Due governi, molte milizie armate, un bel po’ di petrolio
Sono tutti elementi che raccontano la Libia e spiegano perché una delegazione europea sia stata respinta

Martedì è stato negato l’ingresso in Libia orientale a una delegazione di ministri e diplomatici europei che includeva il ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi, con ogni probabilità perché si era rifiutata di incontrare alcuni rappresentanti del governo locale guidato di fatto dal generale Khalifa Haftar. L’incontro avrebbe significato un riconoscimento implicito del governo di Haftar e sarebbe stato un problema, perché in Libia ci sono due governi e quello di Haftar non è riconosciuto dalla comunità internazionale.
La situazione attuale non è nuova e la divisione del paese in due è ormai consolidata da anni. È dovuta non solo alla presenza di due governi diversi, ma anche alla rivalità tra milizie armate, a divisioni etniche, a interessi economici precisi: tutti elementi che rendono la situazione molto complicata.
Dopo la caduta del regime del dittatore Muhammar Gheddafi nel 2011, in Libia cominciò una lunga e tormentata guerra civile tra il generale Khalifa Haftar, che controllava l’est del paese, e varie milizie armate a ovest. La guerra civile terminò nel 2020 con un cessate il fuoco gestito dall’ONU che prese atto della separazione della Libia, e che cercò di impostare un processo di transizione per unificare il paese. Il cessate il fuoco ha più o meno retto finora, nonostante alcuni momenti di violenze, mentre il processo di unificazione è stato ignorato da tutti.
Oggi la situazione della Libia è questa. Nell’ovest del paese, con capitale Tripoli, ha sede il governo del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, che è il governo riconosciuto dalla comunità internazionale e dall’ONU. Dbeibah era stato scelto nel 2021 proprio nell’ambito dei negoziati dell’ONU per guidare un governo di transizione che avrebbe dovuto organizzare elezioni democratiche entro la fine dell’anno. Ma le elezioni non si sono mai fatte e Dbeibah si è poi rifiutato di lasciare il potere.
Oggi governa con il sostegno riottoso di varie milizie armate che hanno i loro centri di potere nella Libia occidentale, e che spesso sono in competizione tra di loro.
Nella parte ovest della Libia ha anche sede il Consiglio presidenziale, un altro organo che doveva gestire la transizione ma che è rimasto al potere. È composto da tre membri e svolge le funzioni di capo di stato. Inoltre ha sede a ovest la Banca centrale, che è molto importante perché gestisce per tutta la Libia i proventi delle vendite internazionali di petrolio.

Abdul Hamid Dbeibah e Giorgia Meloni a Tripoli nel maggio 2024 (AP Photo/Yousef Murad)
Nella parte est della Libia, quella governata da Khalifa Haftar, si trova la Camera dei rappresentanti, cioè il parlamento unicamerale del paese, che ha sede nella città portuale di Tobruk. I membri del parlamento furono eletti nel 2014, alle ultime elezioni parlamentari che si tennero nel paese, e da allora sono rimasti in carica anche se il loro mandato sarebbe decaduto da tempo. Il parlamento di Tobruk ha anche espresso un proprio primo ministro in competizione con Dbeibah, Osama Hammad, che però non è molto considerato perché nell’est della Libia il vero potere è detenuto da Haftar e dalla sua famiglia.
Nell’est della Libia c’è anche la maggior parte dei pozzi di petrolio, che generano il grosso delle entrate nazionali.

Khalifa Haftar e Vladimir Putin nel maggio 2025 (Gavriil Grigorov/Sputnik/Kremlin Pool Photo via AP)
Questa situazione frammentata, con metà delle istituzioni da una parte e metà dall’altra, e il potere militare e gli interessi economici ugualmente divisi, ha portato dopo il 2020 a una specie di accordo di spartizione tra Haftar e Dbeibah (o meglio tra le loro famiglie, perché i rispettivi clan hanno un ruolo fondamentale). L’accordo prevedeva che i proventi della vendita del petrolio, estratto soprattutto a est, sarebbero stati gestiti dalla Banca centrale, che pur avendo sede a ovest si sarebbe mantenuta neutrale e avrebbe diviso equamente le entrate.
Questa specie di accordo ha continuato a reggere finora, nonostante numerose tensioni. I momenti di instabilità sono soprattutto a ovest, dove Dbeibah deve fare affidamento su milizie armate per mantenere il controllo sul territorio. Il generale Haftar invece può sfruttare il suo esercito personale e ha centralizzato il potere.
L’anno scorso Dbeibah riuscì a rimuovere il presidente della Banca centrale, rischiando di far saltare tutto il complicato accordo di spartizione. La crisi poi rientrò piuttosto rapidamente. Più di recente è rientrata anche un’altra crisi, durata qualche giorno a maggio, quando ci sono stati scontri tra diverse milizie rivali a Tripoli. Il governo di Dbeibah ha rischiato di cadere, ma di nuovo la situazione si è più o meno risolta, anche se l’instabilità rimane molto alta.
– Ascolta “Globo”: Quanti governi ha la Libia?
La frammentazione della Libia negli ultimi anni ha spesso messo in difficoltà i governi internazionali, che da un lato dovrebbero trattare esclusivamente con il governo internazionalmente riconosciuto, cioè quello di Dbeibah a Tripoli, ma dall’altro sanno che una parte consistente del potere economico e politico è detenuto da Haftar e dalla sua famiglia.
Questo genera situazioni imbarazzanti come quella della delegazione europea: la delegazione dapprima era stata a Tripoli, dove aveva incontrato i rappresentanti del governo di Dbeibah. Poi era andata a Bengasi, dove aveva mandato di incontrare esclusivamente Haftar. Haftar aveva chiesto però che la delegazione incontrasse anche altri membri del suo governo. La delegazione aveva rifiutato, per non provocare un incidente diplomatico, e per questo è stata respinta.



