Si è dimesso il sindaco di Taranto Piero Bitetti, eletto neanche due mesi fa
Per ragioni a suo dire di «inagibilità politica», dopo che è stato contestato da comitati civici e ambientalisti

Lunedì sera si è dimesso Piero Bitetti, il sindaco di Taranto eletto solo a inizio giugno e sostenuto da una coalizione di centrosinistra. Le sue dimissioni sono state improvvise e ancora non sono ben chiari i motivi. Le ha presentate dopo un incontro molto teso in comune con alcuni rappresentanti di comitati civici e ambientalisti sul piano per l’ex ILVA, l’acciaieria della città di cui si discute da anni per il suo enorme impatto industriale, ambientale e sociale. Se ne parla con particolare urgenza in queste settimane, in cui ci sono diverse scadenze cruciali per arrivare alla vendita che dovrebbe risolvere la crisi in cui versa l’acciaieria da tempo.
La discussione coi comitati era stata molto accesa, tanto che Bitetti aveva lasciato in anticipo il palazzo del comune. Fuori c’era una protesta e, a quanto si capisce, alcuni manifestanti avrebbero avuto atteggiamenti ritenuti minacciosi dallo stesso sindaco, al quale sarebbe stata impedita l’uscita: Bitetti allora è rientrato e ha presentato le sue dimissioni, con una lettera in cui ha menzionato una condizione di «inagibilità politica». Le sue dimissioni rischiano di creare un vuoto in un momento particolarmente importante per il futuro dell’ex ILVA: la legge prevede per i sindaci 20 giorni di tempo per confermarle o ritirarle.
L’incontro di lunedì con i comitati era stato previsto in vista di due appuntamenti cruciali: il consiglio comunale di mercoledì e l’incontro col governo di giovedì, durante i quali dovrà essere discussa e approvata la bozza dell’accordo di programma, un documento che dovrebbe fissare modi e tempi della decarbonizzazione, cioè il passaggio per l’impianto a un sistema di produzione meno inquinante rispetto agli attuali altoforni alimentati a carbone.
È un documento perlopiù di indirizzo politico, ma importante per la vendita dell’acciaieria insieme alla cosiddetta AIA, l’“Autorizzazione integrata ambientale”. Devono approvarlo tutte le parti che hanno un qualche titolo a decidere sul futuro dell’ex ILVA: il ministero delle Imprese, che ne è il proprietario e lo gestisce attraverso tre commissari straordinari; i sindacati; la Regione Puglia; e il comune di Taranto, appunto.
Il governo la controlla da più di un anno in amministrazione controllata, dopo la fallimentare gestione del gruppo franco-indiano ArcelorMittal, a sua volta preceduta da altri commissari pubblici e prima ancora dal gruppo Riva, che la acquisì negli anni Novanta quando era uno stabilimento pubblico, l’Italsider. Ora vorrebbe sbarazzarsene e trovare un modo per risolvere una volta per tutte gli annosi problemi ambientali e occupazionali legati all’impianto.
Bitetti era stato eletto a inizio giugno dopo una campagna elettorale in cui aveva puntato molto proprio sui temi legati all’ex ILVA. Aveva vinto al ballottaggio contro Francesco Tacente, a capo di una coalizione di centrodestra sostenuta dalla Lega e da alcune liste civiche.
Ha 51 anni e prima di diventare sindaco lavorava come dirigente nell’azienda di famiglia. Ha una lunga carriera politica in comune e in provincia: ha fatto l’assessore comunale, il consigliere delegato in provincia e il consigliere comunale. Nel 2017 si era già candidato sindaco con sette liste civiche collocabili nell’area del centrosinistra, ma aveva ottenuto solo l’8,19 per cento dei voti.
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