La prima opposizione politica in Siria
Un gruppo di politici e intellettuali sta contestando il governo del presidente Ahmed al Sharaa: per ora con scarsi risultati

Alla fine di luglio in Siria è stata fondata la prima vera associazione di opposizione non guidata da miliziani da quando lo scorso dicembre è caduto il regime di Bashar al Assad: si chiama “Iniziativa siriana del centenario”. Come ha raccontato l’Economist, la sua fondazione è importante perché si tratta di un gruppo che non nega la legittimità del governo attuale con l’intenzione di rovesciarlo, ma vuole sfidarne il potere tramite una competizione democratica.
Questo avviene mentre l’attuale governo del presidente Ahmed al Sharaa sta diventando sempre più autoritario. Al Sharaa, ex leader degli insorti islamisti di Hayat Tahrir al Sham, nei mesi dopo la caduta di Assad ha parzialmente stabilizzato la Siria e ottenuto riconoscimento internazionale. Al tempo stesso sta assumendo sempre più poteri e negando il pluralismo politico. Le sue forze armate, inoltre, hanno compiuto due gravi massacri di minoranze negli ultimi mesi.
L’“Iniziativa siriana del centenario” è di fatto un movimento politico molto piccolo, più un’associazione che un partito. Si chiama così per commemorare il centenario di una sollevazione popolare siriana avvenuta nel 1925 contro la dominazione coloniale francese dell’epoca. Ne fanno parte alcuni intellettuali e politici di rilievo in Siria, come George Sabra, che per lungo tempo è stato uno dei più noti politici in esilio che si opponevano al regime degli Assad; il poeta Fadel Abdul Ghany, a lungo imprigionato dal regime; e il miliardario Ayman Asfari, che a un certo punto era stato considerato per diventare il primo ministro di al Sharaa.

Il presidente della Siria Ahmed al Sharaa, maggio 2025 (Stephanie Lecocq/Pool via AP)
Il gruppo si è presentato con una serie di richieste al governo, tra cui un cessate il fuoco completo a Suweyda, dove a luglio erano ancora in corso gravi massacri etnici a cui hanno partecipato anche le forze armate fedeli ad al Sharaa, e soprattutto una serie di importanti concessioni al pluralismo politico, tra cui emendamenti alla costituzione provvisoria approvata a marzo per liberalizzare l’opposizione e il dissenso.
La nuova costituzione dà poteri quasi autoritari ad al Sharaa. Oltre a gestire il potere esecutivo, il presidente siriano può nominare tutti i giudici della Corte costituzionale, e di fatto può fare lo stesso con i membri del parlamento. Le elezioni parlamentari si terranno a settembre, ma la popolazione non potrà votare: dei 210 deputati, un terzo sarà selezionato direttamente da al Sharaa, e i restanti due terzi da comitati elettorali la cui formazione è influenzata da persone nominate da al Sharaa stesso.
Molte di queste misure sono presentate dal nuovo governo come transitorie e necessarie per stabilizzare un paese appena uscito da oltre 50 anni di regime della famiglia Assad e da quasi 15 anni di guerra civile. La costituzione, per esempio, è definita provvisoria, e dovrebbe essere sostituita da una versione definitiva tra cinque anni.
L’“Iniziativa siriana del centenario” chiede già adesso una maggiore democrazia. Al momento il governo sta ostacolando il movimento, accusandolo di voler sovvertire il potere centrale.
Uno dei punti principali di contrasto riguarda le minoranze etniche. Benché al Sharaa abbia più volte ribadito che il suo governo aspira a rappresentare tutta la Siria, al momento i sunniti hanno monopolizzato il potere. Al Sharaa è sunnita, come il 70 per cento della popolazione. Prima dei massacri di luglio a Suweyda, avvenuti in una zona abitata da persone a maggioranza druse, a marzo c’era stato un massacro di alawiti nella regione costiera di Latakia (gli alawiti sono il gruppo a cui apparteneva anche Assad). Erano state uccise circa 1.400 persone.



