Trump ora minaccia dazi del 30 per cento sulle merci europee
Prima dovevano essere del 50%, poi li aveva rinviati al 9 luglio, poi al primo agosto, ora dice saranno del 30%, fino al prossimo ripensamento

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’imposizione di nuovi dazi del 30 per cento sulle merci provenienti dall’Unione Europea e dal Messico, che dovrebbero partire dal 1° agosto. Più che un annuncio però è una minaccia, dato che i negoziati sono ancora in corso; e una minaccia che peraltro ridimensiona i dazi inizialmente annunciati da Trump contro l’Europa, che sarebbero dovuti pesare per il 50 per cento ed erano stati poi rinviati al 9 luglio e poi di nuovo rinviati al primo agosto.
I dazi in questione sono quelli che Trump chiama “reciproci”, perché dovrebbero pareggiare i dazi e altri ostacoli burocratici imposti dagli altri paesi sulle merci statunitensi, annunciati ad aprile. L’entrata in vigore dei dazi era stata sospesa per 90 giorni, fino a luglio quindi, in cui il presidente aveva detto di voler siglare 90 accordi commerciali: ne ha fatti due. Prima che arrivasse quella scadenza però l’aveva di nuovo posticipata, questa volta al 1° agosto, e aveva iniziato a inviare a vari paesi delle lettere in cui specificava il valore dei dazi.
Oggi Trump ha inviato una lettera anche al Messico e alla Commissione Europea, che ha anche pubblicato su Truth Social, il social network di sua proprietà. Nella lettera Trump dice che se l’Unione risponderà imponendo degli altri dazi, il suo governo alzerà quelli statunitensi affinché siano sempre superiori del 30 per cento. Inizialmente, ad aprile, aveva annunciato che i dazi sulle merci europee sarebbero stati del 20 per cento, poi a un certo punto aveva minacciato di aumentarli fino al 50.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha risposto poco dopo. In un comunicato ha detto che i dazi del 30 per cento causerebbero gravi problemi per gli imprenditori e i consumatori sia in Europa che negli Stati Uniti. Ha detto anche che l’Unione rimane pronta al dialogo e alle trattative per raggiungere un accordo entro agosto, ma allo stesso tempo è pronta a prendere le contromisure considerate appropriate.
I dazi sono in pratica una tassa che viene calcolata sulla base del valore di un bene, riscossa da uno stato quando questo arriva alla dogana. Hanno come effetto un aumento del prezzo finale del bene, perché chi vende cerca di recuperare i costi maggiori dell’esportazione, ma anche un aumento delle entrate per lo stato che li impone, che nel caso degli Stati Uniti valgono decine di miliardi di dollari al mese. Secondo Trump servirebbero a risanare l’enorme deficit commerciale degli Stati Uniti, che cioè importano molti più beni di quanti ne esportino: un approccio criticato da molti esperti. Al momento i dazi per la maggior parte delle merci che entrano nel paese (incluse quelle dall’Unione Europea) sono del 10 per cento.
I dazi annunciati da Trump con le lettere inviate ai vari paesi riguardano tutte le merci su cui non sono già stati applicati dazi diversi: per esempio quelli su alluminio, acciaio sono del 50 per cento, mentre per le auto sono del 25 per cento. È possibile che durante le trattative venga abbassato il valore dei dazi anche su altri settori.
Le trattative europee, e un’eventuale risposta dell’Unione, sono condizionate dagli interessi divergenti dei paesi membri. I negoziati infatti devono essere fatti a livello comunitario, dato che l’Unione Europea è anche un’unione doganale e i dazi (sia quelli applicati sulle importazioni sia quelli subiti sulle merci esportate) sono uguali per tutti i membri. Fra gli altri la Germania, che esporta molti beni industriali negli Stati Uniti, preferirebbe una conclusione rapida delle trattative, anche al costo di accomodare le richieste di Trump. La Francia, invece, ha cercato di sostenere una linea più oltranzista. Giorgia Meloni da parte sua ha provato a sfruttare il suo rapporto amichevole con Trump per ottenere una diminuzione dei dazi.



