Che storia ha la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza
È l’unica chiesa cattolica della Striscia e dall’inizio della guerra ha dato rifugio a centinaia di civili, cristiani e musulmani

Dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza la parrocchia della Sacra Famiglia non era soltanto un luogo di culto per i fedeli cattolici, ma anche un rifugio abbastanza sicuro per centinaia di persone. Giovedì l’esercito israeliano ha colpito la chiesa e le strutture della parrocchia, probabilmente con un colpo di artiglieria sparato da un carro armato: tre persone sono state uccise e nove ferite, tra cui il parroco argentino Gabriel Romanelli (è stato ferito lievemente a una gamba).
La Sacra Famiglia è l’unica chiesa cattolica nella Striscia di Gaza: si trova a nord-ovest della città di Gaza, nel nord della Striscia, e per oltre un anno e mezzo era stata in buona parte risparmiata dai bombardamenti israeliani, che hanno distrutto la città tutto intorno. Da mesi Israele sta conducendo operazioni militari per svuotare il nord della Striscia: per questo ha ordinato molte volte alla popolazione della città di Gaza di andarsene. Romanelli e i suoi colleghi però hanno sempre deciso di rimanere, e di dare ospitalità a più persone che potevano: attualmente più di 500 civili sia cristiani sia musulmani vivono ammucchiati in tutti gli spazi della parrocchia. L’attacco israeliano di giovedì e i danni subìti dalle strutture potrebbero mettere a repentaglio questo rifugio.
La parrocchia è gestita da tre sacerdoti, coordinati dal parroco Romanelli, e cinque suore appartenenti a due congregazioni. La struttura è composta dalla chiesa, da una grande scuola che in tempo di pace ospitava più di 500 studenti, dagli alloggi dei religiosi e da altri edifici secondari. Le strutture sono disposte attorno a un cortile, che ha tra le altre cose un campo sportivo e veniva usato per varie attività.
Quando è cominciata la guerra, nell’ottobre del 2023, la Sacra Famiglia ha immediatamente cominciato ad accogliere persone che scappavano dai bombardamenti israeliani. Poiché anche nelle guerre precedenti la parrocchia aveva fatto da rifugio per i civili, i sacerdoti tenevano sempre pronta una scorta di cibo, che ha aiutato le famiglie rifugiate nei primi giorni. Con il passare del tempo però la carenza di cibo è diventata uno dei principali problemi, come ovunque nella Striscia di Gaza: Israele controlla tutti i confini della Striscia e da maggio gestisce la quasi totalità delle operazioni di distribuzione del cibo, con un sistema che causa sistematicamente stragi di persone palestinesi.
All’inizio della guerra Romanelli si trovava a Betlemme, fuori dalla Striscia di Gaza, ed è potuto rientrare nella sua parrocchia soltanto a maggio del 2024. Assieme a Romanelli arrivò anche il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, la massima autorità della Chiesa cattolica in Israele e Palestina, Giordania e Cipro. Pizzaballa ha visitato la Sacra Famiglia anche in altre occasioni, sempre usando permessi speciali, e tra le altre cose ha celebrato lì la messa di Natale del 2024.
Non è la prima volta che la Sacra Famiglia viene colpita da un attacco dell’esercito israeliano, anche se quello di giovedì è stato di gran lunga il più grave. Il 16 dicembre del 2023 un carro armato israeliano colpì uno degli edifici della parrocchia, danneggiandolo lievemente. Il giorno stesso due donne che si erano rifugiate nella parrocchia furono uccise da cecchini israeliani. Nahida Anton fu uccisa appena uscita in cortile, mentre sua figlia Samar subito dopo, quando uscì per cercare di soccorrere la madre. Altre sette persone furono ferite.
Romanelli, che è molto attivo sui social media, nei giorni successivi pubblicò le immagini dei feretri delle donne uccise. Papa Francesco commentò l’attacco dicendo che l’esercito israeliano aveva colpito «dove non ci sono terroristi, ma famiglie, bambini, persone malate e con disabilità, suore».
Papa Francesco ha sempre tenuto in grande considerazione la parrocchia della Sacra Famiglia ed era solito telefonare a Romanelli per informarsi della situazione della parrocchia e della Striscia. Dopo la sua morte, lo scorso aprile, Romanelli ha detto che il papa ha continuato a chiamare fino agli ultimi giorni, quando ormai era molto debole.

Il parroco Gabriel Romanelli, al centro, celebra messa nell’aprile del 2025 (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Nel corso della guerra Israele ha bombardato e distrutto centinaia di moschee (il 79 per cento di quelle della Striscia) e tre delle poche chiese presenti sul territorio. Tra queste la chiesa di San Porfirio, una chiesa ortodossa che era la più antica di Gaza e una delle più antiche del mondo: furono uccisi 16 fedeli cristiani.
Secondo un conteggio del 2023, poco prima dell’inizio della guerra, i cristiani a Gaza erano 1.017, per la gran parte ortodossi: i cattolici erano all’incirca 150. Di questi, circa 300 sono riusciti a fuggire da Gaza nel corso della guerra. In un’intervista fatta a Vatican News (il portale di informazione ufficiale del Vaticano) pochi giorni prima dell’ultimo attacco alla sua parrocchia, Romanelli ha stimato che i cristiani uccisi siano stati 54.
La presenza cristiana nella Striscia di Gaza ha radici lontanissime. Benché la stragrande maggioranza della popolazione sia musulmana, la convivenza è sempre stata possibile, nonostante gli alti e i bassi. In passato esponenti della comunità cristiana hanno ricoperto incarichi di rilievo nell’amministrazione palestinese, negli ospedali e nelle università. Le cose sono peggiorate con l’arrivo al governo del gruppo radicale islamista Hamas, nel 2006. I cristiani furono gradualmente marginalizzati, e moltissimi di loro se ne andarono dalla Striscia. Se nel 2007 erano oltre 7mila, prima della guerra erano rimasti in poco più di mille.



