Il campionato di calcio libico si sta giocando a Milano, a porte chiuse
Siamo entrati all’Arena Civica dove le squadre delle due Libie rivali si stanno giocando i playoff, tra sicurezza privata e qualche bisticcio
di Daniele Raineri, foto di Gabriele Micalizzi

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Martedì due squadre di calcio venute dalla Libia, l’al Ittihad di Tripoli e l’as Swehly di Misurata, hanno giocato all’Arena Civica di Milano una partita della fase finale del campionato libico. È finita 3-2 per l’al Ittihad a dispetto dell’assenza in campo del suo calciatore migliore, l’egiziano Mahmoud Abdel Moneim soprannominato Kahraba, che in arabo vuol dire elettricità, per l’energia che imprime al gioco.
La fase finale del campionato si sta giocando a porte chiuse in Italia. Le partite sono trasmesse in diretta in Libia e martedì le pubblicità sui tabelloni digitali a bordo campo erano in arabo.

La partita all’Arena Civica di Milano (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
È una situazione a prima vista assurda e poco spiegabile, anche perché alla fase finale partecipano le squadre di tutta la Libia, nonostante il paese sia da anni diviso in due, coi due governi che si fanno periodicamente la guerra. L’Italia riconosce come legittimo soltanto il governo di Tripoli, che controlla la metà occidentale del paese, ma ha rapporti informali anche con il governo del generale Khalifa Haftar, che controlla la parte orientale, come dimostra anche il programma di addestramento dei soldati di Haftar nelle basi militari italiane di Toscana e Sardegna, raccontato dal Post. Per questo la scelta dell’Italia di ospitare il campionato libico è da intendersi come un’operazione diplomatica per guadagnare influenza con entrambi i governi.
L’al Ittihad storicamente è sempre stata più forte dell’as Swehly, ma negli ultimi tre anni la posizione si è ribaltata: quella di martedì era quindi considerata una partita equilibrata. E infatti il primo a segnare all’ottavo minuto di gioco è stato il centrocampista ivoriano Fousseny Coulibaly dell’as Swehly, 35 anni di età ma pur sempre un fisico impressionante e 193 centimetri di altezza. L’al Ittihad ci ha messo appena quattro minuti a pareggiare.

Fousseny Coulibaly, col dito alzato, dopo aver fatto gol (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
L’azione migliore è arrivata all’86esimo minuto, quando i giocatori dell’al Ittihad hanno preso una traversa di testa e subito dopo un palo in rovesciata. Sugli spalti c’era soltanto un’ottantina di tifosi libici, perché come si è detto la partita era a porte chiuse per motivi di sicurezza. C’era anche Aliou Cissé, ex difensore senegalese e attuale allenatore della nazionale libica.

Aliou Cissé alla partita (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
In pratica gli staff che avevano accompagnato le squadre dentro all’Arena civica erano una parte importante delle tifoserie e la più numerosa era quella dei tripolini – del resto Tripoli con un milione e trecentomila abitanti è la città più grande della Libia. Un drappello di bodyguard privati in abiti scuri sorvegliava che nessuno potesse passare dagli spalti al campo.

(Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
Questa fase finale è organizzata così: le tre squadre migliori della Libia occidentale e le tre squadre migliori della Libia orientale si affrontano in un torneo che dura cinque giornate, tra il 25 luglio e l’11 agosto. A ogni giornata del torneo tre squadre giocano in simultanea contro altre tre squadre, in tre stadi della provincia di Milano: l’Arena Civica, il Meda e lo stadio di Sesto San Giovanni. Alla fine chi ha il punteggio migliore vince il campionato libico.
Molti tifosi erano in rosso, perché le magliette ufficiali di entrambe le squadre sono rosse (ma in campo l’as Swehly era in blu). Ci sono stati tafferugli embrionali tra i tifosi, che non sono diventati nulla di serio grazie all’intervento dei carabinieri. Anche alla prima giornata c’era stata tensione. Al Ittihad e as Swehly stanno dalla stessa parte nella Libia occidentale e viene da sospettare che potrebbe esserci una tensione più alta in caso di partite tra Libie rivali. Subito dopo il blandissimo confronto sugli spalti tra tifosi un membro dello staff libico ha domandato al Post di cancellare le foto.

Il momento di tensione tra tifosi durante la partita (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
Gaël Mahé è il direttore della Sport Global Management, l’agenzia con sede a Ginevra, in Svizzera, che ha organizzato il torneo in Italia. Occhiali, completo, risponde in inglese. Dice al Post che l’incarico gli è stato affidato grazie ai numerosi contatti che la sua agenzia ha anche con i club nordafricani e di avere scelto i tre stadi lombardi perché erano disponibili e vicini tra loro. «Abbiamo chiamato arbitri della Serie A italiana, perché stiamo trattando questa fase finale come un torneo di alto livello». Dice che la sicurezza è stato uno degli aspetti più curati durante l’organizzazione. «Mi raccomando, c’è da sottolineare che tutto questo è una cosa positiva», dice e indica la partita in corso in campo.
Per molti anni l’Italia è stata un partner importante della Libia, per molte ragioni, che vanno dalla sicurezza all’immigrazione alle risorse energetiche fino alla vicinanza geografica. Poi la capacità italiana di farsi ascoltare dai libici è diminuita ed è stata rimpiazzata dall’influenza di altri paesi, che oggi fanno molto di più, come la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti.
Adesso c’è uno sforzo per recuperare posizioni con i libici, che però non ottiene ancora risultati come dimostra il respingimento all’aeroporto di Bengasi (in Libia orientale) del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lo scorso 8 luglio.


















