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  • Venerdì 29 agosto 2025

Quasi cinquant’anni di missione UNIFIL in Libano

È una delle più grandi e importanti dell'ONU, guidata spesso dall'Italia: finirà nel 2027 per le pressioni di Stati Uniti e Israele

Forze UNIFIL a Taibeh, in Libano, nel 2006 (AP Photo/Alvaro Barrientos)
Forze UNIFIL a Taibeh, in Libano, nel 2006 (AP Photo/Alvaro Barrientos)
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La missione delle Nazioni Unite UNIFIL, che opera al confine fra il Libano e Israele, comincerà dal primo gennaio 2027 il ritiro di tutto il suo personale. Entro la fine dell’anno il ritiro dovrà essere completato e la missione chiusa, quasi cinquant’anni dopo il suo inizio. La chiusura di UNIFIL è una decisione importante e controversa, presa dal Consiglio di sicurezza dell’ONU dopo forti pressioni degli Stati Uniti e indirettamente di Israele. UNIFIL è una delle missioni più grandi dell’ONU, con circa 10.500 militari e 800 civili, nonché una delle più longeve: è attiva dal 1978. L’Italia ha da tempo un ruolo molto rilevante, con uno dei contingenti più numerosi e spesso ruoli di comando.

Nei decenni UNIFIL è stata anche una missione che ha molto diviso. È stata accusata da entrambe le parti in causa, cioè da Israele e dal gruppo radicale libanese Hezbollah, di non essere neutrale, e in generale le opinioni sulla sua efficacia sono contrastanti.

Un soldato francese e la città di confine di Kfar Kila (AP Photo/Hussein Malla)

La missione UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon, in italiano Forza di interposizione provvisoria delle Nazioni Unite in Libano) fu istituita nel 1978 per garantire un ritiro pacifico dell’esercito israeliano, che nel marzo di quell’anno aveva invaso il sud del Libano per allontanare il più possibile dal confine le forze dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) guidata da Yasser Arafat. L’OLP perseguiva la causa del popolo palestinese anche tramite la lotta armata e pochi anni prima aveva spostato la sua base operativa in Libano, mettendo in atto da lì attacchi contro Israele. In particolare, l’invasione fu la risposta al cosiddetto massacro della strada costiera, in cui alcune unità palestinesi penetrarono in territorio israeliano e uccisero 38 persone.

UNIFIL ebbe incarichi di pattugliamento e controllo che riuscì a svolgere solo in parte, e per i primi anni fornì soprattutto sostegno alla distribuzione di aiuti umanitari.

Truppe norvegesi impegnate nella missione nel 1978 (AP Photo/Harry Koundakjian)

Ebbe compiti simili dopo la successiva invasione israeliana del 1982, mentre dal 2006 il mandato e gli obiettivi di UNIFIL sono decisamente cambiati. Nell’agosto di quell’anno il Consiglio di sicurezza dell’ONU approvò la risoluzione 1701 con l’obiettivo di mettere fine alla guerra tra Hezbollah e Israele, che aveva invaso il Libano per la terza volta dopo un attacco del gruppo libanese oltreconfine in cui erano stati uccisi tre soldati israeliani.

La risoluzione chiedeva la fine delle ostilità tra Israele e Hezbollah, il ritiro di Israele dal territorio libanese e il disarmo di Hezbollah, tra le altre cose. Per ottenere questi risultati la missione UNIFIL veniva rafforzata, al punto che si parlò anche di UNIFIL II, per indicarne il rinnovamento.

Tra i nuovi obiettivi di UNIFIL fu inserito quello di assistere le forze armate libanesi a operare nel sud del paese fino al confine con Israele per ristabilire la sicurezza, prevenire il traffico illegale di armi dirette perlopiù a Hezbollah, e garantire il rispetto della cosiddetta Blue Line. Fra Libano e Israele infatti non esiste un vero e proprio confine, ma una linea di demarcazione, la Blue Line, individuata dalle Nazioni Unite nell’attesa che si definisca un confine riconosciuto da entrambi i paesi.

Mezzi militari della missione in Libano (AP Photo/Hussein Malla)

Da allora i compiti sono rimasti questi, con ripetute discussioni e polemiche sui limiti del mandato delle forze delle Nazioni Unite. Francia e Italia, che hanno spesso guidato le missioni, li hanno sempre interpretati in modo restrittivo: dicono cioè che le forze ONU possono solo individuare e segnalare violazioni delle risoluzioni, ma non operare attivamente per contrastarle. Sostengono che questa seconda parte spetti all’esercito regolare libanese, che è però molto debole e inefficiente. Quella porzione di territorio è stata di fatto controllata da Hezbollah fino allo scorso autunno.

Secondo i critici della missione, fra cui l’amministrazione statunitense, UNIFIL avrebbe potuto fare di più per evitare gli attacchi di Hezbollah verso Israele, intensificatisi dopo l’inizio della guerra a Gaza.

A ottobre del 2024, durante l’attacco di terra nel sud del Libano, l’esercito israeliano colpì ripetutamente alcune basi della missione UNIFIL, ferendo quattro persone. Nei giorni precedenti Israele aveva chiesto alle truppe delle Nazioni Unite di spostarsi 5 chilometri più a nord, per evitare di trovarsi in zone di combattimento attivo, e in generale le aveva accusate di fornire protezione a Hezbollah. Le Nazioni Unite avevano denunciato gli attacchi contro le forze internazionali, di cui Israele era tenuta a «garantire la sicurezza e la protezione» in ogni situazione.

Da tempo Israele chiedeva la rimozione della missione e l’amministrazione statunitense del presidente Donald Trump ha di fatto sostenuto le posizioni israeliane, auspicandone una chiusura in tempi brevi. La decisione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che rinnova per altri 16 mesi UNIFIL prima della chiusura, è frutto di un compromesso: gli Stati Uniti avrebbero potuto mettere il veto a un rinnovo della missione che non prevedesse un’indicazione chiara sul ritiro.

I compiti svolti da UNIFIL dovrebbero in seguito essere rilevati dall’esercito regolare libanese, anche se molti osservatori internazionali e alcuni governi europei, fra cui quello britannico, esprimono dubbi sul fatto che le forze libanesi siano preparate per farlo.

Il presidente del Consiglio Mario Monti visita il contingente italiano in Libano nel 2012 (AP Photo/Mohammed Zaatari)

Il ritiro coinvolgerà anche gli oltre mille militari italiani attualmente impiegati nella missione. L’Italia vi partecipa dal 1979, quando inviò quattro elicotteri e 50 militari, con compiti di ricognizione e assistenza umanitaria. Oggi impiega invece 375 mezzi terrestri, una nave e 7 tra aerei ed elicotteri, per una spesa complessiva che per il 2024 era stata stimata in circa 160,5 milioni di euro.