Le condizioni nel carcere di “Alligator Alcatraz”, in Florida
Diversi detenuti in attesa di essere espulsi segnalano la mancanza di servizi igienici adeguati e altri problemi, negati dai funzionari statali

La notizia della detenzione di due immigrati italiani nel carcere per immigrati irregolari “Alligator Alcatraz”, in Florida, ha attirato anche in Italia attenzioni verso una struttura di cui negli Stati Uniti si parla fin dalla sua apertura, all’inizio di luglio. Può ospitare tremila persone detenute in attesa di essere espulse, si trova nella regione paludosa delle Everglades popolata da molti alligatori, da cui il nome. Piace molto ai Repubblicani e al presidente Donald Trump, perché si adatta bene alla spettacolarizzazione delle dure politiche del governo per contrastare l’immigrazione illegale.
«Questo è un campo di concentramento. Ci trattano da criminali, allo scopo di umiliarci. Siamo tutti lavoratori e persone che badano alla loro famiglia», ha detto al telefono con il quotidiano Tampa Bay Times uno dei due detenuti italiani, il 63enne Fernando Eduardo Artese. Vive negli Stati Uniti da quasi 10 anni, dopo essere arrivato con un visto di 90 giorni. È stato arrestato a fine giugno mentre con sua moglie e sua figlia, che lo avevano raggiunto legalmente nel 2018, stavano viaggiando verso il Messico per trasferirsi in Argentina. Su di lui era stato emesso un mandato di arresto perché non si era presentato all’udienza prevista dopo che lo avevano trovato a guidare senza patente.
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La storia di Artese somiglia a molte altre descritte sui giornali statunitensi negli ultimi giorni. «Gli avvocati stanno già segnalando che alcune persone detenute in questa struttura sono state arrestate per violazioni del codice della strada o semplicemente per reati minori, probabilmente perché sembrano latinoamericani», ha detto il giornalista del New Yorker Jonathan Blitzer. È una descrizione in linea con l’indicazione data dall’amministrazione di Donald Trump all’ICE, l’agenzia federale dell’immigrazione, di arrestare più persone possibili con l’obiettivo di espellerle. Questa politica ha colpito in modo sproporzionato le persone latinoamericane, molte delle quali da mesi raccontano di aver paura di essere interrogate o arrestate dall’ICE, indipendentemente dal fatto che abbiano o no un permesso di soggiorno, solo per il loro aspetto e il colore della loro pelle.
A proposito delle condizioni all’interno del centro Blitzer ha aggiunto di avere ricevuto segnalazioni di «orrori di ogni sorta»: spazi angusti, cibo infestato dagli insetti, acque reflue che scorrono sul pavimento, mancanza di farmaci e di cure mediche.
I detenuti vivono per la maggior parte del tempo dentro grandi gabbie da 32 posti letto, costruite all’interno di enormi tendoni da campo, senza né libri né televisione, e senza alcuna attività ricreativa possibile. Le luci restano accese anche di notte. I bagni chimici sono intasati. Quando piove, cioè quasi tutti i giorni, dai tendoni passa l’acqua ed entrano grandi quantità di insetti, ha scritto il New York Times. Alcuni detenuti hanno detto che le porzioni dei pasti sono ridotte, che non hanno possibilità di lavarsi con frequenza e che si ammalano spesso.
«Siamo letteralmente in gabbia come i polli» ha detto domenica al Tg2 Gaetano Mirabella Costa, l’altro cittadino italiano detenuto nel carcere. A inizio luglio Mirabella Costa, che ha 45 anni, aveva finito di scontare una condanna a sei mesi di carcere per aggressione e detenzione di stupefacenti, ma invece che essere liberato è stato trasferito nel centro, con l’accusa di aver violato la legge sull’immigrazione.
Alcuni agenti in servizio nel centro hanno raccontato in forma anonima al Washington Post che anche i loro alloggi sono molto angusti: dei cubicoli di 5 metri per 5 con un letto a castello, all’interno di unità mobili simili a roulotte. I bagni sono abbastanza distanti e spesso intasati, il cibo è freddo, e durante certi turni di lavoro da 12 ore gli agenti sono stati costretti a rimanere in piedi tutto il tempo, esclusi 15 minuti di pausa pranzo.
I funzionari locali e l’ICE hanno negato l’esistenza dei problemi denunciati dai giornali. Alcune condizioni di precarietà dipendono in generale dalla costruzione frettolosa del centro e dalla sua posizione. È allestito infatti nell’area di un vecchio aeroporto non più in funzione, in una zona della Florida isolata e lontana dalle principali città. Le infrastrutture sono così carenti, ha scritto il New York Times, che rifiuti e liquami devono essere trasportati via da grandi camion.
Il costo annuale di gestione della struttura sarà di circa 450 milioni di dollari ed è stata allestita a fine giugno in soli otto giorni su ordine del governatore dello stato, Ron DeSantis, ex avversario di Trump alle primarie e da tempo suo fedele sostenitore.



