Fra Cambogia e Thailandia ci sono 180mila sfollati
Le aree interessate sono aumentate, molte persone hanno dovuto lasciare le loro case e 32 sono morte

Sabato gli eserciti di Cambogia e Thailandia si sono scontrati per il terzo giorno consecutivo, in almeno dodici aree di confine. Le zone interessate dall’attività militare si stanno progressivamente ampliando e sabato mattina ci sono stati scontri anche più a sud, nella zona costiera della provincia di Trat. Finora almeno 32 persone sono morte negli scontri, iniziati giovedì, e quasi 180mila hanno dovuto lasciare le proprie case. La Thailandia ha organizzato 300 centri per accogliere gli sfollati, che sono circa 140mila e provengono principalmente da tre province: Surin, Sisaket e Ubon Ratchathani. Il governo cambogiano ha detto invece di aver evacuato quasi 40mila persone dalle zone di confine.
I civili di entrambi i paesi hanno iniziato a lasciare le proprie abitazioni giovedì, quando gli scontri fra i due paesi in poche ore sono diventati intensi, con l’utilizzo di artiglieria, razzi e – da parte thailandese – di bombardamenti con aerei da guerra F-16 di produzione statunitense. Gli attacchi hanno coinvolto obiettivi civili: il primo giorno un razzo cambogiano ha colpito un’affollata stazione di servizio nella provincia di Surin, uccidendo nove persone. Tredici dei 19 morti thailandesi sono civili (sei militari), mentre la Cambogia ha detto che gli attacchi thailandesi hanno ucciso otto civili e cinque soldati.

Un mezzo militare cambogiano diretto verso il confine a Samrong, il 26 luglio (AP Photo/Anton L. Delgado)
I centri per gli sfollati thailandesi sono perlopiù palazzetti dello sport e altre strutture civili in cui sono state allestite aree per dormire, con letti o materassi, e dove vengono forniti cibo e assistenza medica. In otto distretti thailandesi (un’unità amministrativa più piccola delle province) è stata dichiarata la legge marziale; la Cambogia ha chiuso 500 scuole. Gli aerei civili non possono sorvolare le zone di scontri, ma i voli fra le due capitali Phnom Penh e Bangkok, (ma anche quelli fra Bangkok e Siem Reap) stanno invece continuando normalmente.
Gli scontri fra i due paesi sono il risultato della tensione cresciuta negli ultimi mesi riguardo a una disputa di confine che dura da decenni. Il confine fra i due paesi è lungo 820 chilometri e fu definito per la prima volta nel 1907 dalla Francia, che occupò come potenza coloniale la Cambogia fino al 1953. La Thailandia non riconosce la validità della mappa francese, soprattutto in alcune zone in cui sono presenti importanti templi indù su cui reclama la sovranità. Queste dispute territoriali si inseriscono in una rivalità piuttosto accesa fra i due paesi, che ha antiche ragioni storiche e che è fomentata da un diffuso nazionalismo da entrambe le parti.

Un centro di evacuazione thailandese nella provincia di Surin (AP Photo/Sakchai Lalit)
Gli ultimi grandi scontri erano avvenuti nel 2011, poi il 28 maggio di quest’anno c’è stata una prima sparatoria fra soldati che di fatto ha riacceso le tensioni, trasformatesi in questi giorni in scontri aperti. Venerdì il primo ministro thailandese Phumtham Wechayachai ha detto che esiste la possibilità che gli scontri «si trasformino in una guerra». I due paesi si accusano a vicenda di aver sparato per primi e di aver utilizzato armi sempre più pesanti, anche contro la popolazione civile.

Il centro di evacuazione cambogiano di Wat Tham Kambar (AP Photo/Heng Sinith)
La Cambogia venerdì ha chiesto in un incontro alle Nazioni Unite un «cessate il fuoco senza condizioni» e il suo governo ha detto di aver accettato un piano di mediazione proposto dalla Malaysia. La Thailandia non ha commentato ma ha rifiutato una mediazione di una terza parte, dicendo di preferire incontri bilaterali.



