Il caso attorno all’ultima campagna pubblicitaria con Sydney Sweeney

Il marchio American Eagle fa un gioco di parole tra "jeans" e "geni", e online tutti hanno avuto qualcosa da dire

(Scott A Garfitt/Invision/AP)
(Scott A Garfitt/Invision/AP)
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Dalla scorsa settimana negli Stati Uniti è in corso una polemica attorno alla nuova campagna pubblicitaria dell’azienda di abbigliamento American Eagle con l’attrice Sydney Sweeney, che negli ultimi anni è diventata molto famosa per il suo ruolo nella serie tv Euphoria e come sex symbol.

Il caso è nato per via del suo slogan, «Sydney Sweeney has great jeans» («Sydney Sweeney ha degli ottimi jeans), che si basa su un gioco fonetico: in inglese infatti “jeans” si pronuncia come “genes”, “geni”.

Le opinioni più critiche hanno interpretato lo slogan come un riferimento, involontario o deliberato, all’idea (sostenuta dal nazismo) per cui le persone bianche, bionde e con gli occhi azzurri sarebbero geneticamente migliori delle altre.

Dall’altra parte, la destra americana ha difeso la campagna di American Eagle, facendone il simbolo di una delle sue tante battaglie culturali contro il “politicamente corretto” e la cosiddetta “ideologia woke”. A rafforzare questa identificazione hanno contribuito l’estetica molto tradizionale di Sweeney e le sue origini (è cresciuta a Spokane, nello stato di Washington, una città ai margini del cosiddetto Mountain West, ampia regione interna degli Stati Uniti spesso associata a valori conservatori).

In generale è stato fatto notare come, coerentemente con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, anche nel settore della pubblicità approcci più conservatori e tradizionali stiano tornando a funzionare, dopo anni in cui la maggior parte delle aziende aveva puntato su immaginari più progressisti e inclusivi.

Come succede sempre più spesso con contenuti o polemiche che diventano virali, online è nato un dibattito sproporzionato e molto polarizzato, alimentato dal fatto che sui social network è diventato fondamentale seguire gli argomenti di tendenza per far guadagnare visibilità ai propri contenuti. Il giornalista dell’Atlantic Charlie Warzel ha riassunto la questione così: «i progressisti manifestano la loro autentica indignazione, i conservatori rispondono a tono catalogando quell’indignazione e usandola per dipingere i loro oppositori ideologici come isterici, iperattivi e fuori dal mondo. Poi, i creatori di contenuti più esperti si aggrappano al discorso di tendenza e cavalcano gli algoritmi di TikTok, X e ogni altra piattaforma».