I tre dissalatori in Sicilia per l’emergenza idrica non serviranno a molto
Nonostante le alte aspettative della regione, che ci ha investito 100 milioni di euro

Il presidente della Sicilia Renato Schifani ha annunciato la consegna «in tempi record» dei tre dissalatori promessi per produrre acqua potabile e contrastare la siccità nella regione. I primi due sono arrivati martedì a Gela e Porto Empedocle, impacchettati in 18 container. Il terzo arriva oggi a Trapani. Su questi impianti ci sono molte aspettative dopo le promesse fatte lo scorso anno, al termine di un’estate difficile – l’ennesima – per abitanti e agricoltori alle prese con la mancanza d’acqua. Schifani ha detto che questi tre dissalatori sono «una risposta concreta a un’emergenza senza precedenti». I dati, però, dicono che i dissalatori potranno risolvere i problemi solo in minima parte.
I tre dissalatori che nei prossimi giorni saranno installati a Gela, Porto Empedocle e Trapani sono mobili, ovvero possono essere spostati e accesi all’occorrenza. Funzionano grazie al processo di osmosi inversa: l’acqua salata prelevata dal mare viene spinta attraverso una membrana semipermeabile che trattiene il sale e depositata in vasche dove viene analizzata. Successivamente vengono aggiunti ipoclorito di sodio, bicarbonato di sodio e cloruro di calcio per renderla potabile. A quel punto può essere immessa nella rete idrica.
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La regione ha investito 100 milioni di euro per comprarli, di cui 90 garantiti dal governo con un accordo fatto prima delle elezioni europee dello scorso anno e 10 presi dal bilancio regionale. Nei piani della Sicilia c’è anche la riattivazione di un altro dissalatore a Porto Empedocle, chiuso e fermo da 13 anni.
Ai costi per comprarli e allacciarli alla rete idrica vanno aggiunti i costi di produzione dell’acqua, che con i dissalatori sono elevati perché per far funzionare gli impianti serve molta energia. Non a caso questa soluzione viene utilizzata soprattutto sulle piccole isole, dove l’alternativa è portare l’acqua con navi cisterna via mare, a costi ancora più elevati. Alle isole Eolie, per esempio, è stata finanziata la costruzione di diversi dissalatori, quasi uno per isola, per smettere di strapagare l’acqua.
La regione ha spiegato che ogni impianto sarà in grado di produrre 96 litri di acqua al secondo. Sembra una quantità notevole, in realtà il fabbisogno siciliano è decisamente più alto. Come ha calcolato l’Ordine degli Ingegneri di Palermo, interpellato da Repubblica, solo l’area metropolitana di Palermo ha un fabbisogno di 3.300 litri d’acqua al secondo, di cui 2.500 soltanto per il capoluogo. Ogni dissalatore potrà garantire acqua potabile per circa 40mila persone, dunque poco più di 130mila abitanti in totale. Sono pochi, se si tiene conto che secondo i dati più recenti sono circa 4,7 milioni le persone che abitano in Sicilia, a cui vanno aggiunti i turisti.
Oltre ai dissalatori, la regione e l’azienda Siciliacque hanno lavorato a un piano da 250 milioni di euro pensato sul lungo periodo per aprire nuove fonti, realizzare nuovi acquedotti e sistemare quelli vecchi che hanno grosse perdite. Gli effetti di questi investimenti però si vedranno solo tra qualche anno, al termine dei lavori.
Il problema è però immediato, perché anche quest’anno la siccità si sta facendo sentire. Nel report più recente diffuso dalla regione il 2 giugno si legge che gli invasi siciliani hanno poco più di 370 milioni di metri cubi d’acqua a fronte di una capacità di 950 milioni di metri cubi. Le aree più interessate dalla mancanza d’acqua sono la provincia di Palermo, oltre a quelle di Trapani e Agrigento già colpite lo scorso anno. Già a maggio il segretario dell’Autorità di bacino, Leonardo Santoro, ha inviato una nota al comune di Palermo per valutare la possibilità di utilizzare le autobotti per irrigare i campi intorno alla città.



