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  • Mercoledì 6 agosto 2025

A Hiroshima è sempre il 6 agosto del 1945

La città giapponese distrutta dal primo attacco nucleare della storia è stata ricostruita in modo da ricordarlo a tutto il mondo

La “cupola” di Hiroshima nel Peace Memorial Park (Lucas Vallecillos/VWPics/Redux/contrasto)
La “cupola” di Hiroshima nel Peace Memorial Park (Lucas Vallecillos/VWPics/Redux/contrasto)
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Ottant’anni dopo l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima, il 6 agosto del 1945, la memoria di quell’evento devastante continua a definire e influenzare la città in modo molto più evidente rispetto ad altri luoghi dove si combatté nel secolo scorso. È la conseguenza di scelte precise delle amministrazioni comunali che si sono susseguite a Hiroshima e delle molte associazioni nate in città proprio per tramandare la memoria di quello che successe.

È impossibile non notarlo: l’attrazione principale, praticamente l’unica nel centro cittadino, è il Peace Memorial Park, un parco-memoriale di 12mila metri quadri dove ci sono oltre 30 statue e installazioni in ricordo della bomba, a partire da quella per le vittime coreane alla Torre dell’orologio, che rintocca ogni giorno alle 8:15. C’è anche la fiamma della Pace: venne accesa il 1° agosto del 1964 con l’intenzione di spegnerla solo quando nel mondo non ci saranno più armi atomiche, uno scenario che oggi sembra molto lontano.

Il Peace Memorial Park è forse l’unico posto in tutto il Giappone dove è raro vedere turisti che si fanno foto sorridendo. È però anche un luogo sereno, spesso pieno di bambini e bambine giapponesi che vanno lì per pranzare o passare il tempo.

A circa 100 metri c’è una targa abbastanza anonima, posta su un sostegno in marmo: passandoci davanti può sembrare un’indicazione turistica come tante altre. Indica invece il luogo esatto su cui esplose la bomba, a 600 metri di altezza dal suolo. L’area fu esposta a temperature tra i 3mila e i 4mila gradi centigradi, e moltissime persone che si trovavano nel raggio di chilometri morirono sul colpo. Si stima che il 6 agosto del 1945 morirono 70mila persone, e il numero arrivò a 100mila entro la fine dell’anno. Il 90 per cento degli edifici della città venne distrutto, e il centro raso al suolo. Hiroshima è stata completamente ricostruita dopo la fine della guerra.

La targa che indica il luogo esatto su cui esplose la bomba atomica a Hiroshima (Il Post)

L’unico edificio che rimase parzialmente in piedi è oggi noto come “la cupola”. Veniva usato dalla prefettura di Hiroshima per ospitare esposizioni commerciali, e si trova a 135 metri di distanza in linea d’aria dall’ipocentro dell’esplosione. Non è mai stato ristrutturato, come sorta di monito: la sua sagoma, con i pilastri e la struttura del tetto, è raffigurata su magliette, spille e calamite, ed è oggi il simbolo delle devastazioni nucleari. «La presenza di così tanti memoriali in centro collega il passato al presente anche a livello visivo», dice Yoshifumi Ishida, il direttore del Museo del memoriale della pace di Hiroshima.

Ci sono varie ragioni che spiegano perché Hiroshima è ancora così legata a un evento che la distrusse completamente. Fin da piccoli i bambini e le bambine che frequentano le scuole in città partecipano a progetti e lezioni speciali sulla storia dell’esplosione, sulle armi atomiche e sui loro rischi, cosa che contribuisce a diffondere consapevolezza. Molti abitanti inoltre hanno almeno un o una parente, amica o conoscente che morì o subì gli effetti dell’esplosione, e quindi da sempre ne parlano abitualmente.

«Non credo che le persone non vogliano dimenticare, è che non possono farlo», dice Toshiya Umehara, ex giornalista e docente all’Hiroshima Peace Institute, un centro di ricerca interno all’Università di Hiroshima. «Non tutti [quelli che vivono in città] sono specializzati in disarmo nucleare, ma l’idea di “non ripetere Hiroshima” è ampiamente accettata» e diffusa tra gli abitanti.

Umehara dice che il 6 agosto di ogni anno, nel giorno dell’anniversario, a Hiroshima è frequente vedere qualcuno che alle 8:15 si ferma, magari mentre sta andando al lavoro o è intento a fare altre cose, e fa un momento di silenzio. «Non è percepita come una cosa strana, anzi, è normale», dice.

Il cenotafio per le vittime della bomba atomica a Hiroshima, nel 2017 (Kyodo/via REUTERS)

Le conseguenze dell’esplosione sono rimaste evidenti per decenni e in parte esistono ancora oggi, soprattutto per via degli effetti delle radiazioni sul corpo umano, che aumentano il rischio di tumori e di malformazioni nei bambini. Da anni il livello di radiazioni a Hiroshima è sicuro ed è in linea con quello di moltissime altre città, ma ci sono ancora persone che soffrono di problemi collegati in modo diretto o indiretto alla bomba. Ishida, il direttore del Museo, dice che alcune delle domande più comuni fatte dai visitatori sono: “Per quanto tempo le radiazioni sono state dannose per la salute?”, e “Gli effetti sono ereditari?”.

– Leggi anche: Come si fa una bomba atomica

La memoria viene tramandata anche con iniziative governative. Lo status di città-memoriale è stato riconosciuto da una legge del 1949 che facilitò la ricostruzione, e nel 1982 l’allora sindaco di Hiroshima, Takeshi Akari, fondò l’associazione oggi chiamata Mayors for Peace (“Sindaci per la pace”): ne fanno parte i sindaci di quasi 8.500 città, di cui oltre 3mila in Europa.

Alcuni membri di Nihon Hidankyo a Tokyo, nel 2024 (Tomohiro Ohsumi/Getty Images)

Infine, una parte insostituibile del processo è svolta dagli hibakusha, le persone sopravvissute all’esplosione e che ne hanno vissuto gli effetti. Gli hibakusha sono stati a lungo discriminati, per paura e per una generale ignoranza sugli effetti delle radiazioni, che si temeva potessero essere contagiosi: negli anni successivi all’esplosione della bomba atomica molti non volevano neppure avvicinarsi a loro. Dal 1995 il governo riconosce loro assistenza nelle cure mediche e dà sussidi economici. Il ruolo degli hibakusha è stato fondamentale anche per la diffusione del cosiddetto “tabù nucleare”, ossia la convinzione condivisa secondo cui l’uso delle armi atomiche andrebbe sempre evitato.

Secondo i dati ufficiali, a marzo del 2025 in Giappone c’erano 99.130 hibakusha ufficialmente riconosciuti (il riconoscimento iniziò nel 1957), di cui circa 48mila a Hiroshima. L’età media è di 86 anni: man mano che invecchiano sarà sempre più complicato avere testimonianze dirette di quello che successe.

Al Museo vengono spesso organizzati interventi pubblici tenuti da hibakusha o dai loro familiari, e in città sono attive molte associazioni che coinvolgono persone con esperienze dirette o indirette della bomba. Nel 2024 una di queste, Nihon Hidankyo, ricevette il Premio Nobel per la Pace: è formata da hibakusha che promuovono iniziative di sensibilizzazione sul tema e chiedono l’eliminazione di tutte le armi nucleari.

Oggi, per l’anniversario degli ottant’anni dall’esplosione, a Hiroshima si sono tenuti vari eventi e cerimonie a cui si prevede partecipino rappresentanti da oltre 120 paesi e regioni, il numero più alto di sempre. Ci saranno anche alcuni delegati di paesi che oggi hanno un arsenale nucleare, come la Francia, il Regno Unito, gli Stati Uniti e Israele, che notoriamente non ha mai confermato ufficialmente di avere un programma nucleare, anche se si sa che c’è ed è molto avanzato. Il sindaco di Hiroshima Kazumi Matsui ha avvertito dei rischi del riarmo nucleare, e dell’idea che per proteggere la sicurezza del proprio paese serva l’atomica.