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  • Giovedì 19 giugno 2025

Tra Israele e Iran, i paesi arabi non vogliono stare con nessuno

Hanno condannato Israele ma hanno rapporti complicati con entrambi, e temono più che altro un allargamento della guerra

Il ministro della Difesa saudita, Khalid bin Salman, in visita a Teheran con il presidente iraniano Masoud Pezeshkian (a destra), aprile 2025
Il ministro della Difesa saudita, Khalid bin Salman, in visita a Teheran con il presidente iraniano Masoud Pezeshkian (a destra), aprile 2025 (Iranian Presidency Office via AP)
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Nella guerra aerea tra Israele e Iran, i paesi arabi si trovano a reagire a uno scontro tra due stati che reputano entrambi ostili o comunque problematici, e nei confronti dei quali hanno rapporti ambivalenti. Si trovano anche a reagire a una situazione nuova: questa è la prima volta da tempo in Medio Oriente che una guerra non coinvolge direttamente nessun paese arabo. Come ha raccontato l’Economist, in Libano c’è un certo sollievo davanti al fatto che i missili e i caccia sorvolano sì il territorio del paese, ma non lo colpiscono.

Anche per questo i paesi arabi, sia quelli del cosiddetto Levante (Giordania, Libano, Siria) sia quelli del Golfo Persico (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman, Kuwait, Bahrein), non hanno ancora preso una posizione chiara su quello che sta succedendo. Quasi tutti hanno condannato l’attacco di Israele, ma non vogliono davvero difendere l’Iran, nemmeno a parole.

Tanto Israele quanto l’Iran sono isolati in Medio Oriente: Israele ha una storia decennale di guerre con i paesi arabi e tuttora non è riconosciuto da molti di loro. L’Iran, invece, è il più grande paese sciita e a maggioranza etnica persiana in una regione in cui quasi tutti gli altri paesi sono sunniti e arabi, e questo ha spesso portato a scontri e ostilità.

Sia Israele sia l’Iran sono inoltre due paesi che hanno messo in atto politiche interventiste, interferendo negli affari dei paesi vicini spesso con la forza militare. Questo non li ha resi benvoluti.

La situazione cambia a seconda della regione, e a seconda dei paesi. In Libano e Giordania, due dei paesi che per la loro vicinanza hanno sentito maggiormente le conseguenze delle guerre con Israele nei decenni (il sud del Libano è stato invaso più volte da Israele, anche pochi mesi fa), l’ostilità della popolazione è maggiore. Ma per molti libanesi, per esempio, anche l’Iran ha un ruolo negativo: è il paese che per anni ha sostenuto e armato Hezbollah, il gruppo armato e movimento politico che tuttora controlla ampie zone del Libano.

In Siria Israele è visto come uno stato ostile (anche in questo caso: ha invaso parte del territorio siriano pochi mesi fa). Ma al tempo stesso l’Iran è lo stato che più ha sostenuto e armato il regime sanguinario del dittatore Bashar al Assad, rovesciato lo scorso dicembre. Anche per la Siria, al momento, la posizione è ambivalente.

Un uomo fa foto ai missili iraniani che passano sopra la Siria diretti verso Israele, 13 maggio 2025

Un uomo fa foto ai missili iraniani che passano sopra la Siria diretti verso Israele, 13 maggio 2025 (AP Photo/Omar Sanadiki)

Per i paesi del Golfo la situazione è ancora differente, perché da alcuni anni era in corso un processo di riavvicinamento tanto con Israele quanto con l’Iran. Prendiamo l’esempio dell’Arabia Saudita, di gran lunga il più grande e importante paese del Golfo.

L’Arabia Saudita non riconosce lo stato di Israele, ma prima dell’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, nell’ottobre del 2023, era stata da anni impegnata in negoziati per normalizzare i propri rapporti diplomatici con Israele, come già hanno fatto altri paesi dell’area. In caso di normalizzazione l’Arabia Saudita avrebbe riconosciuto Israele e avviato rapporti diplomatici formali con l’invio di ambasciatori, in una svolta che sarebbe stata storica per la regione. Questo processo è stato interrotto dalla guerra a Gaza.

L’Arabia Saudita ha condannato duramente il massacro della popolazione palestinese di Gaza da parte di Israele. Allo stesso tempo il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che di fatto governa il paese, ha fatto capire più volte di essere pronto a riprendere i negoziati quando i tempi saranno adeguati, e alle giuste condizioni.

Un cartello esposto a Tel Aviv, Israele, che chiede la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita con l'aiuto del presidente degli Stati Uniti Donald Trump

Un cartello esposto a Tel Aviv, Israele, che chiede la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita con l’aiuto del presidente degli Stati Uniti Donald Trump (AP Photo/Ariel Schalit)

Dall’altro lato, l’Arabia Saudita ha da decenni un rapporto di competizione e ostilità con l’Iran, dovuto a un complesso di fattori politici e religiosi: l’Arabia Saudita è il principale paese sunnita del Medio Oriente; l’Iran quello sciita. Entrambi hanno sempre aspirato a influenzare i paesi vicini e a essere lo stato più importante della regione. Ancora nel 2018 Mohammed bin Salman diceva che la Guida Suprema dell’Iran Ali Khamenei, la principale figura religiosa e politica del paese, faceva «sembrare Hitler una brava persona».

Di recente però i due avevano ristabilito le relazioni diplomatiche e negli ultimi tempi il rapporto era migliorato parecchio: la settimana scorsa, quando sono cominciati gli attacchi di Israele contro l’Iran, il governo saudita ha pubblicato un comunicato in cui ha condannato l’attacco di Israele contro «la fraterna repubblica islamica dell’Iran».

Per gli altri paesi del Golfo oltre all’Arabia Saudita la situazione è ancora diversa, ma più o meno tutti si trovano in una simile condizione contraddittoria e complicata. I paesi arabi stanno aspettando di capire cosa succederà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Per ora temono soprattutto di essere coinvolti nel conflitto: come ritorsione a Israele, per esempio, l’Iran potrebbe colpire le basi americane nel Golfo, e provocare in questo modo un’estensione della guerra a tutta la regione.