Una sorprendente squadra di riserve, ma riserve forti
Le Golden State Valkyries, la nuova squadra di basket della WNBA, si stanno facendo notare grazie a giocatrici che non erano titolari nelle altre
di Giorgia Bernardini

Le Golden State Valkyries – la nuova squadra femminile di basket professionistico di San Francisco, in California – sono sulla buona strada per diventare la prima formazione della storia della WNBA, la lega femminile di basket nordamericana, a raggiungere i playoff nella loro stagione di esordio. Al momento le Valkyries sono ottave in classifica, con quattordici vittorie e quattordici sconfitte, e tre vittorie nelle ultime quattro partite. Mantenendo o migliorando la propria posizione in classifica sarebbero una delle otto squadre ad accedere ai playoff (il torneo a eliminazione diretta con cui si decide la squadra vincitrice) che inizieranno il 14 settembre.
Anche a prescindere da come proseguirà la stagione, ci sono diversi fattori che rendono interessanti le Valkyries. La squadra è stata creata giusto pochi mesi fa e sta giocando in maniera competitiva contro squadre che esistono da decenni. C’è poi il fatto che è per certi versi una squadra di riserve, composta cioè da cosiddette seste donne, nel senso di giocatrici che in molte altre squadre di WNBA (che scendono in campo con cinque giocatrici) avrebbero fatto le riserve: magari “di lusso”, ma pur sempre le riserve. Tra loro c’è anche l’ala Cecilia Zandalasini, la giocatrice italiana di maggior talento e con più esperienza internazionale.
Il nome Valkyries è un riferimento alle Valchirie, le guerriere della mitologia norrena. È un collegamento con l’altra squadra professionistica di San Francisco, quella maschile dei Golden State Warriors, cioè “i guerrieri”. Il logo delle Valkyries, ben in vista sulle maglie, è una grande “V” che rappresenta in maniera stilizzata il Bay Bridge, il ponte che collega San Francisco a Oakland. Nel logo ci sono 13 linee: una per ognuna delle squadre della WNBA, in cui le Valkyries sono appunto le ultime arrivate.

Il logo delle Valkyries sulla maglia di Janelle Salaün, il 29 luglio a College Park, Georgia (Andrew J. Clark/ISI Photos via Getty Images)
Prima dell’arrivo delle Valkyries era da 12 anni che la WNBA si giocava a 12 squadre (mentre già si sa che da qui al 2030 se ne aggiungeranno altre cinque). Nel 2026 esordiranno le squadre di Portland e Toronto, nel 2028 toccherà a Cleveland, poi a Detroit e infine a Philadelphia, nel 2030. In questo senso i risultati delle Valkyries sono importanti perché arrivano in un momento di svolta per la WNBA, dopo anni di stallo (almeno per il numero di squadre) e prima di una importante espansione.
La WNBA è il campionato femminile di basket più competitivo al mondo. È dove giocano quasi tutte le cestiste più celebri e di maggior talento e le squadre più forti – come le New York Liberty, le Phoenix Mercury o le Minnesota Lynx – sono costruite intorno a forti giocatrici simbolo. A New York ci sono Breanna Stewart e Sabrina Ionescu (una delle migliori tiratrici da tre punti della lega), a Phoenix Satou Sabally e Alyssa Thomas, e a Minneapolis c’è Napheesa Collier, che oltre a un gioco fisico e rapido sotto canestro eccelle in tutti gli altri fondamentali, dall’uno contro uno fino al tiro da fuori. Ovviamente queste squadre hanno a disposizione molte altre giocatrici dal grande talento, ma quelle appena nominate sono presenti in ogni foto e in ogni tabellino, e quando un tiro importante in un momento importante della partita deve essere tirato, probabilmente è a una di loro che le compagne passeranno la palla.
Le Golden State Valkyries una giocatrice così non ce l’hanno, perché la squadra è stata costruita in un altro modo. Quando nel febbraio del 2025 era ancora in fase di allestimento, si decise di iniziare a dare forma alla squadra a partire dalla 35enne Tiffany Hayes, una guardia afroamericana con 12 anni di esperienza in WNBA. Hayes è una giocatrice molto forte, ma non è mai stata considerata una giocatrice simbolo. È sempre stata una fortissima sesta donna, che nel gergo del basket definisce quella giocatrice che è spesso il primo cambio, ma non fa parte del cosiddetto quintetto di base.

Tiffany Hayes il 9 luglio a Indianapolis, Indiana (Michael Hickey/Getty Images)
Quella di sesto uomo (nell’NBA) o di sesta donna (nella WNBA) è una figura importante del basket: al punto che entrambe le leghe assegnano il relativo premio alla fine di ogni stagione. Nel 2024 quello di miglior sesta donna della WNBA lo ha vinto proprio Hayes.
Oltre a Hayes – la classica giocatrice d’esperienza che ogni squadra vorrebbe – sono arrivate diverse altre seste donne. Tra le altre, Kayla Thornton dalle New York Liberty (con cui ha vinto il titolo lo scorso anno), Veronica Burton dalle Connecticut Sun e Temi Fagbenle dalle Indiana Fever. Tutte giocatrici forti ed esperte, scelte anzitutto per evitare che, specie nelle prime partite, la squadra soffrisse troppo il debutto. Erano poi in gran parte giocatrici con una certa voglia di riscatto.
È stata proprio Fagbenle, centro anglo-nigeriana di 32 anni, a parlarne: «Siamo una squadra di seste donne, siamo arrivate da diverse squadre della lega e sappiamo cosa serve per fare squadra».
Nelle Valkyries gioca anche Zandalasini, che la scorsa stagione era nelle Minnesota Lynx, in cui faticava però a giocare con continuità. Con le Valkyries gioca molto di più, è più spesso nel vivo dell’azione e segna molti più punti: in questa stagione ha raggiunto per due volte il record personale di 18 punti a partita, e di recente ha segnato il canestro della vittoria nella partita contro Atlanta Dream.

Cecilia Zandalasini il 29 luglio a College Park, Georgia (Andrew J. Clark/ISI Photos/ISI Photos via Getty Images)
Oltre ad aver optato per alcune delle seste donne più forti che già giocavano in WNBA, le Valkyries hanno investito in due giocatrici francesi di 23 e 21 anni: Janelle Salaün e Carla Leite. Anche questa è una novità, visto che in WNBA si cerca di dare priorità a giocatrici statunitensi o formate in college americani. Quando è arrivata a San Francisco Leite non parlava per niente inglese, e la prima intervista ufficiale nel post-partita del suo esordio l’ha fatta con a fianco Salaün che traduceva per lei.
È la prima volta che una squadra di WNBA va così bene nella stagione di esordio, che in passato per altre squadre era stata una stagione in cui lo scopo principale era non farsi abbattere troppo dalle tante e nette sconfitte. Ma l’allenatrice delle Valkyries Natalie Nakase, un’ex giocatrice americana di origini giapponesi di 45 anni, sembra aver trovato un modo per sfruttare al meglio le sue seste donne, di fatto senza avere una vera e propria formazione titolare. In questo modo anche il gioco della squadra è più variabile e non lascia molti punti di riferimento alle avversarie: in una squadra di seste donne, la sesta donna è diversa in ogni partita perché lo è anche il quintetto di partenza.
In un certo senso anche Nakase si può considerare come una “sesta donna”, dato che quella alle Golden State Valkyries è la sua prima esperienza da prima allenatrice.



