In Mali gli attacchi delle milizie jihadiste stanno svuotando interi centri abitati
Costringono i civili a scappare lasciando indietro tutto quello che hanno: gli sfollati sono oltre 400mila

Negli ultimi mesi in Mali sono aumentati gli attacchi di vari gruppi armati contro i centri abitati, e la fuga dei civili che li abitano sta causando lo spopolamento di intere aree nella parte centrale del paese. Il Mali è uno degli stati più instabili dell’Africa occidentale, specialmente a causa della presenza di molte milizie armate di varia ispirazione che si contendono il controllo del territorio e combattono contro l’esercito nazionale o tra di loro (dal 2021 il paese è governato da una giunta militare repressiva e autoritaria, subentrata alla precedente con un colpo di stato).
Le alleanze, gli obiettivi e le aree di controllo di questi gruppi cambiano rapidamente. Tra le milizie attive in Mali ci sono gruppi basati sull’appartenenza etnica, come i ribelli Tuareg che combattono per l’indipendenza del nord del paese; ma anche vari gruppi jihadisti – alcuni legati ad al Qaida o allo Stato Islamico – che invece, semplificando molto, sono convinti di condurre una guerra santa e aspirano a creare uno stato basato su un’interpretazione rigorosa e radicale della sharia. Gli stessi miliziani si muovono spesso tra i vari gruppi, che in alcuni casi si combattono tra loro e in altri collaborano contro l’esercito e per il controllo del territorio.
Cheick Aboubakar Traoré, capo missione in Mali per Medici Senza Frontiere, dice che «i civili finiscono spesso nel fuoco incrociato di queste milizie, ed è difficile capire chi sta attaccando chi». Spiega che «tutti i gruppi attaccano e saccheggiano i centri abitati, ma dall’inizio dell’anno sono aumentate soprattutto le incursioni di quelli jihadisti», che nel tentativo di espandere le proprie aree di influenza ne occupano sempre di più, specialmente tra le regioni di Mopti e Bamako, la capitale.
Secondo le testimonianze raccolte sul campo dalle organizzazioni umanitarie e dalla rivista The Africa Report, quando arrivano in un nuovo centro abitato i combattenti terrorizzano la popolazione con la minaccia di uccidere chiunque abbia collaborato con l’esercito o si ponga come un ostacolo alla loro autorità. Costringono le persone a collaborare e gli uomini ad arruolarsi, saccheggiano le scorte di cibo e in alcuni casi rapiscono e uccidono i leader delle comunità locali.
Traorè dice che «all’arrivo dei miliziani, ma a volte anche prima, i civili scappano e i centri si svuotano: a sorvegliarli restano solo in pochi, spesso i leader o gli anziani. È accaduto per esempio in alcuni paesini del Mali centro-meridionale, tra aprile e giugno del 2024». L’arrivo del gruppo Jama’at Nusrat al Islam wal Muslimin ha costretto in tutto circa 4mila persone a scappare verso Niafunké, una città considerata relativamente sicura sul fiume Niger. Jama’at Nusrat al Islam wal Muslimin è l’alleanza jihadista meglio armata nell’Africa occidentale, conta almeno 6mila combattenti ed è attiva in vari paesi della regione del Sahel, cioè la fascia di territorio a sud del deserto del Sahara.
Molti degli sfollati cercano di uscire dal Mali, spesso per andare nel vicino Burkina Faso, oppure si spostano verso zone più sicure dentro il paese. Il numero di sfollati interni è in aumento costante da almeno 10 anni, ma ultimamente sta crescendo a ritmi più rapidi. Secondo le Nazioni Unite a giugno del 2025 c’erano più di 400mila sfollati interni, su una popolazione di circa 23 milioni. L’anno scorso nello stesso periodo erano 330mila: l’aumento è stato del 21 per cento in un anno.
Non essendoci abbastanza strutture adatte ad accoglierli, molti tra gli sfollati finiscono a vivere in altre famiglie, o in luoghi arrangiati e campi informali con pessime condizioni igienico sanitarie. Inoltre in Mali la maggior parte delle persone vive di agricoltura e allevamento, e dovendosi spostare dalle campagne in tutta fretta lasciano indietro il raccolto e i capi di bestiame, perdendo così la propria fonte primaria di sostentamento. Sempre secondo l’ONU in Mali 6,4 milioni di persone non hanno accesso all’acqua e al cibo, e dipendono dagli aiuti umanitari.



