I divieti all’uso dei sacchetti di plastica a qualcosa servono
Uno studio negli Stati Uniti ha rilevato una minore presenza nelle coste marine e fluviali rispetto ai posti senza divieti

Ogni anno in tutto il mondo vengono utilizzate centinaia di miliardi di sacchetti di plastica, molti dei quali finiscono nell’ambiente causando inquinamento e danni agli ecosistemi. Per questo negli ultimi decenni numerosi paesi hanno introdotto leggi per metterli al bando, ma finora valutare l’efficacia di questi provvedimenti si era rivelato complicato, con conclusioni spesso discordanti. Una nuova ricerca condotta negli Stati Uniti, con dati su migliaia di spiagge e rive dei fiumi, ha segnalato che i divieti funzionano, anche se in generale c’è un aumento della quantità di rifiuti di plastica su coste e rive.
Lo studio è stato condotto analizzando la grande quantità di dati raccolta tra il 2016 e il 2023 da Ocean Conservancy, un’organizzazione senza scopo di lucro che tra le altre cose tiene traccia delle attività di pulizia da parte di migliaia di volontari su circa 45mila coste in giro per gli Stati Uniti. I dati facevano riferimento a raccolte rifiuti diverse tra loro, quindi il gruppo di ricerca non ha potuto calcolare la quantità esatta di sacchetti di plastica per ogni sito, ma è riuscito a ricostruire la loro percentuale rispetto al totale dei rifiuti raccolti e come questa è cambiata nel corso del tempo.
Come spiega lo studio su Science, l’analisi dei dati ha mostrato che nel complesso la quantità di plastica sulle spiagge e lungo gli argini dei fiumi statunitensi è aumentata, con incrementi significativi soprattutto per quanto riguarda i sacchetti di plastica. In compenso, nelle città o negli stati dove sono in vigore divieti si è registrato un minore incremento dei sacchetti di plastica rispetto al resto dei rifiuti. La prevalenza di buste di plastica nei rifiuti era inferiore del 25-47 per cento rispetto ai posti dove non sono previsti divieti all’utilizzo di questo tipo di sacchetti.
Il gruppo di ricerca si è allora chiesto se la minore presenza fosse dovuta a un’aumentata attenzione in generale delle persone all’uso della plastica, a prescindere dai divieti. Per provare a rispondere sono stati presi in considerazione altri tipi di rifiuti di plastica, come le cannucce e le bottigliette, e si è notato che nel loro caso non c’era un rallentamento nella crescita comparabile a quello dei sacchetti di plastica nei luoghi in cui erano vietati.
A differenza dell’Unione Europea che ha regole comuni sull’uso della plastica, e in particolare dei sacchetti con un divieto e indicazioni per l’impiego di quelli compostabili industrialmente, gli Stati Uniti non hanno una legge a livello federale che imponga regole uguali per tutti gli stati. Il risultato è che solo una decina di questi (su cinquanta) ha leggi per vietare o limitare il loro utilizzo, cui si aggiungono i regolamenti delle singole città. Lo studio ha notato che nei posti dove sono in vigore divieti onnicomprensivi per tutti i tipi di sacchetti ci sono risultati migliori in termini di minore crescita della quantità di buste di plastica nell’ambiente. Funzionano inoltre meglio i divieti a livello statale rispetto a quelli cittadini, perché la plastica non conosce confini e può essere trasportata per centinaia di chilometri dai corsi d’acqua o dal vento nel caso delle buste più leggere.
La grande diffusione dei sacchetti di plastica in buona parte del mondo continua a essere un serio problema ambientale. I sacchetti impiegano decenni, in alcuni casi secoli, per degradarsi nell’ambiente e quando lo fanno rilasciano sostanze dannose per numerosi ecosistemi. Riducendosi in frammenti sempre più piccoli portano alla produzione delle microplastiche: sono ormai ovunque e si stima che ogni anno ne finiscano nell’ambiente fino a 40 milioni di tonnellate, ma le stime variano molto ed è difficile quantificare il problema. La loro presenza è stata rilevata in circa 1300 specie, tra terrestri e acquatiche, con l’osservazione di danni fisici (come il blocco dell’assorbimento del cibo) e chimici. Tra questi ci sono anche gli esseri umani, ma non c’è ancora una risposta chiara alla domanda se facciano male o meno, a seconda delle dimensioni, delle quantità, delle vie di assorbimento e di molte altre variabili.



