Il reato di fare propaganda comunista, in Cechia

Il provvedimento approvato da pochi giorni sta animando il dibattito politico, anche in vista delle elezioni di ottobre

Bandiere del KSČM durante una manifestazione del 2022 a Praga
Bandiere del KSČM durante una manifestazione del 2022 a Praga (Dominic Gwinn/ZUMA Press Wire)
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In Cechia c’è un partito comunista, il Partito comunista di Boemia e Moravia (KSČM), che ha rappresentanti al Parlamento Europeo e nei parlamenti locali, e secondo i sondaggi ha la possibilità di ottenerne anche alle prossime elezioni nazionali, fissate per ottobre. C’è però un problema: un emendamento al codice penale recentemente approvato ha criminalizzato la propaganda comunista nel paese.

L’emendamento è stato firmato nella seconda metà di luglio dal presidente della Repubblica, Petr Pavel, dopo essere stato approvato in parlamento tra fine maggio e giugno. Sarà in vigore dal 1° gennaio del 2026. In sostanza ha equiparato la promozione dell’ideologia comunista a quella del nazismo, inserendola nell’articolo 403 che già vietava la seconda, con pene previste da uno a cinque anni di carcere.

Si parlava da anni della possibilità di rendere reato la propaganda comunista, per ragioni storiche. Fino alla “rivoluzione di velluto” del 1989, infatti, in Cecoslovacchia ci fu un regime comunista allineato all’Unione Sovietica, che represse con la forza il dissenso. Per questo il comunismo è associato a un periodo della storia nazionale in cui mancarono la libertà e la democrazia, a differenza di altri paesi europei dove i comunisti non governarono. Nel 1993 poi il paese si divise in Cechia e Slovacchia.

Il primo ministro Petr Fiala durante un comizio dello scorso maggio

Il primo ministro Petr Fiala durante un comizio dello scorso maggio (Tomas Tkacik/SOPA Images via ZUMA Press Wire)

L’emendamento è stato promosso dall’Istituto ceco per lo studio dei regimi totalitari (USTR) ed è stato sostenuto dal governo di destra di Petr Fiala in parlamento, dove è passato con una maggioranza più ampia di quella risicata abituale per la sua coalizione.

Il provvedimento, come detto, ha fatto preoccupare il Partito comunista di Boemia e Moravia (KSČM), che discende da quello della dittatura ma nel corso del tempo se n’è distanziato. Il KSČM ha raccontato la misura come un attacco politico nei suoi confronti. Oggi fa parte di un’alleanza di sinistra radicale chiamata Stačilo! (“Basta!”) che aveva preso quasi il 10 per cento alle elezioni europee del 2024 e nei sondaggi sta due punti sopra la soglia di sbarramento del 5 per cento.

In questi giorni la leader del KSČM, l’eurodeputata Kateřina Konečná, ha definito la misura un tentativo del governo di «silenziare i suoi critici più rumorosi». Non è ancora chiaro, però, che conseguenze avrà per il partito, che ha uno statuto approvato dal ministero dell’Interno. Uno dei deputati che hanno redatto l’emendamento, Martin Dlouhý, ha escluso che porti allo scioglimento del KSČM, come avvenne invece nel 2010 per il Partito dei Lavoratori di estrema destra che la Corte suprema ritenne in piena continuità ideologica col nazismo.

L'ex primo ministro Andrej Babiš a un evento dei Patrioti per l'Europa a Mormant-Sur-Vernisson, in Francia, lo scorso giugno

L’ex primo ministro Andrej Babiš a un evento dei Patrioti per l’Europa a Mormant-Sur-Vernisson, in Francia, lo scorso giugno (Vincent Isore/IP3 via ZUMA Press)

Anche diversi esperti legali hanno espresso dubbi. Molto dipenderà dall’interpretazione che daranno i giudici degli eventuali ricorsi. In altre interviste esponenti del partito hanno detto di non temere provvedimenti, sostenendo che il loro programma non violi la legge. La formulazione dell’articolo prescrive che debba essere dimostrato che i movimenti promuovano «la soppressione dei diritti umani, della libertà, o incitino all’odio razziale, etnico, nazionale, religioso o basato sulla classe». Una cosa aliena al KSČM, secondo i suoi dirigenti.

È possibile che, alla fine, l’emendamento avrà conseguenze soprattutto simboliche: Šimon Heller, un deputato della coalizione di governo, ha fatto l’esempio delle magliette con la faccia di Lenin vendute online, o delle bandiere dell’Armata Rossa (l’esercito sovietico) esposte alle commemorazioni della Seconda guerra mondiale. Quelle potrebbero iniziare a essere vietate.

Il contesto politico del provvedimento, con le elezioni in autunno, è rilevante. Nelle intenzioni di voto è in netto vantaggio il partito sovranista dell’ex primo ministro Andrej Babiš (Azione dei cittadini insoddisfatti, ANO). Il KSČM e Stačilo! (la lista di sinistra) potrebbero essere decisivi per formare una maggioranza nel prossimo parlamento e Babiš non ha escluso di cercare un’alleanza con loro (era avvenuto già tra il 2018 e il 2021), avendo sostenuto già nel 2024 di non considerarli più comunisti.

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