L’economia russa non va più come prima
Per due anni dopo l'inizio della guerra la Russia era cresciuta più dell'Occidente: ora però le cose stanno cambiando

Per quasi tre anni l’economia russa ha battuto tutte le aspettative. Dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina nel febbraio del 2022 e l’imposizione di grosse sanzioni da parte dell’Occidente, molti economisti avevano previsto un crollo dell’economia del paese. Alcuni sostenevano che il suo Prodotto Interno Lordo (PIL) sarebbe calato del 15 per cento. In realtà negli anni successivi all’invasione l’economia russa è cresciuta più di quelle occidentali: del 4,1 per cento nel 2023 e del 4,3 per cento nel 2024.
Quest’anno però le cose stanno cambiando. L’economia russa sta rallentando, e gli stessi funzionari russi sostengono che ci sia un rischio di recessione. Questo perché molti dei fattori che avevano consentito alla Russia di crescere negli ultimi due anni ora si stanno esaurendo.
La riconversione dell’economia
Negli ultimi anni l’economia russa ha subìto una radicale riconversione, che ha garantito una forte crescita. Come prima cosa si è trasformata in un’economia di guerra, in cui il 40 per cento degli investimenti dello stato è destinato all’industria militare e alla sicurezza. Questo ha dato uno slancio notevole all’economia: sono state costruite nuove industrie e infrastrutture, migliaia di persone hanno trovato lavoro e le banche, su indicazione dello stato, hanno concesso prestiti favorevoli all’industria bellica, garantendone un’ampia crescita.
L’altra seconda grossa riconversione dell’economia è stata quella dall’Europa all’Asia. Se prima della guerra i principali partner commerciali russi erano i paesi europei, oggi sono la Cina e l’India. Entrambe comprano enormi quantità di petrolio dalla Russia; la Cina, inoltre, esporta in Russia prodotti tecnologici e componenti elettronici che altrimenti sarebbe difficile ottenere, a causa delle sanzioni. Il cambiamento da ovest a est peraltro ha richiesto la costruzione di infrastrutture per lo spostamento delle merci e oleodotti per il petrolio, e anche questi investimenti hanno fatto crescere l’economia.

Una composizione floreale sovietica a una fiera di San Pietroburgo, giugno 2025 (Contributor/Getty Images)
Ora queste due riconversioni (da economia di pace a economia di guerra; dall’Europa all’Asia) si sono di fatto concluse, e gli effetti benefici sull’economia dei maggiori investimenti sono finiti: se l’anno scorso la spesa militare russa era cresciuta probabilmente del 53 per cento, quest’anno dovrebbe crescere soltanto del 3,4 per cento.
L’eccessivo affidamento sull’economia di guerra, inoltre, rischia di diventare preoccupante per la Russia sul lungo periodo: quando la guerra finirà, sarà difficile riconvertire l’economia a scopi civili, e riportare a mestieri comuni centinaia di migliaia di militari abituati alle alte paghe (relativamente agli stipendi russi) concesse dall’esercito.
L’inflazione
Il secondo problema dell’economia russa è l’inflazione, che è cresciuta a causa dei fortissimi investimenti fatti negli ultimi anni e della scarsità di lavoratori, che in parte sono emigrati e in parte sono stati mandati al fronte. Per questa ragione (molto lavoro, pochi lavoratori) l’anno scorso gli stipendi medi in Russia sono aumentati del 18 per cento, e questo ha costretto le aziende ad aumentare i prezzi dei prodotti per compensare le maggiori spese. A febbraio e marzo di quest’anno l’inflazione in Russia ha superato il 10 per cento (per fare un confronto, in Italia è all’1,7).
Per cercare di ridurre l’aumento dei prezzi, la Banca centrale russa ha alzato i tassi di interesse al 21 per cento (nell’eurozona sono del 2 per cento). L’aumento dei tassi ha reso più costosi i prestiti, e questo sta rallentando l’economia. Anziché comprare e investire come avevano fatto negli scorsi anni, le persone russe stanno cominciando a risparmiare, e questo non fa crescere il PIL.

Un uomo a un cambiavalute di San Pietroburgo, dicembre 2024 (AP Photo/Dmitri Lovetsky)
Il petrolio e la Cina
Il terzo problema dell’economia russa riguarda il prezzo del petrolio, che è una delle principali fonti di reddito dello stato. Nell’ultimo anno è calato, ed è rimasto a livelli piuttosto bassi nonostante la guerra aerea tra Israele e l’Iran del mese scorso. A marzo le entrate dell’imposta sul gas e sul petrolio, che è una delle principali dello stato, sono calate del 17 per cento rispetto all’anno precedente: significa che lo stato ha una ridotta capacità di spesa, e questo potrebbe avere degli effetti negativi sull’economia.
Il fatto che anche l’economia cinese stia subendo una fase di rallentamento (per ragioni separate) potrebbe influenzare anche la Russia, perché la Cina potrebbe essere meno disposta a sostenere il suo alleato.
Putin e preoccupazioni
Le difficoltà dell’economia – che per ora comunque significano più un rallentamento della crescita che una grave crisi – non distoglieranno il presidente russo Vladimir Putin dai suoi obiettivi militari in Ucraina. Ma molti funzionari sono comunque preoccupati. Il ministro dell’Economia, Maxim Reshetnikov, ha detto il mese scorso che il paese è «sull’orlo della recessione».
La preoccupazione maggiore riguarda la possibilità che fattori esterni peggiorino la situazione: se le sanzioni occidentali fossero rese più stringenti (come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di fare) o se il prezzo del petrolio dovesse scendere ancora, l’economia russa potrebbe trovarsi in difficoltà ancora maggiori.