La quotidianità più banale raccontata sui social

I video dei content creator che documentano le loro vite ordinarie aiutano molti a sentirsi meglio rispetto alle proprie

Post di @samuele_virzi, @themillennialsbug e @hubs.life (Il Post)
Post di @samuele_virzi, @themillennialsbug e @hubs.life (Il Post)
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Connor Hubbard ha 30 anni, viene da Dallas, in Texas, e su Instagram ha più di 1 milione e 400mila follower. Il video di maggior successo che abbia mai pubblicato si intitola «Un giorno nella vita di un tizio che lavora dalle 9 alle 5», e nell’arco di un minuto e mezzo lo mostra in ogni piccola attività della sua giornata, da quando prepara lo zaino per andare in ufficio a quando la sera si butta sul divano. In mezzo lo si vede lavorare al computer, tornare a casa per un pranzo con un pasto pronto, portare l’auto dal meccanico, il cane a fare una passeggiata, farsi una doccia, cucinare per sé e la moglie.

È la giornata di una persona come tante altre, raccontata senza risparmiare i momenti più banali, ripetitivi e noiosi. Lo stesso protagonista non è un tipo particolarmente carismatico, né bello, né palestrato: quella che conduce è una vita del tutto comune, priva di particolari specificità. Eppure, il video ha quasi 22 milioni di visualizzazioni e 2,9 milioni di like soltanto su TikTok. E non è un caso isolato: i contenuti che condivide da circa due anni online con il nome utente @hubs.life hanno un successo tale da avergli permesso di lasciare il suo lavoro come analista senior in una grande azienda per crescere il figlio neonato e fare il content creator full time, continuando comunque a condividere video in cui prova a «normalizzare una vita normale».

Il successo di Hubbard è simile a quello di diversi altri content creator che, anche in Italia, raccontano la loro quotidianità insistendo sulla sua “normalità”. Non è un successo facile da capire. Da più di un decennio chi frequenta regolarmente i social network è abituato a condividere in larga parte i momenti più emozionanti della propria vita e, al contempo, a vedere celebrità e influencer fare lo stesso. Instagram è pieno di video di gente che esibisce le proprie vite lussuose, e l’invidia e l’ammirazione che genera in una parte degli utenti è alla base di una parte del successo del social network.

«Inizialmente non avevo l’intenzione di spingere particolarmente sul fatto che la mia vita da persona qualsiasi non fosse abbastanza rappresentata sui social media», ha detto Hubbard in un’intervista a GQ. Lui voleva soltanto pubblicare video per divertimento, come valvola di sfogo creativa, dopo aver lasciato una carriera da videomaker perché mal retribuita e molto stressante: il successo dei video in cui mostrava la propria vita quotidiana, però, l’ha fatto rendere conto del fatto che ci fosse una gran domanda di contenuti «normali».

«Online vedi un sacco di stili di vita lussuosi, gente che viaggia qua e là e tizi che provano a venderti corsi per arricchirti velocemente senza lavorare. E non c’è invece tanta gente che mostra vite normali, ordinarie», ha spiegato. «Ma la maggior parte del mondo lavora, e deve lavorare per poter campare. Non possiamo essere tutti influencer».

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Il crescente interesse nei confronti delle vite comuni delle altre persone era già evidente dal fatto che, almeno dal 2022, su Instagram e TikTok funzionano molto bene i video del genere #dayinthelife, che mostrano la routine quotidiana di persone che fanno lavori del tutto ordinari. Quasi sempre, però, questi video idealizzano comunque un po’ lo stile di vita di chi li pubblica: magari mostrano appartamenti molto curati, attività extralavorative particolarmente interessanti, pasti ricercati. Lo stesso si può dire dei “photodump” su Instagram, quei post composti da molte foto diverse all’apparenza scollegate tra loro e spesso non molto belle, che vorrebbero comunicare una certa autenticità ma spesso contengono comunque immagini ben selezionate e servono a costruire una certa immagine di sé.

I content creator che si concentrano sul racconto delle loro «vite normali», invece, molto spesso si soffermano volontariamente sugli aspetti più banali e meno “instagrammabili”. Massimiliano Morigi, per esempio, da circa un anno pubblica su Instagram e TikTok dei video che servono a «normalizzare i social» e «curare la FOMO»: si riferisce alla cosiddetta “fear of missing out”, l’ansia che sale nel momento in cui si pensa che le altre persone stiano vivendo delle esperienze particolarmente gratificanti da cui ci si sente tagliati fuori.

Nei suoi video, pubblicati con lo username @themillennialsbug, mostra invece i suoi giri al supermercato per comprare i pannolini per il figlio neonato, oppure i venerdì sera passati in tuta a mangiare la pizza sul divano con la moglie e a guardare vecchi film in streaming. Tra Instagram e TikTok, nell’arco di pochi mesi ha raccolto più di 30mila follower.

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«Tu normalmente sui social vedi solo gente che si diverte», racconta Morigi. «E pensi che quella sia l’intera vita di una persona. Anche nel mio caso la gente vede dei reel di quaranta secondi e pensa di sapere tutto di me, ma in realtà nessuno vede mai l’interezza della vita di qualcuno, no? Io per esempio non faccio assolutamente vedere quando esco con gli amici». L’idea di creare questo genere di video gli è venuta proprio dopo essersi imbattuto nei video di @hubs.life, il creator texano: a distinguerlo, però, è il fatto che i suoi video sono quasi sempre narrati in modo ironico e con un forte accento romano.

In parte il successo di questi contenuti si spiega con il fatto che, in generale, a molti diverte curiosare negli affari altrui. Tantissimi altri, però, sono attirati dal fatto che guardandoli non provano un senso di inferiorità, e anzi trovano un’esperienza nella quale possono immedesimarsi.

Di recente Morigi ha condiviso un messaggio che gli è arrivato da un follower, in cui si leggeva «Posso farti i complimenti? Da quando ti seguo ho capito che siamo in migliaia». Lui ha risposto con un video in cui si mostra, ancora una volta, mentre fa azioni del tutto quotidiane, e intanto dice: «In realtà non è proprio così secondo me: non siamo migliaia. Siamo milioni. Siamo un’enorme maggioranza silenziosa di persone che vivono una vita normalissima e che non la postano sui social perché per qualche motivo ci siamo convinti che sui social dobbiamo postare soltanto quando ci stiamo divertendo, quando stiamo facendo qualche esperienza. Che la vita di tutti i giorni non conti nulla».

Un altro creator italiano che pubblica con grande successo contenuti di questo tipo, Samuele Virzì, qualche mese fa ha condiviso un pensiero molto simile. «Siamo persone normali e siamo felici di esserlo», ha scritto, mostrando una serie di momenti della vita quotidiana insieme alla fidanzata. «Sistemiamo la spesa e stendiamo i panni nel weekend perché durante la settimana c’è poco tempo. Pranziamo a casa con quello che si trova, che comunque sono sempre i piatti migliori. Abbiamo una forma fisica non smagliante, ma ci lavoriamo, e ci divertiamo lo stesso, e siamo felici di essere ciò che siamo».

«Io ho sempre cercato di portare un messaggio positivo» dice Virzì, che ha 28 anni e un lavoro nel marketing a Milano. «Vorrei che non vedessimo questa normalità come qualcosa di inferiore, ma che apprezzassimo quello che abbiamo, sicuramente con l’obiettivo di avere un po’ alla volta una vita migliore, ma senza sentirsi sfigati perché facciamo la lavatrice o stendiamo il bucato. Pure quelli che mostrano la Lamborghini su Instagram probabilmente fanno queste cose: semplicemente non lo fanno vedere».

La risposta che ottengono questi creator, però, non è interamente positiva. Hubbard, il primo a fare questo genere di video, ha raccontato che spesso riceve messaggi da ragazzi giovani, dai 18 ai 25 anni, che gli dicono che trovano la sua vita estremamente deprimente e tediosa perché conduce un’esistenza prevedibile e non ha l’ambizione di diventare un milionario. Su X c’è chi ha condiviso i suoi video definendoli «disturbanti» e scrivendo «Immagina di vivere in questo modo finché non muori. Terrificante». Nei commenti c’è spesso chi compara il suo stile di vita a quello di «uno schiavo moderno» e lo deride per il fatto di lavorare come dipendente in un ufficio.

«Sui social media viene spesso rappresentata una versione falsata di ciò che dovrebbe essere normale: molti credono che gli unici ad avere una vita di successo siano quelli che non hanno capi, o chi riesce a diventare ricco da un giorno all’altro», ha detto Hubbard. «Io invece voglio sottolineare che si può avere una vita felice con un lavoro normale, orari di lavoro normali, una routine normale».

Anche Morigi racconta di imbattersi spesso in ragazzini che gli dicono che vorrebbero poter fare la vita che fa lui ma che hanno paura di annoiarsi, oppure che non vogliono «fare gli schiavi» e che sperano di riuscire a diventare milionari in fretta, magari investendo nelle criptovalute o seguendo i consigli di vari guru online. «Io rispondo sempre che il problema è loro perché non sanno godersi le cose che hanno, e quindi non se le saprebbero godere neanche se avessero i milioni», racconta.

«Io quando ho cominciato a guardare i video di @hubs.life mi sono accorto che fondamentalmente non mi stavo godendo le cose che già avevo: adesso quello che faccio è proprio mostrare alle persone che possono apprezzare la propria vita così com’è, senza farsi salire l’ansia», dice.

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