Il ritorno di Kathryn Bigelow
A Venezia la prima donna a vincere l'Oscar come miglior regista ha presentato un nuovo film dopo 8 anni

Sono passati 15 anni da quando Kathryn Bigelow diventò la prima donna a vincere un Oscar come miglior regista per The Hurt Locker, 13 da quando fu accusata di essere entrata in possesso di informazioni riservate del Pentagono per girare Zero Dark Thirty, discusso film sull’uccisione di Osama bin Laden, e 8 dall’uscita di Detroit, il suo penultimo film. Martedì a Venezia è finita la lunga pausa dalla regia di una delle donne più influenti e stimate degli ultimi decenni a Hollywood, i cui film d’azione, guerra e tensione hanno spesso fissato asticelle e smosso opinioni pubbliche.
Bigelow ha presentato alla Mostra del cinema A House of Dynamite, un thriller politico che comincia con un missile nucleare di provenienza sconosciuta che entra nello spazio aereo statunitense. Nelle sue quasi due ore il film racconta da tre punti di vista venti minuti di storia, quelli che passano dall’avvistamento all’esito finale dell’intricato processo di indagini e decisioni che coinvolge vari comparti dell’intelligence e dell’amministrazione statunitense.
Bigelow ha detto che la sua intenzione era fare un film che esplorasse «la follia di un mondo che vive all’ombra costante dell’annientamento», e che ciononostante «ne parla raramente». A House of Dynamite è piaciuto molto alla critica per la grande tensione che riesce a costruire grazie a una scrittura sapiente e molto chiara, nonostante una storia complessa e concitata. Dopo una serie di proiezioni nel Regno Unito, A House of Dynamite uscirà su Netflix il 24 ottobre. Le riprese si sono svolte con una certa riservatezza tra il 2023 e il 2024 e, prima della proiezione di Venezia, sul film erano circolate pochissime informazioni.
– Ascolta il podcast di Gabriele Niola dalla Mostra del cinema di Venezia sul nuovo film di Kathryn Bigelow
I protagonisti sono Idris Elba e Rebecca Ferguson, mentre la sceneggiatura è stata scritta da Noah Oppenheim, l’ex presidente dell’emittente statunitense NBC News. Affidare la sceneggiatura a reporter e giornalisti di lunga esperienza non è una novità per Bigelow, dato che i suoi film hanno spesso al centro un qualche intrigo internazionale. Quelle di The Hurt Locker, Zero Dark Thirty e Detroit erano state curate dal suo ex compagno Mark Boal, che si occupa di politica estera e tecnologia per Rolling Stone, The Village Voice e altre testate.
In carriera Bigelow si è cimentata con generi diversi, dall’azione al thriller, dalla fantascienza ai film drammatici, fino all’horror e ai polizieschi. Tra i suoi interessi ricorrenti ci sono la politica statunitense, il giornalismo e gli scenari di guerra, ma anche le tensioni sociali, il razzismo e gli abusi della polizia, temi comuni a gran parte della sua filmografia.
Dopo una laurea in pittura al San Francisco Art Institute, Bigelow esordì al cinema nel 1981 con The Loveless, un film drammatico su un gruppo di motociclisti in viaggio verso Daytona, diretto insieme al collega Monty Montgomery. Dopo lo sfortunato horror Il buio si avvicina (1987) e il film d’azione Blue Steel – Bersaglio mortale (1989), Bigelow ottenne il suo primo vero successo con il thriller Point Break, con protagonisti Patrick Swayze e Keanu Reeves.
Parlava di alcuni surfisti californiani che, mascherati, facevano rapine, e di un giovane agente dell’FBI che si infiltrava tra loro. Andando avanti, però, non capiva più da che parte stare. Era uno di quei film con delle premesse un po’ deboli: «è una trama che, sintetizzata, invita alla parodia», scrisse il critico Roger Ebert. Ma quelle premesse furono sviluppate con grande sapienza, e finì per diventare un film di culto.
Le sue scene e alcune sue frasi memorabili, come la famosa «vaya con Dios!», sono state citate in moltissimi film, tra cui The Avengers e Tre uomini e una gamba: arriva infatti da Point Break – in cui i surfisti usano maschere di quattro presidenti americani per le loro rapine – l’idea di usare le maschere di Nilde Iotti, Sandro Pertini, Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro per riprendersi la famosa gamba.
Anche il film successivo, Strange Days (1995), fu accolto positivamente da pubblico e critica. Scritto dall’ex marito James Cameron, regista di Aliens – Scontro finale e Titanic, e ambientato negli ultimi giorni del 1999, ruotava attorno a un dispositivo clandestino capace di registrare tutto ciò che una persona vede e prova, permettendo poi ad altri di rivivere quelle stesse sensazioni in prima persona. Il film intrecciava fantascienza e noir con temi sociali come razzismo e violenza della polizia. Interpretato tra gli altri da Ralph Fiennes e Angela Bassett, sul momento non ebbe un grande successo commerciale, ma con il tempo è stato rivalutato e oggi è considerato uno dei migliori film di Bigelow.
Nel 2000 diresse un altro thriller, Il mistero dell’acqua, tratto da un romanzo di Anita Shreve e incentrato su una giornalista alle prese con le indagini su un duplice omicidio avvenuto nel XIX secolo. Due anni dopo uscì K-19, film ambientato durante la Guerra fredda con Harrison Ford e Liam Neeson che raccontava la crisi a bordo di un sottomarino nucleare sovietico.
Il suo momento di massima consacrazione arrivò nel 2008 con The Hurt Locker. Ambientato in Iraq durante l’occupazione statunitense, seguiva una squadra di artificieri che si occupavano di disinnescare esplosivi. Interpretato da Jeremy Renner, Anthony Mackie e Brian Geraghty, il film fu apprezzato per il suo realismo e per il suo stile di regia, che ricordava i cosiddetti mockumentary (finti documentari). Con The Hurt Locker Bigelow diventò la prima donna a vincere l’Oscar come miglior regista, e il film ottenne anche i premi per il miglior film e per la migliore sceneggiatura originale, scritta da Mark Boal.
Quattro anni dopo arrivò Zero Dark Thirty (2012), che ricostruiva l’operazione segreta culminata nell’uccisione di Osama bin Laden. Fu molto discusso, sia per la sua rappresentazione delle torture usate dagli Stati Uniti nella guerra al terrorismo, sia per il presunto accesso a informazioni riservate durante la fase di scrittura. Nonostante le polemiche ottenne cinque nomination agli Oscar e consolidò la reputazione di Bigelow come una delle registe più influenti di Hollywood.
Prima di A House of Dynamite aveva diretto Detroit (2017), che ricostruiva i disordini razziali esplosi nella città del Michigan nell’estate del 1967 e, in particolare, il cosiddetto “Algiers Motel Incident”, in cui tre giovani afroamericani furono uccisi dalla polizia.
Negli ultimi 8 anni Bigelow si è dedicata soprattutto alla regia di spot pubblicitari, come quelli realizzati per Apple e per campagne di pubblica utilità negli Stati Uniti.
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