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  • Venerdì 12 settembre 2025

Cosa c’è nel testamento di Giorgio Armani

Una decisione storica che permetterà di vendere parte dell'azienda, ma anche un palazzo in centro a Milano con dentro due zanne di elefante

Giorgio Armani dopo una sfilata a Milano, 14 gennaio 2023 (AP Photo/Luca Bruno)
Giorgio Armani dopo una sfilata a Milano, 14 gennaio 2023 (AP Photo/Luca Bruno)
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La Fondazione Giorgio Armani è la nuova proprietaria dell’azienda di moda dello stilista Giorgio Armani, morto il 4 settembre scorso a 91 anni. La Fondazione, creata da Armani nel 2016, avrà il 100 per cento delle azioni della Giorgio Armani Spa e fra tre anni potrà iniziare a venderne una parte a un altro gruppo, per la prima volta nella storia della casa di moda fondata cinquant’anni fa. Sono tra le indicazioni più importanti contenute nel testamento di Giorgio Armani, aperto il 9 settembre e reso pubblico venerdì mattina.

Il testamento di Giorgio Armani è in realtà diviso in due documenti, depositati dalla notaia Elena Terrenghi: uno del 14 marzo 2025 e l’altro del 2 aprile. Il primo contiene tutte le disposizioni per il futuro dell’azienda, che Armani ha dettagliato su cinque fogli bianchi scritti a mano e chiusi in una busta di carta color seppia con quattro sigilli di ceralacca rossa, una caratteristica dei testamenti segreti. Il secondo invece suddivide tra gli eredi le proprietà di Armani, come le ville, i loro arredi, le partecipazioni in altre società.

La suddivisione della società è molto tecnica, e prevede diverse categorie di azioni con diversi diritti di voto. La categoria A avrà il 30 per cento delle azioni e il 40 per cento del diritto di voto, le categorie B e D il 15 per cento ognuna delle azioni e del diritto di voto, le categorie C ed E il 15 per cento delle azioni e nessun diritto di voto, la categoria F il 10 per cento delle azioni e il 30 per cento del diritto di voto. Alla Fondazione, che finora deteneva lo 0,1 per cento delle quote (il resto lo possedeva Armani stesso), va il diritto di piena proprietà sul 9,9 per cento delle azioni, tutte di categoria F, e il diritto di nuda proprietà sul restante 90 per cento delle quote. Molto in breve, significa che la Fondazione è proprietaria della società ma non ha diritto al suo utilizzo, che spetta invece ai cosiddetti usufruttuari.

Pantaleo “Leo” Dell’Orco e Giorgio Armani dopo la sfilata di presentazione della collezione primavera-estate 2025 di Emporio Armani durante la Milano Fashion Week a Milano, 19 settembre 2024 (ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)

Gli usufruttuari indicati nel testamento sono cinque: Pantaleo “Leo” Dell’Orco, ex compagno di Armani e tra le persone a lui più vicine, responsabile della linea di abbigliamento maschile e presidente del consiglio di amministrazione dell’Olimpia Milano, la squadra di basket controllata da Armani; le nipoti Silvana e Roberta Armani, che gestiscono rispettivamente l’abbigliamento femminile e i rapporti con le celebrità e il mondo dello spettacolo; la sorella Rosanna; e il nipote Andrea Camerana. Ciascuno di loro ha ereditato una quota diversa delle varie categorie di azioni.

La porzione più rilevante va a Dell’Orco, a cui spetta l’usufrutto sul 30 per cento del capitale della società con azioni di categoria A, gli altri membri della famiglia che avranno diritto di voto sono i nipoti Silvana Armani e Andrea Camerana, del 15 per cento ciascuno. L’usufruttuario di un’azienda svolge il suo ruolo nel consiglio di amministrazione e incassa i dividendi dell’azienda; deve tra le altre cose occuparsi della attività ordinaria della società e non può cambiarne il tipo di produzione.

Nel testamento Armani ha inoltre dato indicazioni specifiche per vendere parte della società ad altri gruppi di moda. È la prima volta che succede: negli ultimi decenni ci sono stati diversi tentativi di comprare il gruppo di Armani, ma alla fine non furono mai raggiunti accordi. Secondo molti il controllo totale dell’azienda da parte di Armani – che fino alla morte ne è stato presidente, amministratore delegato e direttore creativo – è stato tra le ragioni del suo successo nel tempo.

Più nel dettaglio, il testamento stabilisce che un anno dopo l’avvio della successione, ed entro i 18 mesi, la Fondazione debba cedere il 15 per cento delle sue quote a un gruppo tra LVMH (uno dei più grandi nel settore del lusso), EssilorLuxottica (di cui Armani era a sua volta socio), L’Oréal o altre società definite «di pari standing», individuate insieme a Dell’Orco o, se sarà morto, ai due nipoti Andrea Camerana e Silvana Armani. Anche in questo caso nel testamento è indicata una ripartizione precisa delle categorie di azioni che dovranno essere vendute.

La quota delle azioni cedute a un altro gruppo dovrà aumentare negli anni: nel testamento Armani scrive che dal terzo anno ed entro il quinto anno dall’apertura della successione, la Fondazione dovrà cedere allo stesso acquirente iniziale (quello che comprerà il 15 per cento delle quote) un’ulteriore quota pari a un minimo del 30 per cento e a un massimo del 54,9 per cento delle azioni. In alternativa, la società Giorgio Armani dovrà essere quotata in borsa entro 5 anni o al massimo 8, preferibilmente in Italia o su un altro mercato «di pari standing», e sempre in accordo primariamente con Dell’Orco oppure con i due nipoti. La partecipazione della Fondazione non dovrà mai scendere sotto il 30 per cento.

Armani ha specificato anche una serie di requisiti che dovrà rispettare chi comprerà la sua società. Tra questi il fatto che dovrà essere mantenuto il nome Armani, che le attività dovranno essere gestite in modo etico, e che dovrà essere perseguita la ricerca di «uno stile essenziale, moderno, elegante e non ostentato con attenzione al dettaglio e vestibilità».

Oltre al gruppo, che nel 2024 ha avuto 2,3 miliardi di euro di ricavi con 51 milioni di euro di utile netto, Armani possedeva numerosi beni come le ville a St. Moritz, Saint Tropez, Antigua, Parigi, New York, Broni, Pantelleria, uno yacht, i ristoranti (tra cui La Capannina a Forte dei Marmi, in Toscana, comprata da poco), nonché importanti partecipazioni in altre società. Una di queste era EssilorLuxottica, di cui Armani era socio dagli anni Novanta e di cui possedeva il 2 per cento delle azioni, per un valore di oltre 2,5 miliardi di euro: ha lasciato 100mila azioni (che al momento hanno un valore di circa 26 milioni di euro) al manager Michele Morselli, 7.500 azioni a testa ad altre tre persone e il restante delle quote per il 60 per cento a Dell’Orco e per il 40 per cento ai familiari. L’altra era quella del 75 per cento di Immobiliare.

Infine, il palazzo di via Borgonuovo in centro a Milano, vicino alla Pinacoteca di Brera, dove Armani viveva, è lasciato in usufrutto a Dell’Orco. Armani ha inoltre disposto che tutti gli arredi e gli ornamenti restino dove si trovano finché «Leo» vorrà viverci, con poche eccezioni. Nel testamento Armani elenca gli arredi e gli oggetti di lusso del palazzo, e ce ne sono diversi notevoli: tra questi un suo ritratto fatto da Andy Warhol, un quadro di Matisse, sei poltrone per il cinema, una tigre a tappeto e due zanne di elefante.

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