Lo scontro fra Netanyahu e il suo capo dell’esercito
Eyal Zamir era stato scelto perché vicino alle idee del primo ministro, ma ora rischia il licenziamento come molti altri prima di lui

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il capo dell’esercito Eyal Zamir si stanno scontrando da alcuni giorni su diverse questioni, tra cui il nuovo piano israeliano di occupazione totale della Striscia di Gaza, rivelato due giorni fa dai media locali ma non ancora approvato in via definitiva. Secondo gli stessi media, Zamir lo riterrebbe troppo pericoloso per le persone che sono ancora tenute in ostaggio nella Striscia da Hamas o da altri gruppi radicali, un tema su cui già nei mesi scorsi si era compattato un pezzo di società israeliana contrario al modo in cui Netanyahu sta conducendo la guerra.
Lo scontro con Zamir è rilevante perché il capo dell’esercito era stato scelto proprio da Netanyahu meno di sei mesi fa, anche per la sua lealtà personale. Il primo ministro stava cercando di circondarsi di persone molto vicine a lui e alle sue idee, dopo mesi in cui quasi tutti i suoi principali collaboratori erano stati licenziati o si erano dimessi perché si erano opposti più o meno pubblicamente alle decisioni del governo.
La prima obiezione di Zamir riguarda il servizio militare per gli ebrei ultraortodossi, una questione da anni molto dibattuta in Israele. Fino a poco tempo fa gli ultraortodossi erano esentati dal servizio militare, ma poi una sentenza della Corte costituzionale israeliana aveva eliminato questa esenzione, di fatto costringendo il governo a intervenire. Netanyahu però sta prendendo tempo e sta rimandando l’introduzione della coscrizione obbligatoria per non scontentare i partiti ultraortodossi alleati del suo governo, e senza i quali rischierebbe di cadere. Zamir è invece favorevole alla misura.
La seconda obiezione di Zamir riguarda il piano di occupazione della Striscia e la sicurezza degli ostaggi (Israele ritiene che gli ostaggi ancora vivi siano 20). Secondo quanto riportato dai media israeliani, Zamir ritiene che un’offensiva militare su scala ancora maggiore spingerebbe Hamas a ucciderli e che l’occupazione militare di aree densamente popolate potrebbe causare anche grosse perdite tra i soldati israeliani. Zamir sarebbe favorevole ad andare avanti con il piano militare adottato negli ultimi mesi, che include il progressivo accerchiamento delle poche aree dove è stata costretta a spostarsi la maggior parte della popolazione palestinese e operazioni mirate di dimensioni più ridotte.
Sempre tramite la stampa, fonti vicine a Netanyahu hanno di fatto risposto ai dubbi di Zamir, dicendo al sito di news Ynet che se il generale non è d’accordo «può dimettersi».
Lo scontro tra i due è continuato martedì, quando il figlio di Netanyahu, Yair, che non ha incarichi pubblici e che vive a Miami, ha criticato sui social Zamir dicendo che sta promuovendo una «ribellione e un colpo di stato» all’interno dell’esercito. La televisione pubblica Kan ha inoltre raccontato di una nuova lite fra Zamir e Netanyahu, provocata dal fatto che il generale si sarebbe lamentato degli attacchi pubblici contro di lui.
La situazione non si è al momento ricomposta e l’ipotesi di dimissioni del capo dell’esercito resta possibile. Per il momento Zamir ha annullato una visita ufficiale negli Stati Uniti in cui avrebbe dovuto incontrare alcuni rappresentanti dell’esercito e funzionari del governo statunitense.

Eyal Zamir al Muro del Pianto il 5 marzo 2025. (AP Photo/Ohad Zwigenberg)
Fra il 2012 e il 2015 Zamir fu consigliere personale di Netanyahu sulle questioni militari e dal 5 marzo di quest’anno è in carica come capo di stato maggiore: ha preso il posto di Herzi Halevi, su cui il primo ministro aveva fatto ampie pressioni perché si dimettesse dopo che si era assunto le responsabilità del fallimento dell’esercito israeliano nel prevenire l’attacco di Hamas del 7 ottobre del 2023.
Zamir aveva elaborato il piano con cui Israele aveva ricominciato unilateralmente le operazioni di aria e terra nella Striscia di Gaza nel marzo del 2025 dopo due mesi di cessate il fuoco. Allora i media israeliani avevano raccontato che il governo lo aveva scelto proprio per la disponibilità a portare avanti un piano di guerra piuttosto radicale, che si è concretizzato in questi mesi nell’occupazione dell’80 per cento del territorio della Striscia.
Zamir ha 59 anni ed è nell’esercito, tra accademie militari, servizio attivo e altri ruoli, da quando ne aveva 14: ha fatto carriera nei reparti corazzati (quelli con i carri armati). Ha combattuto in Libano dopo l’invasione del 1982, in varie operazioni in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Nel 2018 era a capo del comando meridionale dell’esercito quando nella Striscia di Gaza cominciarono diverse manifestazioni chiamate la Grande marcia per il ritorno, in cui tutti i venerdì centinaia di palestinesi si radunavano al confine con Israele per protestare contro i moltissimi controlli e le restrizioni imposte sulla Striscia. Per disperdere le folle l’esercito usò la forza, e in nove mesi uccise 195 persone e ne ferì più di 29mila.



