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  • Sabato 9 agosto 2025

Il piano israeliano per occupare la città di Gaza non piace a nessuno

È contestato dai leader dell'Unione europea e anche dentro Israele, mentre gli Stati Uniti non si esprimono

Aiuti umanitari paracadutati sulla città di Gaza, il 7 agosto 2025 (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Aiuti umanitari paracadutati sulla città di Gaza, il 7 agosto 2025 (AP Photo/Jehad Alshrafi)
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Il piano di Israele per occupare la città di Gaza è stato contestato dai paesi dell’Unione europea, da molti governi di paesi a maggioranza musulmana, dalle famiglie degli ostaggi israeliani catturati da Hamas e anche da vari gruppi che rappresentano la comunità ebraica negli Stati Uniti, comprese organizzazioni che solitamente non criticano il governo israeliano. Domenica il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà in via straordinaria per discutere il piano del primo ministro Benjamin Netanyahu, su iniziativa del Regno Unito.

Venerdì, dopo l’approvazione del piano da parte del governo di Netanyahu, i ministri degli Esteri di Australia, Germania, Italia, Nuova Zelanda e Regno Unito hanno diffuso un comunicato congiunto per «rifiutare con forza» le intenzioni di Israele perché «aggraveranno la catastrofica situazione umanitaria» nella Striscia di Gaza, «metteranno in pericolo le vite degli ostaggi» e «aumenteranno il rischio di trasferimenti di massa di civili».

Il comunicato dei cinque paesi dice anche che il piano di Israele rischia di violare il diritto internazionale e ricorda che ogni tentativo di annessione o di colonizzazione del territorio della Striscia da parte di Israele ne sarebbe una violazione. In un’intervista al canale statunitense Fox News, Netanyahu ha sostenuto che Israele intende espandere l’occupazione della Striscia per tentare di distruggere Hamas, ma non per governare il territorio, che a suo dire vorrebbe «cedere a forze arabe». Non ha però specificato a chi si riferisse, considerando che il piano per l’occupazione di Gaza prevede l’istituzione di un governo che non coinvolga né Hamas né l’Autorità Nazionale Palestinese, che controlla parte della Cisgiordania.

Finora la Germania è stato il paese che ha reagito più duramente all’annuncio del piano di Netanyahu, una posizione in controtendenza rispetto al suo storico sostegno a Israele. Il governo tedesco infatti ha annunciato che smetterà di autorizzare l’esportazione in Israele di armi che potrebbero essere usate nella Striscia di Gaza, citando tra le ragioni proprio l’approvazione del piano per l’occupazione della città di Gaza. Attualmente la Germania è la seconda esportatrice di armi verso Israele, dopo gli Stati Uniti.

Il piano comunque è stato contestato da molti altri paesi tra cui la Francia, il Canada e la Cina, oltre che dalla Commissione europea e dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che si è detto «gravemente allarmato». L’Alto commissario per i diritti umani dell’ONU Volker Türk, che ha detto che l’espansione delle operazioni militari israeliane causerebbe «maggiori trasferimenti forzati, maggiori uccisioni, maggiori sofferenze insopportabili, distruzione insensata e crimini atroci».

All’interno di Israele il piano è stato criticato dalle famiglie della ventina di ostaggi che si ritiene siano ancora vivi e in mano ad Hamas. L’organizzazione che le rappresenta ha detto che il piano per l’occupazione di Gaza metterà a rischio le loro vite. Anche Tzachi Hanegbi, capo del Consiglio per la Sicurezza nazionale considerato molto vicino a Netanyahu, ha detto durante una riunione del gabinetto di sicurezza di essere contrario al piano, sostenendo le obiezioni esposte dal capo dell’esercito israeliano Eyal Zamir, secondo cui metterebbe in pericolo la vita degli ostaggi.

A differenza di quelli dei paesi europei, il governo degli Stati Uniti, il principale paese alleato di Israele, non ha criticato le intenzioni di Netanyahu. Il presidente Donald Trump ha detto che la decisione sull’occupazione di Gaza spetta a Israele. Il piano militare comunque è stato contestato da alcuni gruppi importanti che rappresentano la comunità ebraica statunitense, tra cui la Anti-Defamation League, una storica organizzazione per il contrasto dell’antisemitismo che generalmente evita di criticare il governo israeliano. Ha detto di avere «delle riserve significative» sul piano per l’occupazione di Gaza.