La Cina va a caccia di neutrini

Una gigantesca sfera sotterranea è pronta per studiare le particelle più sfuggenti e risolvere il mistero della loro massa

di Emanuele Menietti

La grande sfera di JUNO in costruzione nell'ottobre del 2024 (Jin Liwang/Xinhua via ZUMA Press)
La grande sfera di JUNO in costruzione nell'ottobre del 2024 (Jin Liwang/Xinhua via ZUMA Press)
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A circa 700 metri di profondità sotto a una montagna vicino alla città di Jiangmen, nella Cina meridionale, c’è una sfera talmente grande che potrebbe contenere al suo interno un palazzo alto una decina di piani. La gigantesca struttura è il nucleo dell’Osservatorio sotterraneo di neutrini di Jiangmen (JUNO), in fase di attivazione in questi giorni dopo quasi dieci anni di lavori. Quella sfera potrebbe rivoluzionare un pezzo importante della fisica delle particelle, aiutandoci a comprendere meglio come è organizzata la massa dei neutrini, le elusive particelle subatomiche che possono compiere indisturbate enormi distanze cosmiche attraversando qualsiasi corpo celeste, compresa la Terra.

JUNO è uno dei progetti scientifici più importanti organizzati dalla Cina negli ultimi tempi e la dimostrazione dei grandi progressi tecnologici raggiunti dal paese, in uno dei campi della fisica più difficili da studiare. L’iniziativa è costata l’equivalente di circa 320 milioni di euro ed è una collaborazione internazionale, che coinvolge numerosi centri di ricerca in giro per il mondo, Italia compresa. Praticamente nulla nella costruzione di questa grande struttura è stato semplice, sia per la sua posizione sia per la scala senza precedenti scelta dai progettisti per il rivelatore (in fisica si dice che si rivela – e non rileva – qualcosa quando non lo si osserva direttamente, ma tramite effetti secondari o indizi).

La ripida via di accesso nelle profondità della montagna per raggiungere JUNO (AP Photo/Ng Han Guan)

Dopo l’approvazione nel 2008, la costruzione sotterranea è iniziata nel 2015 e quasi da subito i progettisti si sono dovuti confrontare con un’inattesa presenza di acqua nelle profondità della montagna dove stavano scavando il loro laboratorio. Hanno dovuto costruire un intricato sistema di tubature e stazioni di pompaggio per rimuoverla e proseguire nei lavori di scavo. Non avevano del resto alternative: è difficilissimo rivelare i neutrini e per questo i rivelatori devono essere costruiti in aree remote e ben schermate, in modo da ridurre il più possibile le perturbazioni da altre sorgenti che potrebbero interferire con le misurazioni. Lo spesso strato di roccia sotto cui è stato costruito il laboratorio fa da schermo ad altri tipi di emissioni provenienti dall’esterno, riducendo sensibilmente le interferenze.

La grande sfera, cioè il rivelatore centrale, è in acrilico trasparente e ha un diametro di 35,4 metri, in sostanza è una grande palla di plexiglas. Al suo interno ci sono 20mila tonnellate di “scintillatore”, cioè una miscela di diverse sostanze che interagiscono con le particelle, emettendo un debolissimo lampo di luce. La sfera è così grande per un semplice motivo: la probabilità di interazione con lo scintillatore, e con la materia in generale, è così bassa che serve un bersaglio molto grande per rendere più probabili gli eventi da misurare. I neutrini hanno infatti una massa piccolissima, non hanno carica elettrica e attraversano l’Universo pressoché indisturbati, compreso il nostro corpo: nella lettura di questo articolo fino a qui, migliaia di miliardi di neutrini vi hanno fatto visita e attraversato da parte a parte.

Tecnici al lavoro intorno alla struttura esterna di supporto della sfera di JUNO (AP Photo/Ng Han Guan)

Per i fisici delle particelle, soprattutto per quelli teorici che sviluppano i modelli matematici e le previsioni sulla materia e sulle interazioni di ciò che la costituisce, i neutrini sono da tempo un grattacapo. Nel “modello standard”, elaborato per descrivere l’esistenza e il comportamento delle particelle, è previsto che i neutrini non abbiano massa, ma le osservazioni e gli esperimenti condotti in altri osservatori simili a JUNO, come il Super-Kamiokande in Giappone, hanno contraddetto questo assunto e sono valsi il Premio Nobel per la Fisica ai loro autori nel 2015.

Il neutrino ha origine in moltissimi processi (stelle, supernove, reattori nucleari…) e può avere tre “sapori”, cioè essere di tre tipi: elettronico, muonico e tauonico (i fisici delle particelle sono scherzosi, a volte: si dice furono ispirati da una pubblicità dei gelati per usare “sapori”). Mentre si muovono nello spazio i neutrini cambiano il loro sapore. Questo fenomeno, chiamato oscillazione dei neutrini, è spiegabile solo se i neutrini hanno una massa, per quanto minuscola.

I neutrini hanno anche tre stati di massa e ogni sapore è un miscuglio di tutti e tre, quindi quando si fanno esperimenti per misurarle si sta in realtà misurando una loro combinazione. Uno degli obiettivi principali di JUNO è proprio capire quale neutrino abbia la massa maggiore e quale quella minore, risolvendo il problema della loro “gerarchia di massa”.

L’osservatorio sarà usato per rivelare e contare i neutrini (tecnicamente sono antineutrini elettronici, ma hanno la stessa massa dei neutrini) provenienti da due centrali nucleari che si trovano a una cinquantina di chilometri dalla grande sfera. Nella maggior parte dei casi, quelli che lo attraverseranno non interagiranno con il liquido al suo interno, ma in rarissime occasioni uno di loro troverà sulla propria strada un protone nel fluido e si produrrà un debole lampo di luce, seguito dopo 200 milionesimi di secondo da un secondo lampo dovuto sempre all’interazione.

Il doppio lampo è fondamentale per essere certi di avere intercettato gli effetti del passaggio di un neutrino e non di qualche interferenza. I lampi vengono colti dai tubi fotomoltiplicatori (PMT), sensori molto sensibili che assomigliano a delle lampade e che costellano a migliaia l’involucro della sfera, e in base alle misure si ricostruiscono le caratteristiche dei neutrini. A pieno regime, JUNO rivelerà in media il passaggio di 50 neutrini al giorno e saranno necessari circa sei anni per arrivare a dati statisticamente significativi, grazie a circa 100mila osservazioni.

I tubi fotomoltiplicatori all’interno di JUNO (Jin Liwang Xinhua/ABACAPRESS.COM)

Avendo un’origine nota nelle due centrali nucleari, i responsabili dell’esperimento sanno quanti neutrini di un certo tipo si sono generati e possono confrontarli con quelli intercettati da JUNO. In questo modo possono ricostruire quali neutrini non hanno cambiato sapore nel loro velocissimo viaggio di 50 chilometri. Migliaia di osservazioni e confronti di questo tipo permetteranno di farsi un’idea della frequenza con cui avvengono le oscillazioni che determinano i cambiamenti nei neutrini, e che sono riconducibili alla loro massa.

In un certo senso, è come ordinare tre gusti di gelato da una gelateria con un fattorino sbadato che se ne perde qualcuno per strada durante la consegna. Confrontando quanti gelati sono stati ordinati con quanti arrivano, e di che gusto, si può capire cosa è cambiato lungo il percorso, sia nella quantità sia nel “sapore”.

Dalle osservazioni effettuate altrove, si ipotizza che ci possano essere due scenari, o “gerarchie” per quanto riguarda l’ordine effettivo delle tre masse. Nello scenario di “gerarchia normale” i due stati di massa più leggeri sono vicini l’uno all’altro, mentre il terzo stato di massa è notevolmente più pesante. Nello scenario “gerarchia invertita”, invece, lo stato di massa più leggero è seguito da due stati di massa più pesanti, che sono molto vicini tra loro. Gli indizi puntano verso la gerarchia normale, ma servono altri dati come quelli che verranno raccolti da JUNO per raggiungere una conclusione definitiva.

Lavoratori impegnati nella costruzione di JUNO nell’ottobre del 2024 (AP Photo/Ng Han Guan)

Risolvere la questione della gerarchia della massa non è un semplice esercizio di classificazione: è cruciale per capire come i neutrini acquisiscono la loro massa, un processo che come abbiamo visto non è compreso nel “modello standard”. Conoscere l’ordine delle masse permetterebbe di distinguere fra diverse teorie che cercano di estendere o superare il modello, facendo tornare i conti tra la teoria e la pratica. Altri dati provenienti da osservatori in costruzione in Giappone e negli Stati Uniti, che dovrebbero essere attivi entro sei anni, potranno offrire ulteriori elementi per spiegare alcuni dei fenomeni che avvengono nelle parti più infinitesimali della materia.

JUNO non sarà solo impiegato per risolvere i misteri sulla massa dei neutrini. La sua grande sfera sarà sfruttata anche per provare a usare i neutrini come minuscole sonde naturali, una delle nuove frontiere dell’astronomia. L’obiettivo è di impiegarlo per intercettare i neutrini provenienti da eventi cosmici molto energetici, come le supernove, per poterle studiare meglio, o ancora per comprendere meglio i meccanismi che fanno funzionare le stelle a partire dal Sole. I dati raccolti potranno essere integrati con quelli ottenuti con altri metodi di osservazione, come i telescopi ottici tradizionali, i radiotelescopi e i rivelatori di onde gravitazionali, aprendo nuove opportunità per l’astronomia multi-messaggio che si basa proprio sull’osservazione e lo studio coordinato di diversi tipi di segnali che ci raggiungono nel loro grandioso viaggio nell’Universo.