie per seguire. Ora che la deroga è scaduta le scuole dovranno adeguarsi: già lo scorso settembre, con la scadenza della prima, la programmazione delle gite si era in molti casi fermata.
Mercoledì il ministero dell’Istruzione e del Merito ha comunicato in una nota che durante l’estate sono stati formati dei funzionari che cominceranno a operare negli Uffici Scolastici Regionali per aiutare le scuole con gli adempimenti. Ha aggiunto che sta lavorando a una piattaforma online sulla quale dal 2026 si potrà scegliere l’agenzia di viaggi a cui appoggiarsi per l’organizzazione dell’itinerario della gita, delle strutture in cui alloggiare e delle attrazioni da visitare.
La burocrazia però non è l’unico impedimento all’organizzazione delle gite scolastiche, in particolare quelle che durano più giorni e che tecnicamente si chiamano viaggi d’istruzione. Nelle scuole infatti una delle prime cose che la commissione per le gite scolastiche si occupa di verificare, già nei primi mesi dall’anno scolastico, è che ci siano insegnanti disponibili a fare da accompagnatori, visto che non è un loro obbligo contrattuale.
Proprio perché la partecipazione alle gite non è vincolante – e quindi i rifiuti degli insegnanti non vengono verbalizzati – non ci sono dati ufficiali del ministero, dei sindacati né delle singole scuole sull’andamento della partecipazione dei professori alle gite durante gli anni. Tuttavia i docenti che nel tempo si sono occupati dell’organizzazione delle gite sentiti dal Post hanno raccontato che trovare gli accompagnatori è difficile. Anche secondo un sondaggio dell’Osservatorio di Skuola.net, nel 2025 il problema più comune degli studenti che non sono andati in gita (cioè metà degli studenti intervistati, tra medie e superiori) è stata l’indisponibilità dei professori ad accompagnarli.
I motivi sono principalmente due. Il primo è che, pur lavorando molte più ore al giorno, gli insegnanti non sono pagati di più per i giorni in cui accompagnano le classi in viaggio. Il secondo è che le responsabilità sono percepite da molti come insostenibili: spesso chi evita le gite lo fa perché non si sente tutelato e teme possibili conseguenze legali e morali in caso di incidenti.
La scorsa settimana l’ANIEF, Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori, ha presentato al Senato, tra altre richieste, anche quella di assicurare un compenso agli insegnanti che accompagnano gli studenti nei viaggi d’istruzione. In particolare il sindacato vorrebbe ripristinare l’indennità di missione, pari a 50 euro l’ora, che dal 2006 il personale scolastico non riceve più – contrariamente a tanti altri impiegati della pubblica amministrazione.
Al momento non solo gli insegnanti non ricevono compensi per le gite scolastiche, ma spesso questi comportano una spesa, perché anche se fanno richiesta di un rimborso spese, succede molto spesso che la somma rimborsata sia parziale. È dato per scontato che almeno un pasto sia a loro carico – di solito il pranzo, che non è compreso nella mezza pensione degli hotel, la formula più diffusa per i viaggi di istruzione. La spesa può quindi diventare alta, in un viaggio di più giorni.
Il problema dell’eccessiva responsabilità riguarda diversi aspetti. I docenti sentiti dal Post hanno citato per esempio la condizione degli alberghi in cui alloggiano gli studenti, che non sempre è facile valutare solo dalle fotografie e dalle descrizioni fornite dalla struttura, dice Lucia Donat Cattin, docente e adesso dirigente scolastica di un Istituto comprensivo a Garbagnate Milanese. Può capitare, per esempio, che una volta arrivati si scopra che i balconi dell’albergo hanno ringhiere troppo basse o che quelli di due stanze adiacenti siano così vicini da permettere agli studenti di passare da una camera all’altra con grossi rischi per la loro incolumità. «Quando accompagnavo i miei studenti non li lasciavo senza sorveglianza neanche di notte, il letto per dormire lo vedevo forse col binocolo. Facevo la doccia e poi ero di nuovo in giro per l’albergo, con i colleghi spesso facevamo i turni», racconta Giorgio La Placa, professore di Catania.
Una nota ministeriale negli ultimi anni ha creato parecchia preoccupazione e ambiguità perché sembrava che fra le responsabilità dei docenti accompagnatori ci fossero anche quelle di controllare se il mezzo di trasporto utilizzato durante la gita, come per esempio il pullman, fosse sicuro e che l’autista fosse competente e idoneo a guidare. «È come se i docenti fossero responsabili di controllare che le ruote del pullman non siano lisce e che l’autista sia sobrio, insieme a tutta una serie di controlli che sono molto al di là delle competenze del mestiere del docente» dice Donat Cattin.
Il ministero ha poi creato una pagina dove ha risposto direttamente ad alcune domande sulla circolare e spiega che i docenti e le scuole non hanno «nuove responsabilità», ma che comunque spetta alla scuola richiedere alla ditta incaricata del trasporto, insieme al preventivo, i documenti che attestino la regolarità dei mezzi. Inoltre si specifica che gli insegnanti sono invitati a segnalare alla polizia eventuali comportamenti a rischio, se ne osservano.
Il costo della gita è poi un altro motivo per cui è diventato più difficile organizzarle. Le capitali europee per esempio sono diventate una meta molto costosa, specialmente dopo la pandemia. Donat Cattin racconta che molte volte le gite più lunghe, quelle per le classi di alunni più grandi, un tempo duravano cinque giorni ma adesso vengono ridotte a quattro. A volte, proprio per il costo, non si raggiunge la soglia minima dei partecipanti, solitamente fissata a tre quarti della classe, perché la finalità del viaggio d’istruzione è sempre quella di portare in gita il maggior numero possibile di alunni. In quel caso generalmente la gita salta perché le scuole non riescono quasi mai a garantire un contributo economico per tanti alunni.
La difficoltà nel districarsi nella burocrazia degli appalti pubblici inoltre non riguarda poi solo le scuole, ma anche le agenzie di viaggio che vogliono partecipare alle gare d’appalto: «Il sistema negli ultimi anni è cambiato in maniera esagerata, e la burocrazia è una giungla, ogni volta», racconta la titolare di un’agenzia di viaggi in provincia di Torino. Il processo, oltre a essere burocraticamente estenuante, prevede a volte anche costi, un grande investimento di tempo e a volte di personale che si occupi esclusivamente della preparazione dei preventivi per queste gare, che non è detto che verranno vinte.



