“Ritorno al futuro” poteva essere molto diverso
Bombe nucleari, un altro protagonista, un incendio e un cane disperso sono solo alcune delle cose che non abbiamo mai visto

Prima di Ritorno al futuro nessun film aveva mai raccontato una storia in cui una macchina del tempo viene usata per andare solo trent’anni nel passato. Le storie di fantascienza di solito mandavano i loro protagonisti indietro o avanti nel tempo di secoli, per mostrare i tempi antichi o il futuro remoto. L’idea di Ritorno al futuro invece fu da subito diversa: un ragazzo torna indietro nel tempo e frequenta i suoi genitori quando avevano la sua età.
Era venuta allo sceneggiatore e produttore Bob Gale guardando le foto da ragazzo del padre e pensando che, se fossero stati coetanei, probabilmente non sarebbero stati amici, anzi gli sarebbe stato antipatico. Era un ottimo spunto per un film, perché pieno di possibili sviluppi narrativi. Ci vide giusto perché quando uscì, quarant’anni fa, Ritorno al futuro fu un enorme successo: cosa non scontata, perché produrlo fu tutt’altro che facile e il risultato fu molto diverso da come era stato concepito, tra attori cambiati in corsa, scene riadattate e un intreccio romantico delicato da gestire.
Il film infatti gira attorno a una storia di incesto: il protagonista Marty, tornato indietro nel tempo, diventa l’oggetto del desiderio della madre che non sa che è il proprio figlio, e che rischia di non mettersi più con il padre e quindi di non rimanere incinta di Marty. Il problema però non era che la cosa fosse scandalosa, ma che non lo fosse abbastanza.
All’inizio degli anni ’80, quando Gale e il regista Robert Zemeckis provarono a proporre la loro sceneggiatura, andavano molto bene le commedie sessualmente ammiccanti. Dopo Animal House di John Landis del 1978, ne erano uscite molte altre, anche più esplicite, come la serie Porky’s (iniziata nel 1981), che puntavano su personaggi maschili costantemente eccitati dalle ragazze. Da questo punto di vista Ritorno al futuro era invece molto debole. Nel film la madre di Marty gli dà solo un bacio sulle labbra, rimanendone un po’ turbata senza capire il perché. Quella scena era troppo poco per tutte le produzioni a cui proposero il film, tranne per una, per la quale invece la sola idea era impensabile: la Disney.
A sbloccare la situazione furono diversi accadimenti. Prima ci fu l’uscita di All’inseguimento della pietra verde, commedia d’azione e rosa che Zemeckis girò e che andò molto bene, rendendolo un regista affidabile. Poi ci fu un’importante raccomandazione: Steven Spielberg, allora già un regista di grandissimi successi e quindi influente, fece molte pressioni sulla Universal e si offrì come garante per il film. Infine fu necessario uno scambio di diritti tra studi di produzione che fece sì che la Columbia, originariamente proprietaria di un’opzione sulla sceneggiatura di Ritorno al futuro, ma non intenzionata a farne un film, scambiasse con la Universal quel copione in cambio dei diritti di remake di La fiamma del peccato, per fare Il grande imbroglio con Peter Falk, che sarebbe stato un film dimenticabile.
Le disavventure nella produzione però furono così tante da cambiare quasi tutto del film. Il cambiamento più grosso fu il protagonista. Per la parte principale era stato infatti scelto Eric Stoltz, attore all’epoca considerato potenzialmente una star, che tuttavia non vedeva il film come una commedia ma come un dramma. Non usciva mai dal personaggio, si faceva chiamare Marty da tutti, e non c’era modo di convincerlo che si trattasse di una storia leggera. Dopo aver girato quasi un terzo del film, Zemeckis e Spielberg si dovettero rassegnare a licenziarlo e optare per la seconda scelta: Michael J. Fox. Fu in quel momento una decisione difficilissima, soprattutto per il costo economico di rifare da capo tutte le scene del protagonista. Si tentò comunque di tenerne il maggior numero possibile e infatti in molte scene in cui Marty è di spalle, non è Michael J. Fox ma Eric Stoltz.
Comunque fu molto complicato organizzare le riprese con Fox. Uno dei motivi per i quali era stato scartato in un primo momento, infatti, era il suo impegno in Casa Keaton, una sitcom di cui era uno dei personaggi principali. Come tutte le sitcom veniva girata dal lunedì al venerdì, dalla mattina a metà pomeriggio. Ogni sera quindi Fox, finite le riprese di Casa Keaton, veniva portato da un autista sul set di Ritorno al futuro, recitava quasi tutta la notte, veniva riportato a casa dormendo sia in macchina che nel suo letto, e poche ore dopo ricominciava la giornata. Molte scene che avrebbero dovuto essere ambientate di giorno diventarono notturne, perché di giorno si poteva girare solo nei weekend.
C’erano alcune scene però che non potevano essere girate una seconda volta. La scena iniziale per esempio, in cui Marty visita il laboratorio dello scienziato Doc, che si scopre poi aver inventato la macchina del tempo, e lo distrugge per errore, prevedeva che gli desse fuoco. Ma durante le riprese con Stoltz gli avevano effettivamente dato fuoco e non avevano un secondo laboratorio da incendiare. Fu quindi cambiata anche quella, trasformandola in una scena in cui suonando la chitarra con un amplificatore gigantesco Marty viene sbalzato contro parte dell’arredo. Scena che ha pochissimo senso (perché Doc costruisce amplificatori giganti?).
Una delle molte cose che avevano persuaso la Universal a produrre il film poi era la possibilità di riempirlo di product placement. C’era una società che se ne occupava, particolarmente determinata, che aveva venduto a moltissimi marchi un posto, specialmente quelli che esistevano già negli anni ’50 e sarebbero stati usati per identificare l’epoca. Furono loro a proporre che si viaggiasse nel tempo su un’automobile (originariamente Marty doveva essere colpito da un raggio) perché la Mustang voleva pagare 75.000 dollari dell’epoca, più di 200.000 attuali, per stare nel film. Solo che le Mustang sono auto sportive, molto lontane dal personaggio di Doc, e Zemeckis si oppose con forza proponendo invece la DeLorean DMC-12, un’auto stranissima, dal design molto moderno, con le portiere che si aprono ad ali di gabbiano. Quell’auto e il fondatore della DeLorean Motor Company, John DeLorean, ebbero poi una storia molto sfortunata e oggi è ricordata principalmente per essere la macchina di Ritorno al futuro.
Nemmeno il finale era quello che si conosce, cioè quello in cui Marty, dopo aver fatto in modo che i genitori si mettano insieme così che lui possa nascere, grazie all’energia di un fulmine torna nel presente. In origine prevedeva che, per trovare l’energia necessaria, Marty prendesse parte al progetto Manhattan e quindi che l’energia di un’esplosione atomica (e un po’ di Coca-Cola, che era in quel momento proprietaria della Columbia) alimentassero la macchina. Nessuno aveva avuto mai niente da obiettare su questa idea narrativa, solo la Coca-Cola fu eliminata nel passaggio dalla Columbia alla Universal, ma ricominciare da capo le riprese con un altro attore protagonista aveva inciso così tanto sul budget da non lasciare soldi per quelle scene con la bomba atomica. Si ripiegò così su qualcosa di più semplice ed economico: una scena di notte, in cui rimanendo nello stesso set usato per tutto il resto del film Marty poteva tornare nel presente con un fulmine.
Anche il titolo a un certo punto stava per cambiare. Il capo della Universal si era fissato che dovesse essere Space Man from Pluto, perché in una scena Marty fa credere a suo padre di essere venuto da Plutone. Era un titolo decisamente peggiore di Ritorno al futuro, lo sapevano tutti ma nessuno aveva il coraggio o l’autorità di andare contro il capo. Spielberg, in quanto produttore, si prese in carico la questione ed ebbe l’idea di rispondere a questa proposta con un biglietto che diceva: “Grazie per quella indicazione ironica, ha fatto fare a tutti una gran risata, non smettere di mandarcene”. Scommettendo che l’idea di aver fatto ridere tutti e di non essere sembrato scemo lo avrebbe dissuaso dall’insistere.
‘Hi Sid, thanks for your most humorous memo, we all got a big laugh out of it, keep ‘em coming.’
Anche a film ormai ultimato ci furono degli aggiustamenti. Nelle prime proiezioni di test Ritorno al futuro piacque moltissimo, l’unica cosa che lasciava il pubblico perplesso e veniva notata come un problema era la morte del cane di Doc. Anche se non c’era nessuna morte del cane di Doc. Quel primo pubblico aveva l’impressione che accadesse nelle prime scene, quando lo scienziato mostra a Marty il funzionamento della sua macchina del tempo con il proprio cane a bordo. L’auto scompare, perché va indietro nel tempo, e poi dopo pochi minuti ricompare nel presente. La funzione di quella scena era di spiegare al pubblico il funzionamento tecnico del viaggio nel tempo, così che poi fosse tutto chiaro quando, per un incidente, Marty finisce nel passato. Nessuno aveva pensato di mostrare il cane al ritorno, e quindi il pubblico credeva morisse nel passaggio. Dovettero richiamare gli attori, ricreare il set, rimontare l’auto e girare alcune inquadrature in più in cui si vede bene il cane e, giusto per essere sicuri, alcune scene in cui Marty dice “Ma sta bene?” e Doc gli risponde “Sta benissimo!”.
L’unica cosa che non cambiarono fu quella che avrebbe creato più problemi in seguito, cioè il finale. Zemeckis e Gale avevano immaginato che Marty, Doc e anche la fidanzata di Marty alla fine se ne andassero via verso l’orizzonte, come gli eroi dei western alla fine dei film, volando verso il futuro con la macchina del tempo. Il film fu un tale successo però che la produzione impose un sequel che avrebbe raccontato cosa accade loro nel futuro. Zemeckis ha sempre raccontato che se lo avesse saputo prima non avrebbe mai messo nella macchina anche la fidanzata di Marty, che non ha nessun ruolo nel racconto. Per risolvere il problema in Ritorno al futuro – Parte II dovettero scrivere una scena in cui Doc la fa svenire subito e la mette da parte. Al sicuro, ma addormentata. Come se non ci fosse.



