Google potrà tenersi Chrome, alla fine
Lo ha deciso un giudice al termine di una lunga battaglia legale in cui l'azienda era accusata di aver violato le leggi sulla concorrenza

Un giudice statunitense ha deciso che Google non dovrà vendere il suo browser Chrome, come aveva invece richiesto il dipartimento della Giustizia statunitense, che accusava l’azienda di aver violato le nome su monopoli e concorrenza. Il processo era iniziato nel 2019 e ad agosto del 2024 Google era stata dichiarata colpevole, ma la pena è stata stabilita solo martedì.
Chrome rappresenta il 60 per cento del mercato globale dei browser, con circa 3,5 miliardi di utenti: quasi tutti usano il motore di ricerca Google, tramite cui l’azienda guadagna con la vendita di inserzioni pubblicitarie.
Secondo le accuse Google avrebbe di fatto creato un monopolio fra le altre cose pagando altre aziende tecnologiche per rendere il suo motore di ricerca (cioè Google) l’opzione predefinita sui loro browser (che sono programmi tramite cui un dispositivo accede a un motore di ricerca e visualizza i siti web, come Chrome o Safari, di Apple). Il giudice che ha seguito il caso, Amit Mehta, ha stabilito che Google non dovrà né vendere Chrome, né interrompere del tutto gli accordi con le altre aziende (ma li ha limitati), né vendere Android, il sistema operativo di proprietà di Google. In questo modo ha risparmiato all’azienda le conseguenze peggiori che si poteva aspettare dal processo.
Google è stata invece condannata a condividere alcuni dei dati raccolti con altre aziende del settore, ed è stata limitata la sua capacità di accordarsi con altre aziende tecnologiche per favorire l’uso del suo motore di ricerca e di Chrome, un elemento importante del successo del browser e secondo le accuse sfruttato illecitamente da Google. Di per sé non è illegale avere il monopolio di un settore dell’economia, ma secondo il dipartimento di Giustizia Google avrebbe ottenuto questo monopolio infrangendo la legge, e poi l’avrebbe mantenuto con metodi illegali.
Nelle motivazioni della sentenza Mehta ha detto di non aver preso la decisione drastica di far vendere Chrome principalmente per via della diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale come ChatGPT e dell’incertezza che hanno portato nel settore. Questi chatbot sono usati sempre di più per la ricerca di informazioni al posto dei motori di ricerca tradizionali, e il loro successo ha messo in difficoltà molte aziende tecnologiche.
Tecnicamente Google fa parte del gruppo Alphabet, di cui è di gran lunga il marchio più importante, conosciuto e rilevante economicamente.
– Leggi anche: Si intravede una nuova guerra dei browser



