In Sardegna sarà possibile accedere all’aborto farmacologico nei consultori e a domicilio

Manifestazione femminista organizzata da Non Una di Meno, Roma, 28 settembre 2024 (Marcello Valeri/ZUMA Press Wire)
Manifestazione femminista organizzata da Non Una di Meno, Roma, 28 settembre 2024 (Marcello Valeri/ZUMA Press Wire)

In Sardegna sarà possibile accedere all’aborto farmacologico nei consultori e, in via sperimentale, anche a domicilio. L’assessore della Sanità Armando Bartolazzi ha infatti annunciato l’avvio di un percorso per recepire le linee di indirizzo nazionali sull’interruzione di gravidanza approvate nel 2020. Queste linee di indirizzo hanno introdotto alcuni importanti cambiamenti sull’accesso all’aborto farmacologico, quello praticato con l’assunzione di due farmaci a 48 ore di distanza l’uno dall’altro (il mifepristone, cioè la pillola abortiva RU486, e il misoprostolo). Per esempio la somministrazione dei farmaci ora si può fare fino alla nona settimana, e non più alla settima, ed è possibile farla anche in consultorio e riceverla in day hospital senza passare notti in ospedale.

Su proposta di Bartolazzi la giunta, che è di centrosinistra ed è presieduta da Alessandra Todde, ha incaricato la Direzione generale della Sanità di lavorare a delle linee guida regionali per garantire l’accesso dell’aborto farmacologico anche fuori dagli ospedali, dunque nei consultori e negli ambulatori pubblici attrezzati, purché collegati a una struttura ospedaliera e autorizzati dalla regione. Sarà inoltre avviata una sperimentazione per l’assunzione domiciliare del farmaco. Il percorso sarà sempre integrato con la rete ospedaliera di riferimento, per garantire sicurezza, tutela e continuità assistenziale.

Secondo l’ultima relazione del ministero della Salute sull’attuazione della legge 194, che consente in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza, in Sardegna c’è il 61,5 per cento di medici obiettori. Inoltre solo il 38,1 per cento degli aborti avviene per via farmacologica (contro il 51,3 per cento di media nazionale). Per quanto riguarda i metodi dell’aborto chirurgico, la Sardegna è la regione in cui c’è il tasso più alto di raschiamenti (21 per cento), che a differenza della tecnica dell’isterosuzione è associato a un maggior rischio di complicanze per la donna.