Gli anime sono diventati fondamentali per le piattaforme di streaming

I cartoni giapponesi sono tra i contenuti più richiesti dagli abbonati, e in particolare da quelli più giovani

Un uomo guarda una puntata di Dragon Ball su un tablet (Artur Debat/Getty)
Un uomo guarda una puntata di Dragon Ball su un tablet (Artur Debat/Getty)
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Fino a una decina d’anni fa, guardare una serie animata giapponese (anime) per intero poteva essere faticoso. Valeva in generale per molte serie TV che venivano trasmesse in televisione con programmazioni spesso variabili (a volte un paio di episodi al giorno, altre uno o due a settimana, e così via), e bastava un pomeriggio fuori casa per perdere il filo della storia. Nel caso degli anime, però, c’era una difficoltà in più: molte serie venivano distribuite fuori dal Giappone in modo irregolare o con grande ritardo, e in alcuni casi non arrivavano affatto. Chi voleva seguirle insomma aveva poche alternative: nella maggior parte dei casi si affidava alla pirateria, scaricando le puntate con software come eMule o guardandole su piattaforme di streaming illegali.

Oggi le cose sono cambiate: esistono piattaforme interamente dedicate al genere, come Crunchyroll, che consentono di avere accesso a centinaia di anime a prezzi accessibili. Ma anche i servizi di streaming più generalisti, come Netflix, Prime Video o Disney+, hanno cominciato a puntare molto su questo tipo di produzioni, intuendone il potenziale commerciale. Gli anime attraggono infatti un pubblico ampio, giovane e molto fedele, e spesso riescono a generare numeri comparabili – se non superiori – a quelli delle produzioni in live action, cioè con attori veri.

Secondo uno studio condotto da Dentsu, una delle più grandi agenzie di comunicazione al mondo, il 48 per cento degli spettatori si abbonerebbe a Netflix proprio per guardare anime. Per Disney+ e Amazon Prime Video le percentuali sarebbero un po’ più basse ma comunque notevoli: rispettivamente il 32 e il 29 per cento.

A inizio luglio, durante una fiera di settore a Los Angeles, la stessa Netflix ha rivelato che più del 50 per cento dei suoi abbonati – circa 300 milioni di persone in totale – guarda anime. Nel 2024 gli anime sono comparsi per 33 volte nella Top 10 Netflix Global, la classifica costantemente aggiornata delle serie più viste al mondo sulla piattaforma, più del doppio rispetto al 2021. Per adeguarsi alla richiesta, Netflix ha iniziato a offrire anime con doppiaggio e sottotitoli in più di 30 lingue.

Amazon Prime non ha diffuso dati specifici, ma ha confermato l’importanza degli anime per il proprio catalogo. Jennifer Salke, all’epoca direttrice di Amazon Studios MGM, a marzo aveva annunciato che uno degli obiettivi per il prossimo anno era ampliare l’offerta di anime e rendere la piattaforma più competitiva in questo ambito.

Jason DeMarco, responsabile della produzione di anime per Adult Swim (il blocco serale di Cartoon Network) e per lo studio Warner Bros. Animation, ha detto a Vulture che oggi, per ogni servizio di streaming, avere una selezione di anime ben curata è indispensabile perché in caso contrario gli spettatori più giovani «fanno fatica a mostrarsi anche solo minimamente interessati a una piattaforma».

Uno dei motivi per cui gli anime sono diventati di così largo interesse è l’ampliamento del loro pubblico di riferimento. Da più di mezzo secolo gli anime e i manga (i fumetti da cui sono tratti) sono diventati uno dei settori più importanti dell’industria dell’intrattenimento in Giappone, dove l’offerta è diventata ampissima. Le opere si differenziano moltissimo in base al genere (fantascienza, horror, romantico, avventura e così via), e riescono a intercettare praticamente qualsiasi segmento di pubblico.

Fuori dal Giappone invece gli anime sono stati a lungo considerati dei prodotti destinati quasi esclusivamente al pubblico maschile. Oggi, però, la situazione è molto diversa. Secondo un sondaggio commissionato da Crunchyroll e condotto dalla società di ricerca National Research Group (NRG), il 44 per cento dei fan adolescenti è composto da ragazze.

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Un’altra tendenza piuttosto eccezionale degli anime è che, a differenza delle altre serie, vengono spesso distribuiti su più piattaforme contemporaneamente.

È una strategia che DeMarco ha adottato per diverse serie che ha prodotto: per esempio negli Stati Uniti Suicide Squad Isekai è disponibile sia su Hulu che su Max, così come FLCL: Shoegaze e Grunge. Lazarus invece è stato distribuito su Max e su altre piattaforme a livello internazionale. Un altro esempio è quello di DanDaDan, uno degli anime più apprezzati dello scorso anno, disponibile sia su Netflix che su Crunchyroll.

In altri casi, anime che appartengono allo stesso franchise sono presenti in varie forme su più piattaforme. Un caso emblematico in questo senso è quello di Dragon Ball, forse l’anime più famoso di sempre: Dragon Ball Daima, la serie animata più recente, è uscita lo scorso anno su Netflix, mentre la serie animata classica è disponibile su Amazon Prime. Su entrambe le piattaforme, e anche sulla concorrente Disney+, sono inoltre presenti diversi OAV (Original Video Animation, ossia film animati autoconclusivi) tratti dalla saga.

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Secondo DeMarco, le piattaforme rinunciano sempre più spesso all’esclusiva degli anime per una ragione strategica: è preferibile condividere un titolo di successo con i concorrenti piuttosto che rinunciarvi del tutto, correndo il rischio di perdere l’occasione di attirare un pubblico interessato.

Aumentare le possibilità di guardare legalmente gli anime contribuisce anche a contrastarne la pirateria, un problema storicamente molto associato agli anime. Per decenni molte nuove serie non sono state distribuite legalmente fuori dal Giappone, e questa situazione ha favorito la loro circolazione su piattaforme di streaming illegali, la pratica del cosiddetto “fansubbing” (la traduzione amatoriale fatta dai fan) e l’abitudine di scaricare episodi attraverso software come eMule.

Lo stesso Crunchyroll, prima di diventare una piattaforma legale, era un sito pirata. Oggi gran parte del pubblico, soprattutto quello più adulto, preferisce l’accesso tramite servizi a pagamento, ma la pirateria resta un problema diffuso. Per dare un’idea, lo scorso ottobre HiAnime, il più grande sito illegale per guardare gli anime, aveva registrato 364 milioni di visite, superando persino una piattaforma di streaming legale come Disney+.

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