La Cassazione è brava, la Cassazione è cattiva

Quando si esprime in linea con il governo «ci dà ragione», quando invece non lo fa i ministri attaccano la magistratura che si immischia nella politica

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera, il 25 giugno 2025 (GIUSEPPE LAMI/ANSA)
Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera, il 25 giugno 2025 (GIUSEPPE LAMI/ANSA)
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Venerdì l’ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha pubblicato una relazione in cui indica alcuni aspetti critici del cosiddetto “decreto sicurezza”. Nei giorni successivi, in merito a questa relazione, diversi esponenti del governo e della maggioranza – su tutti, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, i più direttamente interessati – hanno contestato in vario modo e con toni estremamente duri la Corte stessa.

La polemica si è esacerbata ancora di più dopo che si è saputo che lo stesso Massimario aveva espresso, in un’altra relazione, giudizi altrettanto critici nei confronti dell’accordo sui centri per migranti tra Italia e Albania.

Si tratta in entrambi i casi di documenti piuttosto tecnici. L’ufficio del Massimario, composto da 67 magistrati, svolge abitualmente una attività di ricerca scientifica su sentenze civili e penali, leggi fatte dal parlamento, pronunciamenti della Corte costituzionale, con l’obiettivo di fornire ai magistrati o ai giuristi che si troveranno ad affrontare quei temi degli strumenti utili per orientarsi o per interpretare alcune norme. È insomma una sorta di ufficio studi, le cui relazioni vengono per lo più lette da addetti ai lavori (“Massimario” perché l’organo esprime massime giuridiche, appunto, indicazioni e brevi proposizioni).

Ma trattandosi di questioni su cui il dibattito politico è assai animato, da un lato e dall’altro queste relazioni sono state usate, spesso senza neppure essere state lette per davvero, per alimentare la polemica. Le opposizioni le hanno un po’ strumentalizzate per corroborare le loro critiche al governo sia sul decreto sicurezza sia sull’accordo con l’Albania; la maggioranza e il governo ne hanno fatto un’occasione per accusare la magistratura nel suo complesso di essere ostile al governo e di stare dalla parte della sinistra.

Particolarmente incoerente, in questo senso, è l’atteggiamento del governo, perché negli scorsi mesi, quando alcune sentenze della Cassazione sembravano legittimare alcune scelte del governo sulle questioni legate all’immigrazione, la stessa Meloni e vari dirigenti del centrodestra le avevano celebrate, talvolta interpretandole un po’ a proprio piacimento, senza avvertire rischi di ingerenze politiche della magistratura, e della Cassazione nello specifico.

Il decreto-legge sulla sicurezza aveva avuto una genesi travagliata. Nato come disegno di legge per iniziativa del governo, dopo una lunga fase di discussione in parlamento era arrivato in una sorta di vicolo cieco: dalla presidenza della Repubblica erano stati informalmente segnalati infatti alcuni dubbi sulla costituzionalità di certe norme, Fratelli d’Italia voleva recepire quei suggerimenti mentre la Lega si opponeva, e alla fine è stato necessario, con una procedura del tutto inusuale, trasformare quel disegno di legge in un decreto-legge, che includesse delle correzioni, complete o parziali, che andassero nel senso indicato dal capo dello Stato.

Che dunque ci siano aspetti problematici nell’interpretazione giuridica di una norma simile era abbastanza scontato. Il Massimario si spinge solo in pochi passaggi, e con toni comunque non assertivi, a sollevare dubbi di costituzionalità, e cioè di come una certa applicazione particolarmente rigorosa di alcune norme potrebbe porsi in contrasto con la Costituzione. In altri passaggi, i tecnici della Cassazione si limitano a riportare giudizi più severi espressi da altri commentatori, associazioni e giuristi.

Analogamente, l’applicazione del protocollo tra l’Italia e l’Albania è stata oggetto di ripetuti e contorti contenziosi tra il governo, varie Corti d’appello, la stessa Cassazione e la Corte di giustizia dell’Unione Europea. Il governo ha modificato alcune norme per aggirare alcune obiezioni procedurali e di merito espresse da alcuni tribunali, poi ha modificato la finalità d’utilizzo di uno dei centri, quello di Gjader, trasformandolo in un centro di permanenza per il rimpatrio (CPR).

In tutto questo il governo ha cambiato atteggiamento rispetto al passato più o meno recente. Se ora viene contestato un presunto intento dei magistrati di interferire nel dibattito politico e condizionare l’operato di ministri e parlamentari, nei mesi scorsi proprio alcune sentenze della Costituzione sono state strumentalizzate al contrario dal centrodestra.

A dicembre, solo per stare ai casi più rilevanti, una sentenza della Corte di Cassazione era stata in più occasioni citata sia da Meloni, sia da vari dirigenti di Fratelli d’Italia, per sostenere che la designazione dei cosiddetti “paesi sicuri”, cioè quelli in cui è possibile rimpatriare persone migranti perché rispettano i diritti fondamentali di tutti i cittadini, sia di esclusiva competenza del governo. Perciò i giudici delle sezioni speciali dei vari tribunali prima e delle Corti d’appello poi non avrebbero potuto contestare provvedimenti di rimpatrio, giudicando i paesi scelti dal governo come “non sicuri”.

«La sentenza ci dà ragione», disse Meloni, e il concetto fu ribadito da altri esponenti importanti del suo partito. E in effetti su questo aspetto il governo ottenne sicuramente una conferma del suo orientamento sulla gestione dei campi in Albania. Solo che quella stessa sentenza, in un altro passaggio, contraddiceva Meloni e i suoi ministri su un altro aspetto dirimente: riconosceva cioè al giudice il potere e il dovere di valutare, su ogni singolo caso e sulla base della propria discrezionalità, se la designazione di un certo paese come “sicuro” contrasti con le norme europee o con altre leggi nazionali. Semplificando un po’, insomma, il giudice non può contestare la decisione a monte presa dal governo, ma può e deve valutare se l’applicazione concreta di quella misura, nel caso del singolo migrante rimpatriato, sia legittima.

A inizio maggio, invece, c’è stata un’altra sentenza della Cassazione: e questa indubbiamente ha agevolato, indirettamente, il lavoro del governo. La Corte ha infatti stabilito che i migranti che, trasferiti a Gjader, fanno richiesta di asilo politico, possono farlo da lì senza dover prima essere riportati momentaneamente in Italia. Ovviamente la sentenza della Cassazione consente al ministero dell’Interno di risparmiarsi complicazioni e lungaggini, ma soprattutto afferma nella sostanza un principio caro al governo: e cioè che i centri in Albania, sottoposti a giurisdizione italiana ed europea per quel che riguarda il trattamento dei migranti, sono da considerarsi a tutti gli effetti come territorio italiano. E si spiega così l’entusiasmo con cui i dirigenti di Fratelli d’Italia hanno accolto la sentenza.

Questa tendenza a esaltare la Cassazione quando pubblica sentenze ritenute favorevoli e a criticarla con forza quando si esprime in senso contrario ai propri orientamenti non è del resto nuova, per Fratelli d’Italia, che spesso mostrava queste incoerenze anche su identici argomenti. Meloni per esempio, nel 2017 riteneva «sacrosanta» una sentenza della Cassazione sui migranti, ma nel 2019 giudicava «una follia buonista» un’altra sentenza della Cassazione sullo stesso argomento. Nel dicembre del 2019 diceva che «ci lascia allibiti» una sentenza della Cassazione sulla coltivazione domestica della cannabis, dopo che altri dirigenti del suo partito, pochi mesi prima, avevano invece apprezzato pubblicamente un pronunciamento della Corte su quella materia.

Quanto al caso attuale, con i pronunciamenti del Massimario sull’accordo con l’Albania e sul decreto sicurezza, nell’ottica di vari ministri la polemica è comunque una buona opportunità in senso elettorale: uno dei passaggi politici più delicati per la maggioranza sarà infatti il referendum confermativo sulla riforma costituzionale della giustizia che, nei piani del governo, dovrebbe tenersi nella primavera del 2026. Qualunque argomento che torni utile ad alimentare lo scontro con la magistratura dal punto di vista di Meloni è comunque da sfruttare.