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  • Venerdì 22 agosto 2025

Per la prima volta da oltre cinquant’anni negli Stati Uniti sono diminuiti gli immigrati

Di un milione e mezzo tra gennaio e giugno, secondo dati ancora da consolidare: c'entrano le politiche restrittive di Trump

Un aereo con a bordo immigrati partito dagli Stati Uniti atterra all'aeroporto Simón Bolívar, in Venezuela (AP Photo/Ariana Cubillos)
Un aereo con a bordo immigrati partito dagli Stati Uniti atterra all'aeroporto Simón Bolívar, in Venezuela (AP Photo/Ariana Cubillos)
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Nei primi sei mesi del 2025 gli immigrati presenti negli Stati Uniti (sia regolari che irregolari) sono diminuiti invece che aumentare: è la prima volta che succede dalla fine degli anni Sessanta. I dati sono ancora preliminari, ma si ritiene che la tendenza sia dovuta in buona parte alle politiche di contrasto all’immigrazione introdotte dal presidente Donald Trump.

I dati arrivano da un nuovo studio del Pew Research Center, un think tank che si occupa di scienze sociali. Dice che a gennaio del 2025 negli Stati Uniti c’erano 53,3 milioni di immigrati, ossia persone che vivono negli Stati Uniti ma sono nate altrove. Erano il 15,8 per cento della popolazione, il tasso più alto di sempre. A giugno del 2025 il numero era sceso a 51,9 milioni: un calo di circa 1,5 milioni di persone, che secondo il centro sarebbero per la maggior parte immigrati irregolari. Il dato va comunque preso con cautela: dovrà essere consolidato nei prossimi mesi ed è possibile che non sia del tutto accurato e che dipenda in parte dalla minore propensione delle persone immigrate nel rispondere ai sondaggi del centro.

Da quando si è insediato, Trump ha sia rafforzato le misure già introdotte dal suo predecessore Joe Biden per limitare gli arrivi dal confine con il Messico, sia adottato nuove politiche per contrastare le persone immigrate già in territorio statunitense. Per quanto riguarda il primo punto, ha aumentato ulteriormente i controlli sul confine meridionale con il Messico e ha dato poteri speciali all’esercito per poter intervenire con maggiore libertà. Rispetto al secondo, invece, ha favorito le operazioni con cui la polizia federale che si occupa del controllo delle frontiere e dell’immigrazione (l’ICE) arresta presunti immigrati irregolari.

Trump ha anche fatto accordi con paesi terzi per espellere gli immigrati, in alcuni casi con processi sommari o anche senza che fossero formulate accuse contro di loro. Ad aprile per esempio si era parlato molto del caso di Kilmar Abrego Garcia, un uomo di El Salvador di 29 anni che viveva regolarmente negli Stati Uniti ma era stato arrestato e mandato in un carcere di massima sicurezza di El Salvador.

È possibile quindi che la diminuzione di persone immigrate presenti negli Stati Uniti sia dovuta sia alle espulsioni decise dal governo, ma anche al fatto che molti immigrati irregolari hanno deciso di andarsene volontariamente, per timore di essere arrestati.

Trump sta cercando inoltre di limitare l’immigrazione regolare, per esempio bloccando o rendendo più complicato ottenere i visti per studenti e imponendo restrizioni sui viaggi da vari paesi. Ha anche revocato i permessi di soggiorno a centinaia di migliaia di persone arrivate negli Stati Uniti dal Centro e Sud America con uno specifico programma di accoglienza umanitaria avviato dall’amministrazione Biden.

Sempre secondo il Pew Research Center, a giugno il 19 per cento della forza lavoro statunitense era composta da persone immigrate, in calo rispetto al 20 per cento di gennaio. Ci sono insomma circa 750mila lavoratori in meno: se la tendenza continuasse diventerebbe un problema per vari settori, soprattutto manifatturiero, agroalimentare ed edilizio, dove il tasso di lavoratori nati fuori dagli Stati Uniti è tendenzialmente più alto. «La popolazione statunitense in età da lavoro non sta crescendo. Significa che l’unico modo per aumentare la forza lavoro è tramite gli immigrati che arrivano», ha detto Jeffrey Passel, il responsabile degli studi demografici al Centro. «Se la forza lavoro non aumenta, è un problema per l’economia».