L’accanimento della Cina contro le autrici di racconti erotici omosessuali

I cosiddetti "danmei", attorno a cui esiste da decenni una grossa comunità di lettrici

Una fan art dedicata al romanzo danmei The Scum Villain's Self-Saving System
Una fan art dedicata al romanzo danmei The Scum Villain's Self-Saving System
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Nell’ultimo anno, in Cina, decine di scrittrici, anche piuttosto giovani, sono state multate, arrestate e talvolta condannate a vari anni di prigione per «produzione e distribuzione di materiali osceni». Una delle più rinomate, Yuan Shang Bai Yun Jian, è stata detenuta per cinque mesi e poi condannata ad altri quattro anni e sei mesi di prigione; altre hanno ricevuto condanne fino a cinque anni. Tutte hanno in comune una cosa: sono autrici di romanzi e racconti “danmei”, cioè storie d’amore e di sesso omosessuale tra personaggi maschili.

È particolarmente difficile sapere quante siano, di preciso, le autrici coinvolte nell’ondata di repressione contro i danmei, dato che quasi sempre a dare conto di quel che sta succedendo non sono i media cinesi – fortemente legati al governo – ma le donne stesse o i loro parenti, online. Secondo il South China Morning Post, soltanto tra giugno e dicembre del 2024 almeno cinquanta autrici di danmei sono state arrestate in Cina, soprattutto nella provincia orientale di Anhui. Negli ultimi giorni, poi, sui social network cinesi sono emersi vari post che segnalano una nuova serie di arresti: secondo le ricostruzioni del New York Times, soltanto nella provincia di Gansu dall’inizio dell’anno sarebbero state arrestate almeno altre cinquanta autrici. Alcune sono state rilasciate su cauzione, ma alcune sono ancora in carcere, e altre ancora sono state convocate per degli interrogatori sulle loro attività online.

Da decenni le storie d’amore tra personaggi gay riscuotono particolare successo in molte parti del mondo, soprattutto tra un pubblico giovane e femminile. Possono essere originali – come i vari romanzi “gay romance” che vanno particolarmente di moda in Occidente, o i tantissimi manga e anime giapponesi pubblicati fin dagli anni Settanta – oppure opere derivate da universi narrativi famosi, come le “slash fiction” che vedono come protagonisti Kirk e Spock di Star Trek, o Sherlock Holmes e il dottor Watson. Possono essere casti, ma nella maggior parte dei casi si tratta di storie che includono scene di sesso molto dettagliate, esplicite e fantasiose, se non a tratti violente e degradanti. Quasi sempre, al di fuori del Giappone e di alcuni casi di particolare successo, si tratta di racconti e romanzi autoprodotti, pubblicati su piattaforme online gratuite o a pagamento, a seconda del mercato di riferimento.

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In Cina, i primi racconti di questo tipo sono arrivati all’inizio degli anni Novanta, attraverso delle traduzioni pirata di fumetti giapponesi importate da Taiwan. Da tempo, però, quello dei danmei è diventato un settore di una grandezza notevole: i racconti più celebri sono stati tradotti all’estero, hanno un nutrito seguito in Occidente, e decine di queste storie sono state anche trasformate in serie molto seguite per la televisione o per il web, tra cui la serie Netflix The Untamed.

Quasi ovunque esiste un certo stigma nei confronti di chi apprezza (e scrive) questo genere di storie, che sono spesso abbastanza esplicite da essere equiparabili alla pornografia, soprattutto perché permane una storica, latente inquietudine attorno all’idea che le donne consumino prodotti culturali che parlano di piacere e sessualità anche in modo molto esplicito.

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In Cina, però, la situazione è complicata da leggi molto restrittive che vietano la produzione, la disseminazione e la vendita di qualsiasi materiale sessualmente esplicito, a eccezione delle rappresentazioni «che hanno valore scientifico o artistico». Chi infrange la legge rischia anni di prigione, a seconda del quantitativo di guadagni ottenuti. Nel caso delle autrici di danmei, non si parla quasi mai di molti soldi: molte li scrivono per passione, caricando un capitolo dopo l’altro su siti dedicati nel proprio tempo libero, ma c’è anche chi prova a guadagnarci qualcosa, dato che spesso i siti di danmei permettono di chiedere l’equivalente di qualche centesimo per leggere i nuovi capitoli man mano che escono. Anche le autrici di maggior successo, comunque, guadagnano raramente più di duemila euro al mese.

La legge cinese è molto vaga su cosa debba essere considerato «materiale osceno», e le autrici di danmei si lamentano da anni del fatto che l’interpretazione cambi costantemente, rendendo sostanzialmente impossibile essere sicure di starsi adeguando alla legge. Un’autrice di danmei ha per esempio raccontato a Radio Free Asia che «fino a qualche anno fa si potevano usare eufemismi come “trovare un’armonia perfetta” [per riferirsi al momento della penetrazione tra due personaggi], mentre oggi non è più permesso. Non si può più scrivere nulla che riguardi parti del corpo che stanno sotto al collo».

Vari esperti sottolineano peraltro che i romanzi mainstream che contengono scene di sesso eterosessuale vengono raramente censurati: invece i rapporti sessuali tra le persone dello stesso sesso, pur essendo legali da decenni in Cina, vengono spesso interpretati come «comportamenti sessuali anormali», e dunque considerati particolarmente disturbanti.

Già nel 2018 nel paese si era discusso molto del caso di Lady Tianyi, un’autrice di danmei particolarmente amata che era stata condannata a dieci anni di prigione dopo che il suo romanzo erotico Occupy aveva venduto varie migliaia di copie online.

Per cercare di evitare la repressione, da anni i siti danmei cinesi hanno deciso di limitare e rimuovere i racconti particolarmente espliciti, accettando soltanto quelli che fanno riferimenti velati al sesso senza descriverlo apertamente. Una delle piattaforme cinesi più frequentate, Jinjiang Literature City, ha per esempio cominciato a censurare automaticamente con software di intelligenza artificiale ogni accostamento di caratteri che faccia riferimento a qualsiasi attività erotica o amorosa. Di tutta risposta, alcune autrici hanno cominciato a scrivere lunghe scene in cui i loro personaggi «cucinano la cena insieme», scrivendo scene molto vivide in cui si maneggiano «utensili da cucina», e dando per scontato che le lettrici riusciranno a capire bene il doppio senso.

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Altre hanno invece cominciato semplicemente a pubblicare i propri racconti su piattaforme taiwanesi, sfruttando il fatto che a Taiwan la censura di questo genere di contenuti sia molto meno rigida. Per accedervi, naturalmente, i lettori devono poi utilizzare sistemi che permettano di aggirare il Grande Firewall, il sistema che impedisce ai cittadini cinesi di accedere ai siti non approvati dal governo. Quasi tutte le autrici arrestate nell’ultimo anno pubblicavano i propri racconti su Haitang Literature, con base a Taiwan.

Un avvocato intervistato dalla BBC sostiene che la nuova ondata di repressione contro le autrici di danmei faccia parte di una tattica che la polizia locale di varie province cinesi ha già adottato negli ultimi anni: quella di concentrarsi per alcuni mesi su un determinato reato, arrestando e multando quante più persone possibile, in modo da riempire le casse rapidamente in momenti di difficoltà economica. In molti dei casi emersi nell’ultimo anno, infatti, alle autrici arrestate è stata comminata una multa pari a due volte il quantitativo di soldi che avevano guadagnato con i propri racconti danmei.

Il professor Liang Ge, che insegna sociologia digitale allo University College di Londra, aggiunge però che a suo avviso non è un caso che la maggiore attenzione – e indignazione – nei confronti dei danmei arrivi ora, dopo che il governo ha intensificato la censura dei contenuti online che avrebbero «un impatto negativo sugli adolescenti», e in concomitanza con un rallentamento demografico. «Il governo cinese vuole promuovere i valori tradizionali della famiglia, e ritiene che i romanzi danmei contribuiscano a rendere le donne meno interessate ad avere figli», ha detto il professore.

Al contempo, dice Ge, i danmei piacciono particolarmente alle lettrici cinesi perché hanno permesso la creazione di uno spazio in cui «le donne possono scrivere di desiderio femminile per altre donne», pur usando personaggi maschili per esprimerlo. Spesso, spiega, i protagonisti dei danmei sono uomini empatici e passionali, che si sentono a proprio agio nell’esprimere sentimenti e vulnerabilità, «in netto contrasto con le relazioni spesso diseguali di cui molte donne cinesi fanno esperienza nella vita reale».

Sui media tradizionali cinesi la narrazione è spesso molto diversa: nel 2021, per esempio, sull’agenzia di stampa nazionale Xinhua è stato pubblicato un editoriale in cui si sosteneva che questi racconti «incoraggiano fanatismi irrazionali e comportamenti consumistici tra le adolescenti», e che quindi andrebbero regolamentati più duramente. Pochi mesi dopo sul quotidiano Guangming Daily uscì un altro articolo di opinione che criticava la volgarità insita nello scrivere di relazioni sentimentali tra uomini e il fatto stesso di includere personaggi che, pur essendo uomini, avevano forti caratteristiche femminili.

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